Marketing

Architetti di pollai

Le 'galline' sono scappate dal recinto. La paura di non sapere più come guidare la relazione con i consumatori, emancipati dalla rete e sempre meno condizionabili, rende inevitabile la nascita di nuovi modelli. Il futuro è nascosto nella 'difficile semplicità' del nuovo marketing non convenzionale. Pubblichiamo l'intervento di Giuliano Lasta (in foto), head of planning Grey Italy, uscito sull'ultimo numero di NC.

Torniamo da loro: Bunty, Ginger, Rocky e Mac ce l'hanno fatta e hanno lasciato il recinto della signora Tweedy. Le galline sono scappate e sono libere di scegliere, di mangiare quello che vogliono, di passare da un sito a un evento a una community senza rispondere a un modello logico, ma soprattutto sono libere di dire la loro sulle marche, di partecipare a costruirne l'immagine, a decretarne il successo o l'insuccesso, con i loro pensieri ancora prima che con i loro acquisti. Il tema del primo articolo di questa serie sul nuovo modello di 'context planning' (NC del mese di maggio) era questo: la fuga dei consumatori dai tradizionali modelli e la conseguente ansia che si è insinuata tra le leve e le responsabilità del marketing, arrugginendone l'efficienza e l'autostima. La delusione della signora Tweedy rappresenta quella di tutti i professionisti alle prese con questa nuova sfida del marketing ruspante.

Come si fa a reagire a questo cambiamento delle regole di relazione? Esiste un'alternativa meno pericolosa che lasciare le marche completamente nelle mani dei consumatori, delle loro conversazioni, della rete e dei blogger? Certo. Basta imparare a costruire recinti diversi, in cui i nostri consumatori si sentano liberi e felici, dove non sentano più la necessità di scappare, assecondando la loro voglia di correre e razzolare. Coraggio signora Tweedy. Proviamoci insieme. La prima cosa da imparare per non rimanere delusi è quella di capire che è inutile correre dietro ai consumatori pensando di riportarli al vecchio modello. Bisogna accettare il nuovo, diventare 'ruspanti' nel modo di pensare, imparare a camminare più nei pollai che sui parquet delle sale riunioni, senza il camice bianco dei ricercatori del marketing, alla caccia di sfumature, di segni e piccoli fatti più che di cose dette. È finita l'era del target nel suo concetto di massa e il modello 'top-down' diventa inutile e di impossibile applicazione.

Bisogna capire il nuovo contesto! Qual è il territorio fisico e mentale in cui i nuovi consumatori si muovono, quali sono le loro istanze, i loro pensieri, le loro motivazioni? Che cosa li muove non tanto verso una marca o un consumo, ma verso un territorio più allargato e non ordinato da categorie o merceologie? Per capirlo, c'è bisogno di un nuovo planning non 'di batteria' che riscriva per gli uomini di marketing i libretti di istruzione dei suoi strumenti conoscitivi. Non sto parlando di nuovi cluster, nuove parole o nuovi trend. La risposta ai nuovi terribili problemi di controllo dell'immagine e delle conversazioni con i consumatori viene dal passato e va ricercata in qualcosa con cui il marketing ha perso confidenza. La risposta è ancora nell'insight. Ma attenzione, anche se la parola è la stessa, il significato deve essere nuovo. Non capirlo è un po' come avere in mano una pistola che spara al contrario. Pericolosa vero?

Eccole allora le nuove regole dell'insight. Prima di tutto dobbiamo cercare un insight di contesto , che possa spiegarci cosa interessa i nostri consumatori e quindi, grande differenza rispetto ai documenti da cui potevamo prendere ispirazione, l'insight deve essere sul consumatore e non per il consumatore, come troppo spesso si fa. Ci deve guidare nei nuovi recinti allargati in cui i consumatori si muovono liberi e deve essere discriminante, deve nascere da segnali deboli, da sensazioni lievi, rilevanti per la mente e ispiranti per chi deve progettare soluzioni strategiche e creative. L'insight quindi non può servire per giustificare un beneficio di una marca o di un prodotto, ma deve servire per farlo nascere!

