Interviste
Costa (Y&R): Così ho rifondato il network
Sulla scia delle recenti acquisizioni come Coop, Gan Assicurazioni , Dietorelle e Saras, a quasi un anno di lavoro come chairman e ceo di Y&R Emea, Advexpress fa il punto con Massimo Costa sull’agenzia in Europa, e sulla pubblicità italiana. "Siamo indietro. Il nostro sistema non fa ricerca e innovazione”.
Un manager italiano al vertice europeo di un network internazionale del calibro di Young & Rubicam è una notizia eclatante. Il caso in questione si chiama Massimo Costa (nella foto), chiamato da Wpp ad occuparsi del mercato Emea (Europa, Middle Est e Africa). Da quasi un anno, dieci mesi per l'esattezza, fa una vita d'inferno. Ogni settimana si reca in almeno tre o quattro città europee, senza trascurare il mercato italiano. E' intervenuto pesantemente in diverse situazioni, ha coinvolto nuovi talenti e rifondato un network, a partire dal vertice, che comincia a girare a pieni giri. I risultati non si sono fatti attendere. A livello europeo i profitti sono aumentati del 20%, e la sede italiana, da quando ha fatto il suo ingresso tre anni fa, ha quasi raddoppiato il revenue ed i relativi profitti. In questa intervista rilasciata in esclusiva ad ADVexpress Costa fa il punto sullo stato di salute di Young & Rubicam e del sistema della comunicazione nel suo insieme.
Tracciamo un bilancio dei suoi primi 10 mesi in Y&R EMEA. Cosa ne viene fuori?
In questi mesi di lavoro come chairman e ceo di Y&R Emea, mi sono concentrato sulla messa a punto di un nuovo management, per dare all'agenzia un forte contributo a livello regionale e mondiale, capace di raggiungere obiettivi ambiziosi e di largo respiro, com' è consuetudine di Y&R. Anche nell'approccio al mercato abbiamo voluto differenziarci rispetto alle altre grandi multinazionali inglesi e americane. Ci è sembrato prioritario relazionarci con i nostri clienti internazionali come propositori e non come distributori di comunicazione. Un obiettivo, questo, legato al dna del nostro network che ha fortissime radici locali ma che da sempre è stato capace di integrarsi e di offrire alle aziende una creatività universale. Y&R si distingue dagli altri perchè è un network che si costruisce non solo sui modelli di business, ma soprattutto su una grande 'client intimancy' che ci permette di trovare le migliori soluzioni di comunicazione integrata per ogni cliente.
Per organizzare questo tipo di approccio ha dovuto mettere a punto la squadra. Da 'direttore tecnico', quali sono stati gli inserimenti e le scelte più importanti?
Il primo periodo dell'operazione Y&R Emea si è concentrato sulla messa a punto di un casting ad hoc. La prima operazione è stata quella di coinvolgere l'ex Lowe, Adrian Holmes, e metterlo a capo della creatività in Europa, Middle East e Africa. Adrian è un personaggio di grande talento, che certamente darà all'Europa grande vitalità creativa. Abbiamo poi assunto nuovi professionisti e operato i dovuti cambiamenti anche nei paesi in cui il management doveva essere modulato su una frequenza d'onda più vicina agli obiettivi del network. Il rinnovamento del management in Francia, in Polonia, a Madrid, ad esempio, ha migliorato i rapporti con i clienti internazionali. Inoltre, tanto per cambiare, ci siamo dovuti occupare di una ennesima fusione, questa volta in Portogallo dove Y&R ha assorbito Red Cell. Il network ha aperto una nuova sede in un mercato strategico come l'Ucraina e si sta rafforzando in Paesi come la Germania e la Svezia attraverso altre acquisizioni. Nel contempo, abbiamo registrato una grande vitalità anche in altri mercati: in Inghilterra, dove brilla la nostra agenzia Rainey Kelly Campbell Roalfe, grazie al talento di James Murphy e Mark Roalfe; in Spagna, in Israele, e in Italia, dove lavorano due talenti creativi quali Aldo Cernuto e Roberto Pizzigoni. Per gestire al meglio tutte le attività nei vari Paesi europei, abbiamo creato un nuovo board dove vice chairman è Shlomi Avnon.
