Inchieste

Brexit: quale impatto sugli investimenti adv in Italia? Il parere di Sassoli de Bianchi (UPA) e Vercellone (Sisal)

È ancora prematuro prevedere le conseguenze dell'uscita della Gran Bretagna dall'UE sul mercato dell'adv in Italia. I professionisti del media, dell'adv e i manager contattati manifestano preoccupazione per un impatto negativo sul mercato dell'adv. E non si dimentichi che proprio in Inghilterra, e soprattutto a Londra, hanno sede le più grandi aziende e le multinazionali dell'advertising e la decisione dei cittadini britannici potrebbe cambiare la geografia e gli equilibri dei mercati mondiali. Intanto l'UPA conferma le stime di una chiusura d'anno a +3% per il mercato dell'adv in Italia, ma con meno ottimismo rispetto a quanto dichiarato nel periodo pre-Brexit.
Il 23 giugno, il Brexit Day, sarà ricordato come una data epocale. Il giorno in cui con un referendum la Gran Bretagna ha votato e deciso di uscire dall'Unione Europea. La fazione del Leave ha vinto con il 51,9% delle preferenze su quella del Remain (48,1%). Fa riflettere il fatto che a decidere le sorti del Paese, secondo quanto emerge da un sondaggio di Yougov, sarebbero stati soprattutto i cittadini britannici più anziani, ultra 60 enni, che hanno votato in favore della Brexit. Scrivendo, quindi, il futuro dei più giovani che, invece, avrebbero voluto, per la maggior parte, rimanere nell’Unione europea.

La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno alla conclusione del Festival di Cannes. E, come osserva AdAge, per tutta la settimana appena trascorsa, i delegati inglesi presenti a Cannes Lions, che prima di recarsi sulla Croisette avevano espresso il proprio voto, ritenevano ci fossero alte possibilità della vittoria del 'Remain'. Mentre al loro risveglio, venerdì 24 giugno, hanno subito uno choc nell'apprendere che i loro connazionali avevano scelto il 'Leave'.

A conti fatti, ora, ci si chiede quali saranno gli effetti dell’abbandono dell’UE da parte della Gran Bretagna, partendo dalla consapevolezza che in UK, e in modo particolare a Londra, si trovano gli headquarter delle più grandi multinazionali, anche nel settore dell'advertising.
E che se la City si troverà fuori dall'UE, la mappa dei mercati mondiali potrà venire ridisegnata. E a quel punto sarà interessante vedere se i nuovi equilibri e le nuove geografie dei big dell'industria mondiale potranno andare a vantaggio dell'Europa e dell'Italia. 

Martin Sorrell, ceo del gruppo WPP, ad esempio, in alcune dichiarazioni rilasciate a Business Insider, dopo aver espresso il proprio disappunto per l'esito del referendum ha rivelato di voler rafforzare la presenza del Gruppo in Europa. "Quattro dei 10 top market di WPP si trovano in Europa Occidentale e lì dobbiamo consolidare ulteriormente la nostra presenza", ha affermato. Si tratta di Germania, Francia. Italia e Spagna.

Deutsche Bank, il colosso bancario tedesco che dà lavoro a 9mila persone nel Regno Unito, come riporta Repubblica il 24 giugno, ha creato da qualche mese un gruppo di lavoro per valutare il trasferimento di alcune attività in seno all'Eurozona, in particolare in Germania. 
Toyota e Nissan, due grandi aziende con fabbriche in Gran Bretagna e 800mila dipendenti in UK, affermano, riporta ancora Repubblica, che potrebbero rallentare i loro investimenti o metterli in pausa, almeno per ora. 

Se appare ancora presto fare previsioni sul lungo periodo, anche per via del fatto che ci vorranno almeno un paio d'anni perché l'operazione avvenga, sono invece ben evidenti le conseguenze immediate che la notizia della Brexit ha generato, in primis, sul crollo della sterlina e sulle Borse, calate a picco. Piazza Affari ha chiuso venerdì 24 giugno a -12,4%, un risultato negativo storico, peggiore anche dell’11 settembre e di Lehman Brothers come ricorda il Corriere della Sera. 
Anche Wall Street ha registrato la peggior seduta dal 2011: il Dow Jones ha chiuso a -3,39% perdendo 600 punti. In picchiata anche il Nasdaq e le Borse Asiatiche. Con un effetto tsunami che ha creato ovunque un clima di pesante incertezza. 

In Italia l'impatto si avvertirà anche su export e PIL.
Quale effetto avrà la Brexit sul mercato della pubblicità, che, come noto, viaggia parallela con l'economia, la fiducia dei consumatori e i consumi stessi?

