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Lifonti: "Da Intesa-Sanpaolo Imi una spinta alla creatività"
La fusione dei due istituti rappresenta un evento estremamente delicato anche dal punto di vista della comunicazione. Su questo tema ADVexpress ha raccolto il parere di Diego Lifonti, fino a maggio 2006 responsabile area comunicazione di Banca Monte dei Paschi di Siena.
La fusione di Sanpaolo Imi e Banca Intesa
rappresenta un evento che con tutta probabilità influirà in maniera consistente
sugli equilibri del mondo della comunicazione in campo finanziario nel nostro
paese. Su questo tema, ADVexpress ha raccolto il parere di un esperto del
settore: Diego Lifonti, fino a maggio 2006 responsabile area
comunicazione di Banca Monte dei Paschi di Siena.
"Qualunque riflessione sulla comunicazione di un'operazione così importante come la fusione tra Intesa e Sanpaolo IMI deve necessariamente svolgersi facendo perno sul tema del riporto, la cosiddetta 'accountability'. Due realtà come Intesa e San Paolo IMI sono società grandi e quotate, e come tali devono rendere conto ai mercati, cioè agli azionisti grandi e piccoli, di una scelta così importante. I mercati hanno accolto bene l'operazione, ma è solo la prima reazione. Il passaggio comunicazionale più importante in questo ambito sarà la presentazione agli investitori del piano industriale dell'integrazione, che la nuova realtà dovrà affrontare tra qualche mese. La capacità del management di creare valore per gli azionisti dovrà essere sostanziata da decisioni relative a un ventaglio molto ampio di cose: prodotti, mercati, struttura societaria, organizzazione interna, gestione delle risorse umane, strategie di crescita per gli anni a venire e così via. Tutte queste decisioni andranno comunicate bene dal team di investor relations. Se saranno cattive decisioni (ma tutti noi ne dubitiamo) la comunicazione potrà poco per far cambiare idea ai grandi fondi internazionali e il titolo della 'Newbank' sarà punito. Se le decisioni saranno buone la comunicazione potrà valorizzarle ulteriormente giocando un ruolo determinante.
Come anticipato, il tema del riporto non si esaurisce qui. La bella e chiara intervista del Presidente Salza rilasciata oggi a Repubblica (Salza ha accortamente parlato anche con La Stampa di Torino) ha sottolineato che la politica non ha avuto parte attiva nell'operazione, salvo essere informata a cose fatte per rispetto istituzionale. Da oggi in poi la politica nel senso più ampio (basti pensare al mondo delle imprese, ai sindacati, alle associazioni dei consumatori) avrà il diritto-dovere di chiedere che le cose procedano nell'interesse del Paese. Le banche, e in particolare queste due banche per la loro dimensione rilevante, sono in Italia una variabile determinante dell'economia. L'erogazione del credito alle imprese, l'occupazione, l'eventuale internazionalizzazione, le politiche di mercato verso la clientela retail, solo per citare alcuni temi, saranno al centro dell'agenda di tutte le parti interessate e quindi anche del mondo dell'informazione. L'obiettivo di un buon comunicatore nel suo lavoro di team con il vertice aziendale sarà quello di evitare il più possibile le strumentalizzazioni, in pratica di 'finire in mezzo'. Un tema che andrà sui giornali quotidianamente e a lungo si presta magnificamente a diventare terreno di attacco - appunto strumentale - ad esempio al Governo da parte dell'Opposizione, ma non solo. Tutto il buono che si farà o che si intende fare dovrà essere gestito proattivamente da Intesa e San Paolo IMI, anticipando le parti interessate e anzi coinvolgendole, per non rischiare di trovarsi tra due fuochi o sotto attacco diretto.