La campagna acquisti è finita, quali risultati è già possibile annunciare?
Il management europeo non è ancora al completo, e presto ci saranno altre importanti novità. I risultati, però già ci sono. Y&R è oggi il 1° network nell'Europa dell'Est per quanto riguarda i ritmi di crescita. A questo proposito è interessante notare come molti clienti internazionali stanno investendo con sempre maggiore attenzione nei paesi dell'est, dove esistono importanti opportunità di crescita dei consumi, qualche volta anche a scapito dei mercati occidentali. D'altronde, siamo stati i primi ad aprire, nel 1988, una sede a Mosca, e da allora abbiamo acquisito numerosi clienti a livello mondiale come Colgate, Danone e Philip Morris, ma anche locali.
Rimaniamo sull'argomento. Forte della sua visione internazionale, quali sono i paesi trainanti all'estero?
La Spagna è certamente uno dei mercati più interessanti. Da circa cinque anni registra livelli di crescita molto elevati in termini di profitto e di fatturato. E dimostra un dinamismo che non mi sarei mai atteso così costante. Come dicevo, c'è un vivace fermento anche nei Paesi dell'Est, dove si lavora con una vitalità professionale ed anagrafica che in Italia si riscontrava negli anni '70.
Può essere più preciso?
Volentieri. Ricordo che una decina di anni fa, quand'ero responsabile Europeo di Colgate –Palmolive, viaggiando nell'Europa dell'Est vedevo professionisti di 50 anni, alcuni laureati in ingegneria, privi di un'approfondita conoscenza del business e caratterizzati da una mentalità parastatale e poco flessibile. In qui paesi, oggi, la creatività è nelle mani dei giovani, soprattutto trentenni, dinamici, cosmopoliti, colti e curiosi, con profili formativi che vantano la frequenza, ad esempio, della London School of Economics. Insomma, a est sta avvenendo quello che è successo nella pubblicità italiana negli anni '70 e '80, quando nell'advertising si concentravano i migliori e più giovani talenti.
Affronteremo tra breve il panorama italiano. Nel frattempo può dirci quali sono le acquisizioni internazionali dell'ultimo periodo?
Negli ultimi mesi del 2005 abbiamo raccolto tre grandi successi: l'acquisizione a livello mondiale di Bacardi. Per i mercati di Germania, Francia, Spagna e Inghilterra abbiamo vinto la gara internazionale per Volvic, una delle acque minerali Danone. L'ultima acquisizione, che risale ai primi di marzo, riguarda Hitachi a livello europeo. Come è stato maturato questo successo? Mi sembra interessante sottolineare che l'agenzia ha partecipato a queste gare coinvolgendo cinque o sei paesi. In particolare, Bacardi aveva come leader l'agenzia di Londra, Volvich quella francese. Questo dimostra come Y&R lavori in modo coordinato e come questa modalità di coinvolgimento sia efficace: tre gare vinte su 3 mi sembra un ottimo risultato, così come la crescita del 20% dei profitti a livello europeo.
Come vedi, da un osservatorio privilegiato come l'Europa, lo stato dell'arte del mercato pubblicitario in Italia?
