Inchieste

INCHIESTA (parte I) - Lo star system degli eventi: identikit della professione del creativo

Sono gli artefici della live communication, eppure pochi conoscono i loro nomi, i compiti che svolgono e le responsabilità di cui si fanno carico. Con questa inchiesta vogliamo accendere i riflettori sulla figura del creativo degli eventi e sui principali professionisti che operano con questo ruolo nel mercato italiano, mostrando luci e ombre di un mestiere affascinante e spesso misconosciuto. Articolo tratto dall'inchiesta 'Lo star system degli eventi' di e20 luglio / agosto / settembre 2015.
Figli di un dio minore. Quando va on air una pubblicità tutti sanno immediatamente chi l’ha curata, quando invece si realizza un evento, la firma creativa rimane spesso anonima

Come se i creativi dell’advertising classico e quelli degli eventi appartenessero a due mondi diversi, nobile il primo, sottovalutato e misconosciuto il secondo. 

Eppure i creativi che operano nel settore degli eventi svolgono un ruolo strategico determinante, sono gli architetti di progetti articolati e multimediali, sono i professionisti che conferiscono anima e corpo alla live communication. Esperti di tecnologia, strategia e problem solving, abituati a cibarsi di comunicazione, marketing e scienza dello spettacolo, i creativi degli eventi hanno imparato sul campo e negli anni a svolgere un mestiere che rappresenta il motore del settore. 

Perché creativi di eventi non si nasce, si diventa. Eppure, tolti quei due o tre nomi che conoscono tutti e che beneficiano di una ribalta mediatica mainstream, si tratta di una professione che non sempre gode della dovuta visibilità.
Addirittura, quando si realizza un evento, spesso manca, perfino tra gli addetti ai lavori, la consapevolezza di chi lo abbia firmato davvero. 

Le premesse, però, non sono tutte negative. A essere cambiato è, innanzitutto, lo scenario. In questi ultimi anni, gli eventi hanno visto evolvere il loro ruolo all’interno delle strategie di comunicazione e marketing delle imprese, uscendo da una nicchia meramente ‘tattica’ (l’evento come atto unico di contorno alle relazioni pubbliche o come leva promozionale di supporto alle vendite), per arrivare a un approccio decisamente ‘strategico’. Si tratta di un cambiamento radicale: gli eventi hanno visto crescere, giorno dopo giorno, la loro importanza, rompendo i confini del ‘below the line’ e assumendo una dignità mediatica, paragonabile a quella dei principali mezzi, diventando veri e propri ‘ambasciatori dei valori’ della marca

Lo sviluppo tecnologico digitale e gli approcci olistici alla comunicazione hanno fatto il resto, trasformando gli eventi in forme di live communication integrate, capaci di unire reale e virtuale, e di valorizzare la dimensione dell’entertainment per rafforzare le capacità di suscitare emozioni e imprimere ricordi nei partecipanti.

L’evoluzione del posizionamento degli eventi nelle strategie di comunicazione delle imprese appena descritto ha inciso profondamente anche sulla ridefinizione del ruolo del creativo che opera nel settore, accrescendone l’importanza. 

I creativi degli eventi sono oggi i veri e propri artefici della live communication, eppure pochi conoscono i loro nomi, i loro volti, i compiti che svolgono, le attività che gestiscono e le responsabilità di cui si fanno carico. 

PRESA DI COSCIENZA

“I creativi di eventi non hanno ancora capito quanto sono bravi - spiega Alfredo Accatino, direttore creativo & partner Filmmaster Events -, non si stimano, e a volte, purtroppo, è lo stesso management dell’azienda, che non ne comprende la fondamentale importanza. O forse cerca di non farli conoscere, per paura che qualcuno se li porti via. Il mercato è maturo e, al pari di come è successo 30 anni fa per la pubblicità, ora si deve poter firmare il proprio lavoro anche negli eventi”. 

