NC
NC n.104 | Da brand a friend, i nuovi linguaggi dello storytelling
L’espressione ‘from Brand to Friend’ riassume la necessità e la tendenza odierna dei marchi ad avvicinarsi sempre di più ai propri consumatori. Nell’ambito del branded commerce, dove il marchio e l’esperienza di acquisto si fondono, l’es- senza di una narrativa efficace è radicata nella costruzione di una relazione quasi amicale con i consumatori. Una sorta di ‘umanizzazione’ delle aziende, che rispecchia la tendenza a rendere i marchi più accessibili e vicini a tutti. Tutto ciò si traduce anche nella necessità di creare un dialogo con i clienti e relazioni basate sulla crescente fiducia reciproca e sull’accettazione da parte dei brand che i consumatori più fedeli partecipino alla creazione della storia e costruzione dell’identità del marchio. Nel mare di messaggi, esperienze e contenuti di oggi, le persone sono principalmente alla ricerca di storie riconoscibili che riguardino le loro vite e le aiutino ad affrontare le questioni fondamentali del presente. Empatia, fiducia e connessione tra brand e consumatori si costruiscono in un percorso, condividendo insieme valori ed esperienze. Nella comunicazione come nella vita, c’è un calcolo tra azioni, parole, comportamenti e il loro impatto. Come raccontano i protagonisti delle nostre interviste.
Luca Oliverio (Cernuto Pizzigoni & Partners): “Siamo nell’economia dell’esperienza”
Mettiamoci un attimo nei panni dei consumatori: sono distratti da centinaia di contenuti prodotti da amici, persone che stimano e sconosciuti che però ti fanno scoprire qualcosa di nuovo. Siamo immersi in un continuum di esperienze, quelle vissute in prima persona e quelle esperite per mezzo di terzi. Ecco, direi che siamo entrati nell’economia dell’esperienza. Le persone acquistano esperienze da socializzare. Si è passati dall’acquisto di ‘segni’, perché attraverso il loro possesso si potesse raggiungere la ‘felicità’, a un nuovo paradigma: l’acquisto di emozioni da vivere come viaggi, massaggi, cene, esperienze. Tutto ha un solo grandissimo scopo: farci emozionare e poter condividere queste emozioni con i nostri cari. Il possesso è oggi finalizzato - estremizzando il discorso - all’esperienza che posso raccontare, condividere e mettere in mostra. In questa prospettiva, diventa centrale costruire brand che, prima di tutto, facciano vivere esperienze affinché il cliente sia orgoglioso di possedere quel momento di attenzione da parte dei suoi amici. Per gli imprenditori e i marketing director significa vendere non solo il pro- dotto ma tutto ciò che dal prodotto può nascere. Riprendendo Seth Godin: non è importante che un trapano faccia un buco al muro, ma che possa mostrare il risultato del mio lavoro alle persone e che possa sen- tirmi orgoglioso di essere un buon padre, un buon marito e così via. Per le agenzie vorrà dire non incastrarsi nella costruzione di contenuti ma nella generazione di valore esperienziale attraverso team innovativi che sappiano coniugare creatività, strategia, content e produzione.
Andrea Rosagni (Meloria): “Nella comunicazione, come nella vita, c’è una matematica tra azioni, parole, comportamenti e i loro effetti”
Oggi non servono promesse estemporanee se poi non si è in grado di mantenerle, non basta parlare di eccellenza, intelligenza o eleganza, i brand devono dimostrarle in tutto ciò che dicono, nel come si raccontano, in quello che fanno, e le occasioni non mancano. È qui che entra in campo lo storytelling. L’empatia, la fiducia e il legame tra brand e consumatori sono frutto di un processo, si costruiscono in un percorso, insieme, condividendo valori ed esperienze. Gli amici, come i prodotti si scelgono, e per quanto in tantissimi ci ruotino intorno, sono pochi quelli che ci entrano nel cuore. Entrambi hanno un’identità definita, il loro carattere e sanno cosa ci piace, conoscono le nostre abitudini e parlano la nostra stessa lingua. Soprattutto ci sono quando serve. Qualche volta possono uscire dai binari, ci sorprendono o mostrano lati di loro che non conoscevamo - opportunità che sarebbe un peccato non cavalcare - in generale devono essere coerenti. Nella comunicazione, come nella vita, c’è una matematica tra azioni, parole, comportamenti e i loro effetti. Certo, con qualche inspiegabile e imprevedibile eccezione, ma quelle capitano in entrambi i mondi.