Il mercato italiano ha da qualche tempo perso credito e credibilità. Inoltre, non essendo 'ricco' dal punto di vista degli investimenti come negli anni '70 e '80, non risulta appetibile ai giovani neolaureati, che decidono sempre più spesso di andare a lavorare all'estero. Tuttavia è interessante notare come alcuni Paesi di medie dimensioni si siano inventati strategie particolari per avere successo: è il caso delll'Austria, un paese non grandissimo e fino a qualche anno fa caratterizzato da un certo immobilismo, ma che da tempo ha ritrovato una nuova vitalità. La nostra agenzia di Vienna, infatti, ricava metà del fatturato gestendo e coordinando clienti austriaci per Repubblica Ceca e Ungheria. Il risultato è che l'Austria cresce del 50% perchè ha saputo costruire dei ponti culturali strategici che erano stati trascurati da 50 anni. Altro paese clamorosamente emergente, da tenere sott'occhio, è il Sud Africa, che ha potenzialità enormi per le relazioni che ha con i paesi anglosassoni.
Cosa non va da noi?
Mi spiace dirlo, ma non possiamo nascondere il fatto che, pur avendo sempre brillato nel design e nella cultura, oggi non riesce a dar vita a una creatività, non solo pubblicitaria, qualitativamente competitiva. Il sistema Italia, nella sua completezza, non fa ricerca e innovazione, è ancora troppo legato alla burocrazia e regolato da leggi non sempre adeguate. In queste condizioni i giovani di talento decidono di trasferirsi all'estero. La 'fuga dei talenti' è reale ed ha conseguenze soprattutto sui clienti.
Ossia?
Le grandi multinazionali che hanno avuto in città come Milano e Roma i centri di eccellenza dove sviluppare i propri brand, hanno cambiato approccio. Le aziende internazionali scelgono i migliori talenti italiani e offrono loro interessanti opportunità all'estero, depauperando in questo modo la qualità dei lavori creativi nel nostro paese. Forse non a caso nelle agenzie internazionali riscontro un livello di professionalità più elevato del nostro. Il motivo va cercato nelle occasioni di crescita professionale offerte ai giovani che oltreconfine hanno un confronto continuo con i clienti e sono sottoposti a continui stimoli. La creatività in Italia viaggia, invece, su un livello più basso. Assistiamo anche a una sorta di pigrizia dei professionisti italiani che non trascorrono molto tempo all'estero, non vanno a curiosare e conoscere da vicino le tendenze e gli stili che nascono ogni giorno.
Insomma, siamo ancora troppo provinciali...
Quello che molti non hanno ancora capito è che la globalizzazione, in realtà, non ha allargato i mercati, ha ristretto il campo da gioco: tendenze, attitudini e stili sono più universali di un tempo, ma si devono conoscere direttamente, nel playground in cui sorgono e si sviluppano, altrimenti, per quanto ci riguarda, rischiamo di appiattirci su superficiali traduzioni italiane di idee d'oltreconfine, versioni 'di maniera' ma prive di contenuto. Ripeto, l'impoverimento del mercato pubblicitario italiano è quindi dovuto anche alla sua incapacità di catalizzare l'attenzione di un risorse umane meno curiose e preparate rispetto a quanto succedeva 15 anni fa. Dal punto di vista creativo noto che gli italiani riproducono da sempre se stessi o le idee che ricevono da altri contesti creativi, ma lo fanno con gli occhi del turista, cioè ad un livello superficiale ed esteriore. Noi italiani viviamo di musica, libri e cinema stranieri ma siamo passivi nell'elaborare un nostro senso critico, una nostra propositività creativa.
Le esigenze delle aziende vanno verso un approccio sempre più integrato alla comunicazione. E' d'accordo?
All'estero la comunicazione a 360 gradi è ormai la normalità. Gli Americani hanno raggiunto livelli di integrazione così elevati da operare addirittura su sistemi e servizi di comunicazione specializzati in quest'area. Come pure, Inglesi e Scandinavi già da tempo si muovono sul mercato con un approccio al business molto aperto al digitale e alle nuove tecnologie. L'Italia è invece ancora concentrata sul 30 secondi, sulla doppia pagina o sul poster. Credo che una buona agenzia debba proporsi al cliente con la migliore soluzione dei suoi problemi e con un approccio il più possibile multidisciplinare. Proprio per questo, Y&R partecipa alle gare con almeno due o tre agenzie che, a seconda dei casi, possono chiamarsi Burson Marsteller, Wunderman, Cohn&Wolfe, Landor o Sudler & Hennessey. L'approccio integrato alla comunicazione, ad esempio, è stata l'arma vincente nella gara Coop.
