Inchieste

Focus - Food è... sostenibilità. Il tema al seminario Upa

Questo il messaggio emerso dal seminario ‘La filiera dell’industria agroalimentare. Sviluppo sostenibile e comunicazione’, organizzato da Upa a Milano, in cui esponenti del mondo accademico e del mondo delle imprese si sono confrontati per parlare di sostenibilità. L'articolo è tratto da e20 di marzo / aprile 2014.
Accademici e imprenditori si sono confrontati nel seminario ‘La filiera dell’industria agroalimentare. Sviluppo sostenibile e comunicazione’, organizzato l’11 aprile scorso da Upa a eataly Milano, su quanto l’impatto ambientale, prima considerato marginale, sia ormai diventato centrale, soprattutto nella filiera agroalimentare. 

“La green economy è il solo modello attraverso cui potremo veder crescere la nostra economia - ha affermato Sassoli de Bianchi, presidente Upa -. Dopo lo sviluppo portato dall’It, ora è l’economia sostenibile a rappresentare una grande opportunità: per raggiungere questo traguardo però sono necessari tempo, fiducia e investimenti a lungo termine. La strada non è facile, ma ne vale la pena. Anche perché l’ambiente è il nostro azionista più importante e, trovandosi in difficoltà, non può che trascinare in difficoltà anche noi”. 

Sostenibili, però, non ci si improvvisa, tanto che sono almeno tre gli errori da evitare: l’analfabetismo di ritorno, ovvero il green washing (fare finta di essere sostenibili); la specializzazione perversa (fingersi esperti in materia), e la sindrome dell’infarinatura (fare uso di quel poco che si conosce della sostenibilità per colpire gli stakeholder). 

Non mancano gli esempi di chi ha fatto della sostenibilità uno dei pilastri della propria azienda. Parliamo, per esempio, di Oscar Farinetti, fondatore di eataly, che fa del rispetto un must: “È compito dell’imprenditore avere obiettivi ‘poetici’ e utilizzare un metodo matematico per raggiungerli: è da questo mix che nasce il senso del rispetto più alto. eataly, che è una grande famiglia, dove i figli hanno gli stessi valori ma caratteri differenti, ha fatto scelte poetiche: zero mattoni, ad esempio, poiché ogni eataly nasce per ridare vita a luoghi dimenticati; la quindicesima ai dipendenti e lo stipendio minimo fissato a 1.000 euro e la decisione di rivolgersi a tutti i target. Adottare comportamenti sostenibili non è facile. Perché parta la rivoluzione, serve ridare il buon esempio, far passare il messaggio che comportarsi bene è giusto, ma anche ‘figo’, facendo formazione e rimettendo al centro le imprese, più che la politica”.

A un incontro dedicato al tema della sostenibilità non poteva non essere presente Barilla, il cui claim da qualche tempo è ‘buono per te, buono per il pianeta’. 
“Nel nostro paese - ha affermato Luca Virginio, direttore comunicazione - non si fa educazione alimentare nelle scuole e non vi è comunicazione rispetto a un corretto stile di vita. La sostenibilità è una responsabilità dell’intero sistema, non soltanto delle aziende”. 

Barilla fa la sua parte (leggi anche news su ADVexpress.it) lanciando, in occasione di Expo 2015, www.milanprotocol.com, volto a porre l’attenzione sulla necessità che tutti gli attori si impegnino per salvaguardare il pianeta e lottare contro la fame nel mondo. 

Lavazza, dal canto suo, ha deciso di fare formazione in prima persona, addirittura nei paesi lontani dove nasce il caffè. “Quello verso la sostenibilità è un percorso tortuoso che richiede sacrifici da parte delle aziende, ma anche dei consumatori - ha detto Alessandra Bianco, responsabile relazioni pubbliche -. Noi ci siamo impegnati nei paesi dove ha origine il nostro caffè: abbiamo aperto in Africa una scuola dove i ragazzi studiano in inglese e imparano a rivalutare ciò che hanno e, insieme al celebre fotografo Steve McCurry, abbiamo avviato un progetto culturale, che ci ha permesso di dare un volto alle perso- ne che raccolgono il caffè”. 

Dunque, la sostenibilità può avere molti volti, come ha sottolineato anche Andrea Panzani, direttore generale Valsoia: “Non c’è un modello assoluto, ogni azienda trova la sua modalità di essere sostenibile. Valsoia ha la sostenibilità nel suo Dna e fa della salute, unita alla bontà, le due leve fondamentali dei propri prodotti. d’altra parte, i consumatori oggi chiedono sempre più prodotti sani, sostenibili e che rispettino l’ambiente e noi cerchiamo di garantire tutte queste caratteristiche”. 

A considerare queste aziende, verrebbe da dire che fare business in modo sostenibile non è poi così complicato. Ma a far tornare con i piedi per terra ci pensa il professor Massimiliano Bruni (Iulm): “C’è ancora parecchio da fare. in particolare, mi vengono in mente cinque ambiti che richiedono un’attenzione particolare: l’efficienza energetica, l’impiego delle risorse, il packaging, i prodotti biologici e lo scarto alimentare. La sostenibilità è un tema culturale e bisogna lavorare in una logica di filiera per ottenere dei risultati concreti”. 

Le opportunità da cogliere sono molte, ma accompagnate da rischi, come ha sottolineato Fausto Colombo (Università Cattolica di Milano): “Oggi le informazioni a disposizione sono moltissime, ma questo comporta anche la difficoltà di selezionare quelle di qualità. Dobbiamo impegnarci a far evolvere l’informazione in conoscenza, anche grazie alle nuove tecnologie. E poi, considerato il trionfo della cucina e degli chef, perché non sfruttare questa occasione per legare la sostenibilità al food”. 

D’altra parte questo legame acquista più che mai significato in un paese come l’italia, che ha proprio nel cibo uno dei suoi pilastri. “Insieme al fashion e al design, il food rappresenta un elemento fondamentale del made in italy, ma non viene valorizzato al pari degli altri due - ha dichiarato Roberto Grandi (Università di Bologna) - . L’italia deve recuperare questo elemento della propria identità, attraverso cui può essere trasmessa e valorizzata la storia delle imprese”. 

Della stessa opinione Andrea Segrè (Università di Bologna): “Il cibo può creare valore per i giovani, per le imprese e per il paese. Il tema della sostenibilità, dal punto di vista economico, sociale e ambientale, è strettamente correlato a questo aspetto. È necessario ridare al cibo la centralità che merita”. 

In quest’ottica si inserisce il progetto che vedrà protagoni-sta la città di Bologna: “Realizzeremo un grande parco alimentare che si chiamerà Eataly World Bologna dedicato all’agroalimentare italiano d’eccellenza. Un itinerario di 80.000 mq nella produzione e nel gusto dell’enogastronomia italiana. Perché è anche da qui, dall’amore verso le nostre risorse, che parte la strada verso la sostenibilità”.

Serena Piazzi