Stiamo parlando di un nuovo ruolo attivo dei consumatori, non più del vecchio ruolo passivo dove il marketing poteva dare da mangiare alle sue galline quello che decideva. Non capire questo porta le marche a una rincorsa alla falsa innovazione e a comunicare con parole irrilevanti per un consumatore che non può essere davvero interessato alle 'molecole d'argento' di un deodorante! Questa è la nuova difficile sfida dell'insight: nascere da contesti ogni volta diversi e molto spesso ignoti, invisibili e difficili da far emergere, composti più da individualità libere che dalla massa.

Alziamo il tiro e passiamo a un altro livello di questo nuovo problema di relazione. Gli insight di contesto possono emergere solamente da questionari e dialoghi di contesto. Deve cambiare il modo di pensare il dialogo conoscitivo con i consumatori e il modo di pensare alle ricerche e ai questionari. Servono questionari non 'di batteria'. Non fare domande sugli snack è il modo per avere insight rilevanti per uno snack! Basta pensare che siano sufficienti le U&A che ci dicono tutto sui comportamenti di chi è arrivato a un consumo e a una categoria, ma ci dicono poco su come farcelo arrivare. Basta dedicare fantasmagoriche scale a 5 punti per discutere ore sulla differenza tra un 4.1 e un 3.9, invece di capire i significati profondi che possono stare dietro alla crudele alternativa tra un sì e un no! Certo, questa necessità di cambiare ricerche porta con sé la difficoltà, davvero estrema, di scrivere questionari diversi, banali come sanno essere gli insight più rilevanti, ma pieni di capacità di illuminare i comportamenti veri e spontanei di chi vive senza pensare a noi e alle nostre marche: questionari di contesto dove le marche non hanno ancora conquistato il diritto di entrare . Questa è davvero la cosa più difficile da imparare per fare davvero 'context planning' (in allegato 'context mapping': il nuovo territorio di incontro tra marca e consumatore, ndr). 

Noi ci stiamo provando. È bellissimo. Si iniziano a intravedere nuovi recinti che sembravano invisibili. Territori nuovi che non ostacolano la sensazione e la voglia di libertà del nuovo consumatore, che non danno la scossa a chi si avvicina e non fanno sentire la voglia di scappare. Sono luoghi che non costringono, ma che piuttosto permettono dialogo ed emancipazione nella relazione tra le marche e il mercato, dove ci si sente bene dentro, al punto che si invitano altre persone ad entrarci.

Uso qui per l'unica volta - lo prometto - nei quattro pezzi che compongono il mio intervento sul context planning la parola Facebook! Sono i consumatori a doverla usare per parlare di noi e non viceversa. Guardiamoli attentamente questi recinti. Sono capolavori di una nuova architettura di relazione che va costruita attentamente, studiando i materiali, gli stili, gli stimoli e le provocazioni che diventeranno cibo e attrazione per le persone con cui vogliamo entrare in contatto. E una marca dentro non c'è ancora! Quando sentiremo di averla studiata così bene da aver generato pensieri, istanze e attitudini che la possono davvero incontrare, proviamo a mettercela, che sia una brioche o un'automobile a questo punto cambia poco, a patto che sia un inserimento naturale, logico e coerente, l'unico che può garantire alle marche un duraturo successo. Se non riusciamo a sentire questa coerenza perchè non siamo stati abbastanza bravi e veramente attenti alle parole dei consumatori, dobbiamo tornare indietro all'insight e alle ricerche per ripartire da lì. Tutte le volte che serve! Diventare 'architetti di pollai' non è facile, non è un mestiere per tutti, ma quale comunicatore potrebbe ancora accontentarsi del vecchio telecomando?

Giuliano Lasta