La figura del creativo negli eventi, “più che sottovalutata, è piuttosto misconosciuta - afferma Maurizio Thiebat, direttore creativo esecutivo Gruppo Alphaomega -. È un problema di rilevanza e di intensità. La pubblicità è sotto gli occhi di tutti, ha un impatto diretto e profondo sulla società e sul nostro modo di vivere; la pubblicità è di tutti. Ed è logico che coloro che fanno advertising, penso ai creativi, ma anche ai registi e agli stessi attori, siano personaggi che entrano nella ‘conversazione pubblica’. Gli eventi invece sono ‘di pochi’. Il più delle volte, anche i grandi eventi hanno una dimensione B2B, con una durata limitata nel tempo e sono indirizzati a un pubblico numericamente poco significativo. A tutto questo aggiungiamo il fatto che nella live communication non si prevede, quasi mai, un posto per i ‘titoli di coda’, ed ecco che la notorietà degli autori di eventi finisce per rimanere confinata nel ristretto giro degli addetti ai lavori”. 

Aldilà di alcuni casi, precisa Renato Geremicca, director Laboratorio Creativo GereBros, “si è caduti nell’errore di considerare la creazione e la produzione degli eventi come un processo meccanico, composto da tasselli dove l’uno vale l’altro. Ma ovviamente non è così. Nessuno si sognerebbe di dire che la stessa storia diretta da due registi diversi produce lo stesso film: per gli eventi - e la colpa è anche dei creativi - vige ancora largamente il luogo comune dell’agenzia collettrice di servizi terzi, che mette assieme gli ingredienti giusti; ma a far la differenza nel risultato del piatto è lo chef”.

Sul paragone con il mondo del cinema insistono anche Andrea De Micheli e Luca Oddo, rispettivamente ceo e presidente Casta Diva Group (di cui fa parte l’agenzia Egg Events): “Il regista cinematografico fa un mestiere estremamente tecnico, che nessun cliente sarebbe in grado di realizzare da solo. Questo gli dà un valore aggiunto maggiore e un potere ‘dittatoriale’ quasi assoluto sul set e fuori. A parer nostro, la stessa cosa dovrebbe valere per gli eventi, ma molti pensano che, avendo fatto la quinta elementare, possono scrivere come un copywriter, e allo stesso modo, molti clienti pensano di poter fare spesso da soli, affidandosi agli event manager interni. Pertanto l’autoralità di un evento è molto meno sentita e più condivisa”.

La sottovalutazione del ruolo dei creativi negli eventi è conseguenza di una ragione oggettiva, spiega Claudio Sbragion, direttore creativo Havas Events Milan: “Il mondo degli eventi è prevalentemente privato, spesso anche quando coinvolge grandi numeri, in termini di persone o di budget. Le informazioni non circolano e, quindi, non escono al di fuori dei confini del tavolo di una riunione col cliente. Di pari passo va la conoscenza delle professionalità che concepiscono o realizzano eventi”. 

Sulla stessa linea anche Federico Ronco, creative & project leader The Next Event (Next Group): “Negli eventi aziendali ‘interni’ si trattano temi e dati sensibili, fattori che richiedono più riservatezza che notorietà. D’altra parte, il nostro è un lavoro imparentato con il teatro: il ‘dietro le quinte’ è una condizione imprescindibile. Nei progetti consumer e Pr, l’evento è la pura espressione del suo committente, e quindi dell’azienda. È quest’ultima che deve emergere, anche se un po’ di ‘rumore’ in più non farebbe male neanche al cliente. Sarebbe importante far crescere e dare spazio alla professionalità del nostro settore, attraverso l’affermazione e la divulgazione dei nomi, delle storie e dei pensieri dei suoi protagonisti”. 

Il ruolo dei creativi negli eventi è in genere sotto considerato, perché, spiega Paolo Gep Cucco, direttore creativo Prodea Group, “non siamo corporativi, non abbiamo saputo far crescere la cultura dell’evento come produzione creativa importante e degna di rilevanza. Viviamo una strana dicotomia: il cliente pensa che l’evento sia un’operazione a cuore aperto, che mette a repentaglio la sua vita, mentre il pubblico vive l’evento come qualcosa che non si ripeterà più e che, quindi, spesso non riesce ad avere abbastanza risonanza e memoria”. 

IL 'DIETRO LE QUINTE' CHE FA LA DIFFERENZA

Ma c’è anche chi la pensa diversamente. “A parer mio - afferma Tomaso Cavanna, ceo & founder Punk For Business - il ruolo dei creativi negli eventi non è assolutamente sottovalutato, anzi si tratta di professionisti che godono di molta più visibilità e forza mediatica dei pubblicitari”. 
In un certo senso, “quello che negli anni ’80 era il creativo pubblicitario oggi, nel 2015, sta diventando il creativo degli eventi”. 

