Marketing

La marca sotto processo

La marca è portatrice di un modello di business ancora efficace? Quali sono i suoi limiti e i suoi punti di forza? Il tema centrale è quello della relazione con il consumatore. Senza fiducia e credibilità è impossibile costruire rapporti duraturi. Gli interrogativi al centro del ‘processo’ alla marca svoltosi ieri sera a Milano.

Il modello tradizionale della marca è davvero in crisi o è ancora in grado di generare vantaggi per chi produce, chi vende e chi consuma? L'accusa porta la marca alla sbarra. La difesa ha arringato. Il verdetto è rimandato.

L'idea del processo è di Gianluca Pastore (foto 1 a sx), amministratore delegato Brand Portal che, nell'ambito del ciclo di convegni organizzato dall'associazione The Ruling Companies , ha proposto di discutere il tema utilizzando la formula del dibattimento processuale.

L''accusa', rappresentata dallo stesso Pastore e da Alberto Frausin, amministratore delegato Carlsberg (foto 2 a sx), ha sostenuto la necessità di un forte cambiamento. Le marche, ha spiegato Pastore, stanno sempre più perdendo il contatto con i propri pubblici, perchè reagiscono alle trasformazioni del mondo con lentezza e rigidità. Il fatto che i marketing mix continuino a essere eccessivamente sbilanciati a favore della televisione dimostrerebbe la miopia delle marche, che trascurano l'importanza della 'brand relationship' e della 'brand experience', per privilegiare l'incremento della 'brand awareness'.

Pur senza negare l'importanza di agire per incrementare la notorietà delle marche, i sostenitori dell'accusa hanno sottolineato che la partita chiave della comunicazione la si gioca sul campo della relazione con il consumatore. È un vero e proprio cambiamento di paradigma: dal flusso unidirezionale 'azienda versus consumatore' basato (quasi) esclusivamente sulla televisione, alla relazione bidirezionale tra marca e utente, da costruire quotidianamente attraverso l'uso anche di altri mezzi, come internet, eventi, iniziative su punto vendita e sfruttando il potere del 'passaparola'.

Dall'altra parte, il collegio difensivo, rappresentato da Stefano Leonangeli (foto 3 a sx), amministratore delegato Martini & Rossi, e Salvio Vicari (foto 4 in basso a sx), direttore del dipartimento di management università Bocconi, e fondatore e partner Valdani Vicari & Associati, ha sottolineato l'importanza della marca, capace di trasformare un semplice acquisto in una vera e propria 'promessa ' fatta al consmatore.

In particolare, Vicari ha evidenziato che, per avere un futuro, le marche devono: riuscire a vivere nel contesto dell'esperienza del consumatore, saper costruire un circolo virtuoso basato su fiducia e prezzo contenuto, puntare molto sull'innovazione, e sfruttare le potenzialità del web. Così facendo possono sperare di ottenere quella credibilità che è condizione vitale per il successo di una marca. È inoltre importante che la marca non sia vissuta da parte del consumatore come una gabbia, bensì come un moltiplicatore delle sue opportunità di scelta, anche perchè i brand non sono possesso esclusivo delle imprese, ma appartengono, anche e soprattutto, agli utenti che contribuiscono in modo attivo ad alimentarli, garantendone la riproduzione.

Infine, dopo gli interventi di accusa e difesa, è stato il turno del 'giudice' Daniele Tirelli (foto 5 a sx), presidente Popai , il quale ha sottolineato che, non esistendo un concetto monolitico di marca, è impossibile esprimere un giudizio definitivo di assoluzione o condanna. Meglio, dunque, inquadrare il fenomeno nella sua complessità distinguendo vari livelli di responsabilità, e facendo emergere la natura multidimensionale della marca. Anche se è indiscutibile che il mondo sia cambiato e che l'affermazione delle nuove tecnolgie digitali abbia contribuito a trasformare i modelli di consumo favorendo l'emergere di una sorta di 'consumatore fluido', vero e proprio partner della comunicazione, con il quale le marche devono necessariamente entrare in relazione. Pena il fallimento del business.

Mario Garaffa