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Inchieste

La creatività non costa niente?

Circa 10 anni fa uscì un film di Calopresti dal titolo ‘La felicità non costa niente’. Perché è qualcosa di immateriale, intangibile, che va coltivata. Ecco, anche la creatività va coltivata, ma costa genio, tempo e fatica. E porta risultati concreti. Perché allora spesso non viene inserita nelle voci a budget di un evento? Come tutelare i creativi? There’s something in the air… Pubblichiamo l’articolo uscito sulla rivista e20.
Sono oltre 2 milioni i professionisti in Italia che lavorano con la creatività. Ma che significa oggi ‘fare il creativo’? Di solito, se cercate di spiegare questi mestieri ‘strani’ alla nonna, vi sentite ribattere: “Sì, ma che fai per vivere?”. E la cosa fa sorridere… Il dramma è che oggi, purtroppo, non sono solo le adorabili nonnine a non aver ben chiaro il concetto di creatività.
 
Pare, infatti, che ‘fare il creativo’ significhi essere ignorato dal governo, avere una professione semi-indefinita e inquantificabile, sebbene produca il 5,8% del Pil del Paese (80,8 miliardi di euro - rapporto 2013 Unioncamere/Fondazione Symbola). E le competenze che rientrano nella categoria sono tante, da chi opera nella comunicazione come copy e art director a chi lavora nell’entertainment, ai designer, agli scrittori, giornalisti blogger, videomaker, editori…
 
La buona notizia è che oggi la #rivoluzionecreativa non è più un’utopia, ma un vero e proprio movimento che raccoglie sempre più adesioni ( www.change.org/rivoluzionecreativa, a oggi oltre 16.000 consensi). Ed è stato proprio uno ‘dei nostri’, Alfredo Accatino, artistic & creative director di Filmmaster Events, a lanciare la petizione per raccogliere firme per il riconoscimento della valenza strategica della creatività e della figura del creativo. La meno buona, è che c’è ancora molta strada da fare, ci sono menti da aprire, politici da aprire - in due! -, leggi da proporre, giovani talenti da coltivare per non farli scappare all’estero…
 
E nel mondo degli eventi? Nel nostro settore il valore della creatività è riconosciuto? Come viene tutelata? E come ‘difendere’ i talenti? Abbiamo fatto un giro di microfoni tra le agenzie per conoscerne visioni e aspettative, e tracciare, insieme a loro, le linee guida che conducano il Paese alla consapevolezza di come, insieme alla ricerca tecnologica, alle arti e culture giovanili, anche la creatività rappresenti il futuro del Paese.
 
IL CREATIVO DI EVENTI, QUESTO (SEMI)SCONOCIUTO
 
A differenza di quelli del settore pubblicitario, i creativi degli eventi pare che operino nell’ombra, talvolta anche ‘inconsapevoli’ del loro valore. Spesso, addirittura, la ‘creatività’ non viene nemmeno considerata tra le voci di costo nei budget stanziati dalle aziende. Oggi, grazie anche al polverone sollevato dalla rivoluzione creativa, sembra che qualcosa stia cambiando. È davvero così?
 
La prima risposta spetta proprio ad Alfredo Accatino,artistic & creative director di Filmmaster Events. “Spesso i creativi di eventi non sanno di fare un lavoro difficile e bellissimo, con competenze che molti non possono vantare. Essi devono ritrovare orgoglio e identità. Il mercato è maturo, dobbiamo evolvere anche noi. Prima o poi, tutti i ragazzi escono di casa… E mi impegno, sin da ora, a creare occasioni di incontro, a Roma, Milano e dove sarà possibile, per guardarci negli occhi e condividere le nostre esperienze”.
Un ‘incipit’ forte, quello di Accatino, che invita all’azione, alla consapevolezza del proprio ruolo e valore, all’incontro e allo scambio reciproco.
 