Paolo Gervasi (I Mille): “Il racconto si deve fondare sull’incontro tra una tensione sociale rilevante per le persone e la promessa fondamentale del brand”
Nell’affollamento attuale di messaggi, di esperienze e di contenuti, le persone cercano soprattutto racconti che siano rilevanti, che abbiano a che fare con le loro vite e li aiutino a elaborare le questioni fondamentali del presente. Per questo quando impostiamo un nuovo racconto per un’azienda la nostra prima domanda è sempre: in quale tensione culturale ci stiamo muovendo? Quale fenomeno sociale, economico, psicologico affrontiamo con il nostro racconto? In che modo la nostra storia tocca la vita concreta delle persone, le loro paure e aspirazioni, i loro desideri e bisogni? Una volta individuata questa tensione, cerchiamo di capire in che modo l’azienda la elabora attraverso il proprio lavoro. Da quale angolazione specifica il brand guarda a quel problema, che risposte e soluzioni può offrire, che significato ha quello che fa per l’esistenza delle persone. Su questa ‘verità del brand’ poi costruiamo il racconto, che può prendere forme diverse, può diventare una campagna, un brand manifesto, lo storytelling di un sito o un piano editoriale. Ma l’importante è che ogni incarnazione del racconto si fondi sull’incontro tra una tensione sociale rilevante per le persone e la promessa fondamentale del brand.
Andrea Sinisi (Initiative): “Creare racconti di marca che siano sul pezzo rispetto al contesto, che spingano a sposare prodotti e cause di cui il brand si fa portavoce”
L’espressione ‘da Brand a Friend’ sintetizza la necessità di trasformare un brand in un amico e questo implica anche dargli un’accezione più ‘umana’ che lo renda più avvicinabile e vicino alle persone. Il tutto si traduce nella necessità di creare un dialogo con i propri clienti e una relazione che si basi su una fiducia reciproca sempre maggiore e sull’accettazione da parte delle marche che i propri consumatori più fedeli entrino a far parte della creazione dello storytelling di marca e nella costruzione della sua identità. Il consumatore oggi è in continua evoluzione, è difficile inserirlo in un cluster rigido e immodificabile, perché la stessa realtà in cui viviamo cambia molto velocemente e dunque anche le necessità e i bisogni sono mutevoli. La nostra impostazione, volta allo studio culturale dei fenomeni che ci circondano è di grande supporto nell’elaborazione delle strategie media a cui lavoriamo, e si sintetizza nel nostro concetto proprietario di Cultural Velocity. Le agenzie hanno il compito di creare storytelling ‘up to date’, ovvero dei racconti di marca che siano sul pezzo rispetto al contesto nel quale viviamo, che colpiscano le persone spingendole poi ad acquistare un bene o servizio, ancor meglio se sposando le cause di cui il brand stesso si fa portavoce. La chiave per poter fare bene questo lavoro è spingere al massimo la lettura e l’interpretazione dei dati, ma crediamo sia necessario anche abbracciare un nuovo paradigma di considerazione della relazione marca e consumatore: noi lo chiamiamo Fame & Flow. È la nuova proposta e promessa di Initiative al mercato, la naturale evoluzione del nostro approccio Cultural Velocity che ha contraddistinto finora le nostre strategie. Interpretiamo le esigenze del mondo circostante diventando un alleato ancor più presente nella costruzione delle strategie dei nostri clienti. Ci impegniamo ancor di più a entrare nel merito delle dinamiche culturali proprie della relazione tra persone e brand attraverso un processo innovativo, denominato appunto Fame & Flow: due facce della stessa medaglia che si uniscono per un unico obiettivo di crescita. Prima ci concentriamo sulla costruzione della Brand Fame e di tutti gli aspetti strategici connessi con una partecipazione attiva alla conoscenza di marca per poter essere efficaci nelle azioni di comunicazio- ne e poi lavoriamo sul Flow supportando il cliente e bilanciando la connessione tra contenuti, tool, esperienze, equilibrando al meglio l’esperienza di customer journey e intervenendo prontamente di fronte a dinamiche che ostacolano il percorso del brand. Abbiamo già utilizzato questo approccio su diversi progetti e ne stiamo assaporando le potenzialità che possono generare innumerevoli output con una notevole crescita per i brand.
Federico Saccani (Caffeina): “Lo storytelling deve essere solido, coinvolgente e costruito su basi reali”
Il tema centrale, quando si guarda alla comunicazione contemporanea, credo sia la credibilità, soprattutto se si vuole suddividere la suddetta comunicazione in due macro-categorie: quella che funziona e sa ‘sfondare’ le barriere del consumatore in contrapposizione a quella che invece rimane funzionale solo nei reparti marketing. Lo storytelling deve essere solido, coinvolgente e costruito su basi reali, siano esse offline oppure online. Questo significa, ad esempio, non lasciarsi ingolosire a tutti i costi da uno ‘strumento’ che va di moda, ma comprendere sempre in che modo la nostra storia può essere differenziante nel flusso della quotidianità delle persone. Non tutti i brand possono permettersi le stesse trovate, neppure le stesse piattaforme, figuriamoci gli stessi toni di voce; ecco dunque che la credibilità dello storytelling diventa il discrimine per la scelta dei canali, del media e di tutto ciò che riguarda una campagna. A quel punto sì che il mezzo o il colpo di scena possono fare la differenza.