In Italia siamo consapevoli di questo cambiamento?
Direi di no. A parte qualche rarissima eccezione da decenni, in Italia, ad occuparsi della pubblicità è sempre la stessa classe creativa che segue l'onda del successo del 30 secondi e delle campagne stampa. Considerato questo immobilismo, è abbastanza improbabile pretendere che questi professionisti, che per 40 anni hanno lavorato a forme di comunicazione tradizionale, sia pure ottenendo un grande successo, adottino uno stile di comunicazione integrato. La questione riguarda anche il management delle agenzie, che quando sono chiamate per un briefing di una campagna advertising, dovrebbero presentare ai clienti un piano integrato. In Y&R quando ci confrontiamo con un cliente proponiamo una strategia che tocca tutte le leve della comunicazione. E' questo un approccio doveroso perché, in quanto consulenti di comunicazione, siamo tenuti a fornire ai clienti tutte le prospettive possibili di una creatività che sia supporto dell'immagine di marca e stimolo per spingere il consumatore all'acquisto. Inoltre, anche per i clienti è più facile lavorare con un interlocutore solo che conosce le diverse discipline. In Italia, invece, non riesco a trovare una campagna completamente integrata che racchiuda advertising, direct marketing, corporate identity e media.
Sempre a proposito della fuga di cervelli. E' un processo irreversibile anche per quanto riguarda la pubblicità?
Quando lavoravo in Pirella ho conosciuto un giovane creativo di grande talento, Marco Cremona. Dopo una permanenza in Brasile è entrato a far parte del team di Y&R, e oggi è direttore creativo in California. In realtà, in merito alla 'fuga di cervelli' dall'Italia, dovremmo anche porci un altro interrogativo: dove potrebbero lavorare se questi talenti rientrassero in Italia? Il nostro mercato è pronto ad accoglierli e ad offrire loro occasioni di alto profilo? Insomma, l'insoddisfacente livello della creatività, in realtà, è la punta dell'iceberg di un atteggiamento piccolo-borghese che domina in Italia, un paese in cui regna l'immobilismo dove all'estero, invece, spopolano mobilità professionale e vitalità creativa.
A proposito dell'Italia, vogliamo ricordare quali sono gli ultimi new business vinti dall'agenzia che guidi come presidente e amministratore delegato?
Siamo molto soddisfatti di Y&R Italia. Quest'anno abbiamo acquisito quattro clienti importanti come Coop, Gan Assicurazioni ,Dietorelle e Saras. Quattro successi che sono il frutto del lavoro svolto negli ultimi tre anni, portando a un sostanziale raddoppio del revenue. Da quando sono arrivato in Y&R ho vissuto tre anni di lavoro intenso, svolto in collaborazione con Roberto Bruno, amministratore delegato Y&R Roma, Marco Lombardi, vice presidente strategico, Arrigo Frisoni, direttore generale e Aldo Cernuto e Roberto Pizzigoni, vicepresidenti e direttori creativi esecutivi.
Nota biografica Massimo Costa è rientrato in Y&R agli inizi del 2003, dopo un'esperienza ricca di successi come Amministratore Delegato in Lowe Italia. Precedentemente era stato in Y&R sin dal 1990, dove ha ricoperto la carica di responsabile Europeo di Colgate –Palmolive, raggiungendo la posizione di Executive Vice President di Y&R Europe. In Y&R Italia Costa ha contribuito alla crescita dell' Agenzia sul piano del business e sul piano creativo.