Perché, come afferma Isabella Maggi, direttore comunicazione e marketing Gattinoni Communication, spesso la parte creativa è considerata un ‘fiocchetto’ del pacchetto logistico. “Ma non dovrebbe essere così, soprattutto nel mondo degli eventi. L’idea e il lavoro dei creativi purtroppo sono spesso poco valorizzati o considerati ‘dovuti’. C’è poco rispetto dei tempi e del grande lavoro delle persone che, con proposte innovative, permettono all’azienda cliente di fare la differenza nel proprio evento, nella propria convention, nel proprio meeting… Venendo dal mondo della pubblicità, dove ho lavorato per 4 anni, noto che c’è un divario molto forte di figure e valorizzazione in questo senso”. 
 
La pensa così anche Maurizio Thiebat, direttore creativo Alphaomega. “C’è nell’aria una visione distorta secondo cui quella dei creativi è una categoria di eletti, alla quale appartengono per diritto di nascita o per disegno divino figure di una qualche superiorità intellettuale e antropologica. È una visione contro la quale cerchiamo di combattere attraverso l’attitudine con cui affrontiamo il nostro lavoro quotidiano, nelle nostre relazioni con clienti e con fornitori. Credo che creatività sia, prima di tutto, fare un mestiere di ricerca che ha l’obiettivo di trovare risposte giuste a esigenze di comunicazione. Per fare questo mestiere bisogna aver studiato e studiare in continuazione, bisogna saper percorrere senza pregiudizi percorsi concettuali nuovi e soprattutto sapersi muovere negli smisurati e ricchissimi territori della nostra cultura. In questo senso, ritenere che esista una differenza fra chi scrive eventi e chi scrive storie pubblicitarie è un po’ un’eco stonata di pensiero anni’80. Nei due mondi sono diversi i linguaggi e i ‘tecnicismi’ a essi legati, ma null’altro”.
 
Sulla figura sempre più determinante del creativo si pronuncia anche Massimo Mercuri, managing director Gruppo Peroni Eventi. “Negli eventi il ruolo del creativo è diventato un elemento chiave, anche per le attività più semplici, come un’iniziativa promozionale, ma non sempre è così esplicitato al cliente, essendo comunque alla base della proposta di attività. Viene particolarmente messo in luce, invece, con un ruolo da protagonista, in eventi strategici dove il concept coinvolge molti aspetti dell’evento stesso: in questi casi il nostro creativo gioca un ruolo fondamentale e a stretto contatto con il cliente sin dalla prima fase di presentazione del progetto. La valorizzazione, inoltre, trova una risposta soggettiva: non sempre la creatività del progetto incontra il consenso del cliente, a prescindere dall’originalità dell’idea”. Quindi, a seconda del tipo di evento, la figura del creativo viene più o meno esaltata e ‘integrata’ nel rapporto con il cliente.
 
Infine, Piero Pavanini, ad NewtonLab, nota invece una certa disponibilità del cliente a riconoscere e apprezzare l’apporto del creativo. “Non mi pare che i creativi degli eventi navighino nell’ombra: nelle agenzie e nelle gare serie, il creativo ha un ruolo primario e contribuisce a farle vincere o perdere. Sempre più, il cliente in buona fede che conosce il mercato delle agenzie apprezza ed è disposto a riconoscere il costo della creatività. Ovviamente, occorre chiarezza da parte delle agenzie nel valorizzarla nel modo giusto senza sottovalutarla, ma anche senza sopravvalutarla”.
 
TUTELARE LA CREATIVITÀ

“La mia carriera è disseminata di ‘furti’ di idee. Ma è vero che è anche disseminata di soddisfazioni per cui mi sento molto fortunato”. È sempre Accatino (Filmmaster Events) a lanciare l’amo. Spesso il contributo creativo non viene valorizzato o, addirittura, la paternità delle idee non viene riconosciuta.
 