L'uscita dall’Unione Europea potrebbe costare al Regno Unito 70 milioni di sterline all’anno in termini di crescita negli investimenti pubblicitari, per un totale di un miliardo di sterline entro il 2030. 
A rivelarlo è un'analisi di Zenith, secondo la quale questa perdita nella spesa pubblicitaria sarebbe causata da una riduzione della crescita economica sul lungo termine.

Il ministero del tesoro del Regno Unito ha valutato che entro il 2030 il prodotto interno lordo del Regno Unito sarebbe del 6,2% più basso se il Paese si trovasse al di fuori dell’UE rispetto a quanto sarebbe se il Regno Unito continuasse a farne parte. 
Partendo dal presupposto che la stima del ministero sia confermata, Zenith stima che, a prezzi correnti, il Brexit costerebbe al settore pubblicitario del Regno Unito un miliardo di sterline in crescita degli investimenti pubblicitari per i prossimi 15 anni

E in Italia? Lo tsunami Brexit potrà portare a una revisione al ribasso delle stime di chiusura del mercato pubblicitario per quest'anno?

Sassoli de Bianchi (UPA): l'impatto della Brexit si vedrà soprattutto nell'andamento dei consumi. Ora il quadro si complica e torna l'incertezza degli anni della crisi.

L'UPA conferma le previsioni per il 2016 a +3%, come afferma ad ADVexpress il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi (FOTO 1), (vedi notizia correlata a fondo pagina). “Senza la Brexit - aggiunge -, avremmo potuto essere più ottimisti sulla crescita del mercato pubblicitario a fine anno, ma considerando l'attuale clima di incertezza, è difficile proiettare un numero superiore al 3%, che è pari a tre volte il PIL italiano. 

Prima è necessario vedere cosa accade nel Paese come riflesso dei cambiamenti internazionali in corso. E ad oggi è difficile valutare quali saranno tutte le conseguenze dell'uscita della Gran Bretagna dall'UE”.  
Ricordiamo, infatti, che a metà giugno l'Associazione aveva rivisto le stime al rialzo indicando un +3-4% a fronte di un +4,8% degli investimenti registrato da Nielsen nei primi quattro mesi dell'anno e +7,5% ad aprile.

“I riflessi della Brexit sulla pubblicità? Tutto dipenderà dai consumi - afferma Sassoli -. Se da qui a fine anno registreranno un calo il clima potrebbe cambiare, ma ad oggi le indicazioni provenienti dalle associate UPA ci portano a mantenere un +3%. E comunque una pubblicità che cresce tre volte il Pil è un segnale di fiducia nel Paese da parte delle aziende. Certamente adesso il quadro è complicato, dominerà l'incertezza che aveva caratterizzato gli anni della crisi da cui stavamo uscendo e ripiomberemo nella nebbia. Speriamo che tutto venga riassorbito presto nel lungo periodo".

LEGGI LA NEWS Sassoli de Bianchi (UPA): "Confermiamo una crescita del 3% per il mercato pubblicitario nel 2016. Senza la Brexit saremmo stati più ottimisti. I riflessi sugli investimenti? Tutto dipenderà dai consumi" SU ADVEXPRESS.IT

Riguardo ad Assocom, ricordiamo che le stime dell'Associazione parlano di un mercato a +2,4% nel 2016 e a +2,7% nel 2017.


Vercellone (Sisal): in un momento critico dell'economia la comunicazione assume un ruolo centrale 

Infine, Pierdonato Vercellone (FOTO 2), responsabile comunicazione Sisal, sottolinea l'importanza, in un momento critico per l'economia e la politica, di recuperare il valore e il ruolo centrale della comunicazione per informare in modo corretto. 
“A livello internazionale, con ripercussioni anche nel nostro Paese, verranno attivate nuove politiche che avranno necessità di comunicatori esperti e in gamba per essere comunicate al meglio ai cittadini. 

Da qui il ruolo chiave di chi si occupa di comunicazione corporate e public affairs. Soprattutto nei periodi di crisi, i professionisti del settore hanno un ruolo consulenziale strategico, che in questo caso sarà orientato soprattutto a diffondere sia in Italia che nei principali Paesi il ruolo della Comunità Europea e le principali politiche messe in atto, a rassicurare i cittadini sui vantaggi di appartenere all'UE e a rafforzare l'idea stessa di Europa. Altrimenti il rischio è di una disaffezione all'Unione Europea da parte di altri Paesi che va assolutamente evitata”.


LEGGI LE AFFERMAZIONI DI Marco Girelli, ceo di Omnicom Media Group; Fabrizio Piscopo, ad Rai Pubblicità e Giuseppe Caiazza, ceo di Saatchi & Saatchi Italia e Francia, Head of Automotive Business di S&S Emea su ADVexpres.it