Per continuare sul tema del riporto, sono certo che le funzioni competenti siano già al lavoro sul fronte della comunicazione interna, in particolare verso le reti commerciali. Uno degli interlocutori più importanti - anzi, il più importante in questa fase - sono senza alcun dubbio i dipendenti. Al di là del peso che possono avere in assemblea se detentori di azioni dei due istituti, la loro motivazione sarà infatti cruciale per il successo dell'operazione. Per successo non intendo il realizzarsi o meno dell'integrazione, che con altissima probabilità andrà in porto, ma il suo compiersi a costi più o meno elevati, sia in termini di efficienza gestionale sia in termini di efficacia di mercato (in queste occasioni è molto facile perdere quote di mercato a vantaggio di concorrenti aggressivi e dinamici). In un contesto pervaso dalla paura e dall'incertezza per il futuro, aggravate dal timore di riduzioni di personale, le funzioni risorse umane e comunicazione dovranno lavorare a braccetto e con intelligenza.
I dipendenti, ma anche le realtà locali coinvolte, saranno inoltre molto interessati al tema dell'identità. Come si chiamerà la nuova realtà? Sopravvivranno i marchi commerciali o verranno sostituiti da un nuovo nome? Sul territorio prevarrà il nome di una sola delle due banche? Quasi dieci anni fa ho avuto il piacere di collaborare con il Presidente del Banco Ambroveneto Bazoli e con Corrado Passera, Amministratore Delegato, alla ricerca del nome della risultante della fusione tra il Banco Ambrosiano Veneto e Cariplo. Il Presidente di Intesa e futuro Presidente del Consiglio di Controllo della Newbank aveva ed ha tuttora una mentalità 'federale'. L'emersione del nome Intesa sulle reti è avvenuta in quasi dieci anni, ed è passata attraverso l'acquisizione della Banca Commerciale Italiana, che ha avuto in qualche modo una funzione di catalizzatore del processo. Dal lato del San Paolo non possiamo trascurare la questione del radicamento territoriale della banca, per molti versi meno rilevante a Milano (Intesa è un nome giovane e che quasi tutti i dipendenti del Gruppo si sono riconosciuti per lungo tempo in altre identità: Comit, Cariplo, Ambroveneto). Ho qualche dubbio quindi – e i diretti interessati pare lo abbiano già escluso - che assisteremo a breve a una fusione delle reti con cambio di insegne e quant'altro, anche se prima o poi ci si arriverà. Due reti bancarie possono agire in maniera coordinata e omogenea pur avendo nomi diversi. Una gestione soft del tema dell'identità, in linea con la cultura delle due banche, è quindi altamente probabile e potrebbe prevedere l'adozione del modello Capitalia (che va sul mercato con i nomi Bipop-Carire, Banca di Roma, Banco di Sicilia): una holding bancaria quotata con sottostanti le banche-reti del gruppo (Intesa e San Paolo, quindi, più alcune banche minori), non necessariamente quotate in Borsa, oltre alle società prodotto e a quelle strumentali. Qualche consulente di comunicazione potrà trovarsi molto a breve a gestire l'affascinante sfida della nuova identità di un colosso da 65 miliardi di Euro di capitalizzazione.
Ma anche per i pubblicitari ci sarà lavoro: una opportunità-necessità relativamente a breve è una campagna istituzionale che annunci la nascita della nuova realtà, seguita da una campagna finalizzata allo scambio di azioni (O.P.S., Offerta Pubblica di Scambio) San Paolo IMI e Intesa.
Prima di concludere, beninteso senza la pretesa di aver integralmente svolto il tema, lasciatemi dire che sono contento per il settore bancario, per quello più piccolo della comunicazione, ma anche per il nostro Paese. L'accadere di cose come questa genera indotto, è indiscutibile, e lo genera immediatamente. A parte la creazione di valore economico, del quale abbiamo grande bisogno, grazie a questa operazione vedranno la luce tante nuove idee, sia creative sia razionali. Abbiamo di che rallegrarci: quando un Paese, un'azienda, una città sono fermi, le prime a rimetterci sono l'intelligenza, la creatività, e la stessa voglia di pensare".