Interviste
Daniele Cobianchi presenta "Richie Cunningham", in radio e in digitale. "Le generazioni sempre più distanti a causa della tecnologia. Brand, in comunicazione siate veloci ma profondi, vicini al meglio del passato aprendolo al nuovo per essere rilevanti"
Da venerdì 24 maggio, è disponibile in radio e in digitale “Richie Cunningham”, il nuovo brano di Daniele Cobianchi che anticipa il suo omonimo progetto discografico, in uscita il 21 giugno (distribuzione Artist First/Etichetta DCAA).
“Richie Cunningham”, scritto dallo stesso Cobianchi e prodotto da Alberto Bianco, è disponibile al seguente link: https://lnk.to/
"'Richie Cunningham' – commenta Daniele Cobianchi – non racconta la bellezza dei tempi andati in chiave nostalgica, ma sottolinea quella felicità semplice e condivisa che, anche in anni difficili come la fine dei ’70, tutti o quasi tutti riuscivano ad afferrare. “Gli anni di Happy Days e di Ralph Malph”, direbbe Max Pezzali, anni nei quali i modelli di riferimento erano più accessibili e veri, e l’America sapeva ancora far sognare».
"Trascorro le mie giornate a studiare le generazioni e i comportamenti delle persone, e ho notato che c'è una grande distanza tra le singole generazioni. Si diventa boomer troppo presto e i cinquantenni pensano che i ventenni siano tropop frivoli, insomma c'è una grande frizione tra queste generazioni. Quando ho composto questo brano, ho pensato che dovremmo essere in grado di conservare dei valori del passato e innestarli in questo mondo nuovo. Se riusciremo a selezionare singoli valori del passato inserendoli nel futuro saremo in grado di unire qualsiasi tipo di generazione".
"I grandi brand devono riuscire a salvare quello che del loro percorso è veramente importante, lasciandolo aperto al cambiamento perché possa diventare rilevante nel futuro. Devono imparare ad andare oltre la zona di comfort. Non tutto quello che è nuovo è corretto e non tutto ciò che è vecchio è sbagliato, bisogna trovare un trade off tra questi due aspetti. I brand devono comunicare attraverso il sistema media che la tecnologia ha introdotto, la velocità è importante, ma se in essa non si trova profondità si rischia di non far rimanere alcun messaggio. Bisogna lavorare nella velocità ma al contempo essere profondi nei valori che si vogliono trasmettere nelle storie da raccontare".
"Credo anche che quest'assenza di un'idea di futuro non dia felicità a nessuno, soprattutto ai più giovani. Oggi Richie Cunningham sarebbe come noi, con una grande tensione verso il futuro e poca felicità", conclude Cobianchi.
In una società dove le dinamiche dei media sono sempre più interconnesse alle identità generazionali (come dimostra il cosiddetto “approccio generazionale” entrato recentemente di prepotenza nel panorama degli studi sui mezzi di comunicazione), etichette come Boomer, Millennial, Generazione X, Y, Z si moltiplicano, definite sempre più anche dal grado di digitalizzazione, e sembrano disegnare un quadro in cui il gap generazionale è sempre più marcato e dove il tratto comune è che ognuno è infelice a modo suo.
La sitcom “Happy Days”, che quest’anno celebra i 50 anni dalla prima puntata andata in onda negli Stati Uniti nel 1974, narra le vicende di una famiglia borghese americana degli anni ’50 e ’60 e il protagonista è proprio Richie, il classico bravo ragazzo, il cui contraltare è l’amico, apparentemente, più ribelle e smaliziato Fonzie.
Il brano, attraverso il suo sound pop coinvolgente racconta perché “ero anch’io Richie Cunningham” e con le parole di questo ritornello diventa un inno capace di rieditare un concetto di felicità che sembra sfumato e inafferrabile nell’era digitale, in cui spesso impera la necessità dell’approvazione degli altri, l’individualismo, l’ostentazione e il diktat di non essere invisibili.
È online su YouTube il concept video che cita una scena del film cult di Robert Zemeckis "Ritorno al Futuro": https://www.youtube.com/watch?