Davide Schioppa (Podcastory): “Autenticità, ascolto attivo, personalizzazione, qualità, innovazione e collaborazione”
In un’era in cui il consumatore è costantemente alla ricerca di esperienze nuove, servizi personalizzati e prezzi accessibili, le agenzie e le aziende devono adotta- re strategie innovative per creare uno storytelling che risuoni profondamente con il pubblico. Come fondatore di una casa di produzione di podcast specializza- ta in branded content, posso evidenziare alcune chiavi di volta essenziali:
- Autenticità: in un mondo sovraccarico di contenuti, l’autenticità è fondamentale. Le storie che raccontiamo devono provenire da un luogo di verità e sincerità, permettendo ai consumatori di connettersi emotivamente con il brand.
- Ascolto Attivo: dobbiamo ascoltare attentamente il nostro pubblico. Comprendere le loro esigenze, desideri e aspirazioni ci permette di creare contenuti che rispondano direttamente alle loro richieste.
- Personalizzazione: grazie alle tecnologie moderne, possiamo ora offrire contenuti su misura per segmenti specifici del nostro pubblico. Questo non solo aumenta l’engagement, ma rende anche ogni ascoltatore o spettatore come se il contenuto fosse stato creato appositamente per lui. - Qualità: anche se il prezzo è una considerazione, la qualità non dovrebbe mai essere compromessa. Un contenuto di alta qualità non solo attira l’attenzione, ma stabilisce anche la fiducia e la lealtà del brand.
- Innovazione: il mondo dei media è in costante evoluzione. Dobbiamo rimanere al passo con le ultime tendenze e tecnologie per garantire che i nostri contenuti siano sempre freschi e rilevanti.
– Collaborazione: lavorare con creator, esperti del settore e altri partner può arricchire il nostro storytelling, portando nuove prospettive e ampliando la nostra portata.
Alessandro Scali (Tembo): “Trasformare il brand in un amico fidato, costruendo rapporti di comprensione, impianto valoriale condivisi, rispetto e autenticità”
Creare un rapporto profondo e duraturo con i consumatori è un po’ come coltivare un’amicizia. Richiede ascolto, comprensione, empatia e, soprattutto, autenticità. Nell’ambito del branded commerce, dove il marchio e l’esperienza di acquisto si fondono in modo così stretto, l’essenza di una narrativa efficace è radicata nella costruzione di una relazione quasi amicale con i consumatori. In questa dinamica, il primo passo è ascoltare e comprendere a fondo il nostro pubblico. È una sorta di danza, in cui impariamo i ritmi, le preferenze e le aspettative dei consumatori, adattando il nostro modo di comunicare in modo che risuoni con loro su un livello profondo.
Infine, la nostra capacità di adattarci ai mutamenti e alle novità può distinguere un marchio che rappresenta un punto di riferimento solido da uno che è semplicemente conosciuto. L’essere pronti a evolverci, imparare e crescere accanto al nostro pubblico assicurerà una narrazione sempre attuale, pertinente e up to date. In conclusione, attraverso una profonda comprensione e un genuino impegno verso il nostro pubblico, miriamo a trasformare il brand in un amico fidato, costruendo un rapporto basato su reciproca comprensione, impianto valoriale condiviso, rispetto e autenticità.
Veronica Ponti (twenty8studios): “Question what it. Provoke what could be. Make it magical”
La chiave fondamentale che guida 28 Studios è il nostro metodo distintivo: il QPM - Question what is. Provoke what could be. Make it magical. Questo approccio pone sempre al centro delle nostre ope- razioni le persone a cui ci rivolgiamo e, di conseguenza, il successo del nostro cliente. Il QPM si caratterizza per la sua capacità di sfidare costantemente gli status quo, mettendo in discussione le sfide, gli obiettivi, i target e i preconcetti. Questo ci permette di affrontare ogni progetto con uno sguardo fresco, orientato al mercato e privo di pregiudizi. La sua essenza consiste nel provocare nuove prospettive e scenari, aprendo la strada a soluzioni creative che possono generare opportunità inedite per il raggiungimento degli obiettivi. Il QPMTM si nutre della tempestività, della qualità e dell’immaginazione tipici di 28 Studios. Elementi che ci permettono di lasciare un’impronta indelebile e di superare la sfida dell’invisibilità per ogni brand.”
MARINA BELLANTONI