“Il riconoscimento deve partire dall’interno. Quello che credo sia un mio punto d’orgoglio è il fatto di aver sempre riconosciuto la paternità di un’idea ai miei collaboratori - cosa che non sempre succede nelle agenzie -. Con Andrea Baccuini, Daniele Lo Faro, Andrea Celi e Adriano Martella, che con me condividono la direzione creativa di Filmmaster Events, avremo litigato miliardi di volte, ma mai, e dico mai, perché qualcuno ha scavalcato un altro o si è appropriato di un’idea. Il passo successivo è comprendere l’unicità degli skill. Un buon creativo di eventi deve essere pagato adeguatamente. In più, occorre lavorare per arrivargli a riconoscere la ‘cessione di diritti’ e quindi, i vantaggi fiscali previsti. Fin dal preventivo, la voce ‘creatività’ va inserita insieme a tutte le professionalità necessarie”.
 
Secondo Pavanini (NewtonLab), la tutela nasce dalla fermezza da parte delle agenzie a non ‘concedersi’ e scendere a compromessi, evitando di lavorare per quelle aziende che non riconoscono il valore del pensiero creativo. “A noi è capitato. Abbiamo deciso di non partecipare a gare o di non lavorare per clienti che non ‘stimavano’ l’incidenza del pensiero all’interno di un progetto. Nei nostri schemi di preventivo c’è sempre una voce ad hoc per creatività e regia”.
 
Secondo Maggi (Gattinoni), il riconoscimento del valore del creativo deve passare sia dall’azienda che dall’agenzia. Solo in questo modo la sua figura potrà essere tutelata e valorizzata. “Dicono che un’idea non ha prezzo. Credo proprio sia vero, e nel mondo dell’adv classico ci sono stati anni d’oro dove le idee creative e i concept sono stati sempre pagati e bene. Questa mentalità dovrebbe riflettersi a specchio anche nel settore degli eventi. Non con richieste di costi esorbitanti ma con voci di budget eque che facciano percepire ai clienti che anche ‘ideare idee’ è un lavoro che costa genio, tempo, fatica e aggiornamento, curiosità e tanto lavoro… E questo discorso non va fatto solo ai clienti ma anche alle agenzie stesse che valutano il lavoro dei propri creativi come qualcosa che tutti potrebbero fare ‘se avessero tempo…’. Ma non è così. È un lavoro che richiede professionalità, ascolto ed esperienza. E come tutti i lavori, anche quello di ‘pensare’ ha un costo”.
 
Mercuri (Gruppo Peroni Eventi) distingue le due facce della medaglia, la tutela dell’idea e della figura del creativo. “Tutelare il copyright è sempre molto difficile, in quanto non è così automatico poter puntare il dito su un cliente che ha copiato una tua idea. Cerchiamo sempre di stringere con i nostri clienti un rapporto di fidelizzazione che ci aiuta a evitare questi spiacevoli episodi. Invece, il ruolo della creatività si protegge da solo con l’originalità e la funzionalità del progetto, così come si tutela da sola la figura del creativo che viene apprezzato per aver reso l’evento un evento speciale. Sul fatto di ‘mettere a budget’ la voce ‘creatività, nonostante fino a qualche anno fa fossi un po’ scettico su questo punto, forse perché lavoravamo anche in modo diverso e con aspettative diverse da parte del cliente, oggi sono assolutamente ed è una voce che difficilmente viene messa in discussione dal cliente”.
 
Thiebat (Alfaomega) individua nell’atteggiamento dell’agenzia la chiave per trasmettere al cliente l’importanza del contributo creativo presentato. “Non riteniamo che ci sia qualcosa da tutelare. Quello che noi facciamo è portare avanti, lavorando con cura, coerenza e fedeltà al proprio ‘stile’, un processo di evoluzione culturale per rendere gli interlocutori consapevoli del fatto che un evento è l’esecuzione della soluzione a una necessità di comunicazione. Ovviamente, anche la creatività è uno degli item cha vanno a comporre il valore del progetto. Certo, non è così facile, anche perché la relazione con il cliente passa per la dimensione della negoziazione commerciale, e la tentazione di intervenire sulle voci i budget più immateriali è forte. Noi crediamo però sul mercato sia fondamentale distinguersi e questo lo si ottiene anche difendendo strenuamente il valore di un’idea”.
 
VALORE ALLE IDEE!
 