Oggi, aggiunge Stefano Solarino, direttore creativo Apload, “è sempre più frequente che gli eventi di grande portata siano firmati. La differenza rispetto alle attività pubblicitarie classiche sta nel fatto che, mentre la campagna advertising è per eccellenza ‘creativo-centrica’, gli eventi vedono la partecipazione di numerose altre figure che, giustamente, hanno bisogno del loro spazio. Ciò non esclude una novità importante: le agenzie e i creativi sono ormai diventati veri e propri ‘brand di se stessi’ e sempre più la loro personalità individuale emerge rispetto alla materia indifferenziata del mondo della comunicazione”. 

“Non credo assolutamente che il ruolo dei creativi negli eventi sia sottovalutato - afferma Lucio Furlani, partner e direttore creativo Newtonlab - Gruppo 24Ore -. Il nostro lavoro si svolge ‘dietro le quinte’. È un po’ come nel cinema: spesso viene ricordata la storia del film, mentre il regista passa in secondo piano. E nell’evento, più la storia raccontata è comunicativa e lascia una traccia nello spettatore, meno risulta essere figlia solo di un singolo”. 

A non condividere la tesi della ‘sottovalutazione’ è anche Umberto Cigognini, direttore creativo Sinergie Live Communication: “Chi vive il mondo degli eventi sa benissimo da chi arrivano le idee vincenti. Solo è meno ‘in prima fila’, perché integrato nella capacità di un’agenzia di costruire il proprio stile, la propria firma distintiva, che poi è quella del creativo in ghost’”. 

Secondo Massimo Mercuri, managing director Gruppo Peroni Eventi, la non visibilità dei creativi rappresenta proprio la prova del valore che viene riconosciuto loro: “I creativi - spiega - sono presi in così grande considerazione, che le agenzie se li tengono ben stretti, soprattutto se si tratta di professionisti freelance, che collaborano con più strutture in contemporanea. Meglio, dunque, non fornire troppa visibilità al nome del creativo, non ostentarne la presenza, e mantenere la relazione tra ‘creativo e agenzia’ in una specie di ‘dietro le quinte’, per evitare che qualche altra struttura ‘soffi via’ il creativo in questione”. 

A essere in evidenza, secondo Francesco Antinolfi, fondatore Living Brands, è soprattutto una variabile culturale: se il ruolo dei creativi negli eventi è percepito, da alcuni, come misconosciuto, ciò è probabilmente dovuto al fatto che, ancora oggi, è dominante l’idea che quella ‘tradizionale’ sia la forma più nobile di comunicazione. Anche se, non me ne vorranno i colleghi, riesce ad avere sempre meno piglio sulle scelte di consumo e di acquisto dei consumatori”. 

“È molto frustrante - aggiunge Mario Viscardi, fondatore, partner e amministratore Piano B -, ma i creativi del mondo degli eventi devono affrontare problematiche produttive e messe in scena complesse, per lo più incompressibili all’interlocutore, che finisce per restare disorientato, senza riconoscerne il vero valore”. 

Anche se, ricorda Daniele Zambelli, fondatore di Simmetrico, ormai “il nome della società e del direttore creativo è spesso riconosciuto, soprattutto nel circuito degli addetti ai lavori”. 

Nell’evento, spiega Lulu Helbek, head of creative department Balich Worldwide Shows, prevale la dimensione del ‘lavoro di squadra’ e forse è per questo che è difficile ricondurlo a un’unica paternità. L’elemento chiave è, infatti, quello della ‘cooperazione’ tra diverse figure creative di alto livello. 

“Il mondo degli eventi - aggiunge Gianfranco Maiorana, presidente e amministratore Creo - preferisce dare più importanza al ‘team’, piuttosto che al ‘singolo’. E personalmente considero attuale questa visione, mentre valuto come anacronistica quella dell’advertising tradizionale”. 

“Ho sempre firmato le nostre produzioni con il nome dell’agenzia - conclude Riccardo Cioni, amministratore unico La Buccia -, perché credo nel collettivo, specialmente in un settore come quello dell’event marketing, dove è il lavoro del gruppo che fa la differenza. Naturalmente il mio ruolo di direzione creativa e strategica de La Buccia è stato riconosciuto negli anni, quanto però le specifiche professionalità dei miei collaboratori”. 

Mario Garaffa