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Festival Of Media Global 2 – L’Intelligenza Artificiale? Nessun dubbio: è il futuro del marketing e della comunicazione
(Dal nostro inviato Tommaso Ridolfi). Per parlare del futuro dell’advertising, Emi Gal (nella foto), software engineer e imprenditore, fondatore di Brainient, acquisita da Teads 6 mesi fa, è partito da lontano: più precisamente da un foglietto stampato in Gran Bretagna da William Caxton attorno al 1470, affisso sulle porte delle chiese o consegnato a mano ai passanti nei dintorni di Westminster per avvisare i potenziali interessati della pubblicazione di un libro – il primo annuncio pubblicitario in lingua inglese di cui si abbia traccia. Da lì si è passati alla stampa, poi alla rado e alla televisione, ai banner, fino ai social media e al mobile:
"Oggi, grazie al programmatic, il targeting è migliorato parecchio e anche la creatività ha fatto passi avanti – ha osservato il Ceo di Teads Studio –, ma di fondo si continua a mostrare lo stesso annuncio a chiunque su qualunque mezzo, e da questo punto di vista è cambiato molto poco”.
L’adv del futuro, ha spiegato Gal con particolare riferimento al video, sarà invece molto, molto diverso. “Sarà interattivo, mobile, data driven e conversazionale – sostiene Gal –: l’interattività 2.0 sarà molto più avanzata di quella che oggi possiamo solo provare a immaginare; il formato non sarà più quello orizzontale di origine televisiva, ma quadrato o verticale – ma già oggi, grazie a un apposito tool messo a punto da Teads, è possibile adattare una campagna in questo senso; capace di estrarre dati e informazioni in tempo reale dal comportamente dei consumatori; e soprattutto sarà alimentato dai chatbots e dalla voice”.
Oggi ci sono già diversi esempi di pubblicità costruita utilizzando tool che aiutano a decidere quali impression acquistare, a quali consumatori rivolgersi, e sempre di più anche quale creatività mostrare a ciascuno di loro. Anche se molte sono solo sperimentazioni – ma nel giro di pochissimi anni si tratterà di pratiche comuni – i risultati sono sorprendenti. “Ciò che rende e renderà possibile tutto ciò è proprio l’Intelligenza Artificiale, grazie alla sua capacità di imparare, all’accesso ai dati e alla sua efficienza sempre più alta a costi sempre più bassi. Il deep learning di cui si sente spesso parlare è proprio questo: la capacità delle macchine di replicare il modo in cui funziona il cervello umano”.
È un corollario della Legge di Moore, secondo la quale, detto in estrema sintesi, la potenza dei microchip raddoppia ogni 18 mesi: “In pochissimi anni, dal riconoscimento dei contorni, delle forme e dei pattern di un’immagine la tecnologia si è talmente evoluta che siamo arrivati ormai al riconoscimento facciale e oltre. I computer sono oggi in grado di riconoscere gli oggetti raffigurati in un’immagine più velocemente e meglio degli uomini. Ma questo è solo l’inizio, perché proprio per la Legge di Moore entro il 2025 la velocità di elaborazione dati dei computer sarà superiore a quella umana. Tanto è vero che le macchine e gli algoritmi che ne sono alla base sono già ora in grado di replicare il processo artistico delle persone, creando opere artistiche come quadri o composizioni”.
Gal ha quindi suggerito ai brand, ai publisher e alle agenzie alcuni consigli per prepararsi al meglio a questo futuro: “Costruire team multidisciplinari in cui creativi e ingegneri lavorino insieme; investire in una propria data strategy attraverso la costruzione di DMP proprietarie dove far confluire i dati provenienti dai social, dalla search, dal mobile, dal CRM aziendale, dai punti vendita e dall’online; imparare quanto più è possibile sull’argomento. Per esempio leggendo questi tre libri – ha concluso il suo intervento –: The Innovator’s Dilemma di Clayton Christensen, che insegna come scoprire i trend prima che diventino mainstream, The Circle di Dave Eggers, e Superintelligences di Nick Bostrom”.
REALE E VIRTUALE: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA

La digital transformation? Ormai è acqua passata, perché il cambiamento e l’innovazione quotidiana sono un pre-requisito per la sopravvivenza di qualsiasi brand. “Si può dire che l’era della digitalizzazione è iniziata con la nascita dell’iPhone – ha esordito Hugo Pinto (foto a sinistra), Innovation Officer COC di IBM –, mentre oggi stiamo assistendo a un processo inverso, al digitale e al virtuale che si mescolano e ‘ritornano’ al mondo fisico e reale. L’obiettivo dell’advertising non è più quello di generare impression o click, ma ordini. Mettendo al centro di tutto un aspetto fondamentale: il focus sulle aspettative dei consumatori in termini di human experience. Come ci insegna Amazon, l’ultima esperienza soddisfacente sperimentata da ciascuno di noi in qualsiasi situazione diventa il benchmark di riferimento sulla base del quale confrontiamo e misuriamo la soddisfazione di ogni altra esperienza”.
Ora che qualsiasi elemento fisico può diventare un touchpoint digitale, ha proseguito Pinto, ciascuno di questi sta implementando le proprie capacità digitali nel mondo fisico. Cosa vuol dire esattamente? Che a guidare la human experience e la rivoluzione del marketing sarà il ‘cognitive computing’, una tecnologia che permette da un lato di sfruttare quantità di dati ‘non strutturati’ sempre più massicce, e dall’altro all’uomo di interagire con le macchine in linguaggio ‘naturale’.
“Se scriviamo nella barra di Google ‘non mostrarmi gli elefanti rosa’ – ha aggiunto Pinto –, il risultato che otteniamo è… una serie di immagini di elefanti rosa! Grazie all’Intelligenza Artifiale non è più così. È vero che siamo ancora molto indietro dal punto di vista dell’insegnare alle macchine come muoversi e interagire con il mondo fisico, ma siamo molto avanti nel fornire loro insight e capacità di analizzare sempre più numerosi aspetti del nostro linguaggio, del nostro tono di voce ai concetti che esprimiamo, per esempio l’ironia, fino alla personalità che manifestiamo (ndr: si può testare questa capacità al link http://bit.ly/personalityinsights di IBM, che inserendo alcuni nostri dati sull’uso dei social media restituisce un ritratto a 360 gradi sulla nostra personalità). E tutto questo non attraverso la scansione e l’analisi semantica di una pagina scritta o il conteggio delle parole, ma anche in tempo reale attraverso un video”.
Pinto ha mostrato alcuni esempi di ciò che è in grado di fare Lucy – un sistema di cognitive computing fondato su IBM Watson e costruito per le esigenze specifiche dei marketer – come strumento di ricerca, di targeting e di planning che risponde in tempo reale a qualsiasi domanda posta in linguaggio naturale su ogni aspetto della comunicazione e della pianificazione.
“Quale sarà e come sarà il futuro? Difficile prevederlo con sicurezza. Abbiamo ancora una lunga serie di problemi abbastanza banali da risolvere, e per farlo servirà molta creatività. Non è solo una questione di regole, ma di decisioni da prendere. Per esempio, pensando al progetto Neuralink di Elon Musk (ndr: la start up che intende creare dispositivi da impiantare nel cervello umano per connetterlo direttamente ai computer), ognuno di noi può avere reazioni diverse al pensiero di ciò che ci aspetta: entusiasmo, timore, o semplice curiosità. Quel che credo sia indispensabile – ha concluso Pinto – è l’adozione di un ‘cognitive marketing responsabile’”.