Come promuovere la cultura della creatività come valore portante per lo sviluppo e il futuro di questo Paese? Come far capire che creatività, ricerca tecnologica, arti e culture giovanili rappresentano un’incredibile risorsa?
 
Io ci sto facendo una rivoluzione! - sottolinea Accatino (Filmmaster Events) -. E ho 20 proposte da sottoporre, che vanno dalla tutela del lavoro creativo, alla formazione e all’aggiornamento professionale, al sostegno alle imprese della creatività... Leggete e firmate la petizione - siamo a quota 16.000 - su www.change.org/rivoluzionecreativa o sul sito www.creativi.eu. Credo che per raggiungere gli obiettivi siano fondamentali l’impegno da parte di tutti e la partecipazione attiva alla vita sociale e politica. Spesso le aziende, quando richiedono un evento, si comportano come se andassero da uno stilista ma pretendessero di pagare solo i metri di stoffa… Bisogna cambiare la mentalità! Alziamo la voce, tutti noi. Voi compresi. Perché senza creatività, come direbbe in compianto Gianfranco Funari, andremmo per stracci…”.
 
Anche per Maggi (Gattinoni), le aziende danno troppo poca importanza al valore creativo. “O meglio, la ritengono una voce sempre troppo cara. Dimenticandosi che l’idea creativa è alla base dell’evento, è la radice attorno a cui si sviluppa tutto. Il cambio di mentalità deve partire dagli addetti ai lavori e, piano piano, essere trasferito ai clienti. Perché il mondo della pubblicità può permettersi certi budget e gli eventi no?”.
 
Pavanini (NewtonLab) suggerisce di dare spazio a clienti che sappiano apprezzare il valore delle idee e non partecipare a gare che non valorizzino il talento e la creatività, anche se, a suo parere, sono fortunatamente sempre meno. “Ultimamente sempre più clienti si rendono conto che la creatività è la base di un progetto e può determinarne il successo o il fallimento. Se si è chiari fin dall’inizio i clienti apprezzano l’importanza dell’idea e magari cercano di ‘limare’ su altre voci. Nel nostro piccolo, scegliamo di non lavorare per chi non riconosce il valore della creatività. Bisogna abituare i giovani al concetto che la creatività ‘può pagare’! A livello più ampio, non penso debba essere un tema oggetto di azioni legislative - in Italia ci sono già fin troppe regole - ma più che altro di cultura del valore. Siamo il Paese della qualità, del design, della classe, dobbiamo prendere consapevolezza del nostro valore e applicarlo in tutte le cose che facciamo”.
 
Secondo Mercuri (Gruppo Peroni Eventi), bisogna lavorare sul cliente. “Il cliente è il fattore numero uno: bisogna essere bravi a portare la cultura della creatività anche tra i clienti più ostili a questo aspetto, spesso erroneamente spaventati da quanto un’idea possa incidere sul budget oppure da quanto il ruolo stesso del creativo possa incidere sul costo totale dell’evento. Le idee spesso servono per ridurre il budget proponendo soluzioni creative che sanno raggiungere l’obiettivo in modo efficace ed efficiente. Bisogna trasmettere questo concetto. E poi…dare spazio ai giovani, farli emergere, coltivare i talenti come fiori!”.
 
Per impedire che il non riconoscimento del valore della creatività porti a un impoverimento generale delle proposte, Thiebat (Alfaomega) sostiene che la strada è… continuare a crederci. “Non mollare. Continuare a proporre al mercato progetti di elevato contenuto creativo e di pensiero. Continuare a ‘evangelizzare’ chi non riesce a comprendere che un evento non è un problema di tavoli, sedie, luci, schermi e hostess, ma è un problema di cosa dire e come dirlo. Il futuro è di visionari e poeti. I tempi che viviamo sono da un certo punto di vista tempi di grande libertà: crollati paradigmi e certezze, si naviga a vista. Non possiamo decidere dove soffierà il vento, ma esperienza, cultura, intuito e creatività, ci aiutano a condurre al meglio la nave. I mestieri creativi hanno questo potere e insieme questa enorme responsabilità”.

Serena Roberti