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THINK, GroupM e Teh - Ambrosetti. L'intelligenza artificiale tout court non basta, per essere un buon CEO servono anche capacità squisitamente umane
Intelligenza artificiale, robotica, Internet of Things, l'innovazione tecnologica è continua e avrà delle conseguenze importanti anche sull'attività dei CEO. Se ne è parlato in occasione del panel 'La rivoluzione tecnologica e il nuovo ruolo dei Ceo', andato in scena nell'ambito della seconda edizione di 'Think - Change for Tech' , l'evento organizzato a Milano da GroupM e The European House Ambrosetti (leggi news).
Moderati da Paolo Borzatta, senior partner The European House Ambrosetti, sono saliti sul palco Maximo Ibarra (KPN), Melany Libraro (Schibsted Italy), Massimiliano Magrini (United Ventures) e Luca Vergani (Wavemaker Italia).
"Senza dubbio esistono già alcune tecnologie che consentono di prendere decisioni in modo più veloce ed efficiente, eliminando l'aspetto emotivo - ha esordito Magrini, Fondatore e Managing Partner di United Ventures - . E' fuor di dubbio che già oggi ad avere maggior successo sono le organizzazioni che vantano una maggiore capacità di analisi dei dati".
Secondo Libraro, Ceo di Schibsted Italy, è tuttavia importante non perdere il contatto con l'azienda e con i professionisti che vi lavorano. "Il management deve restare strettamente connesso alla cultura aziendale e avere il polso del livello di soddisfazione e di engagement del personale - ha affermato la manager - . Si tratta di uno dei suoi compiti principali che certamente non può essere svolto dagli algoritmi".
Di fatto l'intelligenza artificiale può essere utile per svolgere i compiti più ripetitivi, che possono essere portati a termine in modo automatizzato. E' quanto a sottolineato Vergani, VP Commercial di GroupM Italia e Ceo di Wavemaker Italia. "Non possiamo competere con i robot sul piano della capacità di processare grandi quantità di dati, ma è interessante notare come ad esempio a fronte di una pianificazione sempre più automatizzata ci sia una maggiore necessità di consulenza da parte delle aziende, poiché hanno bisogno di avere dei partner che siano in grado di integrare e armonizzare le diverse soluzioni", ha spiegato il manager.
"Un Ceo deve da un lato prendere delle decisioni e dall'altro controllare l'andamento delle diverse attività - ha detto Ibarra - . Penso che l'AI possa intervenire nella fase di controllo e vada intesa come un ottimo suggeritore, che non potrà mai sostituire l'essere umano".
Anche perché, parliamoci chiaro, nel fare impresa ci sono una buona dose di decisioni che vengono prese 'di pancia' e non sulla base di freddi algoritmi, talvolta anche assumendosi dei rischi.
"Non dobbiamo dimenticare che la costruzione del senso e del contesto, così come la verifica di alcuni aspetti, restano appannaggio della capacità umana - ha sottolineato Magrini - . La tecnologia è certamente un grande abilitatore, ma non può sostituire in toto il nostro lavoro".
Peraltro ci sono anche dei rischi nell'utilizzare solo le capacità 'tecnologiche', come ha messo in evienza Vergani. "Spesso gli algoritmi tengono poco in considerazione il consumatore finale e tendono a 'chiudere gli orizzonti', impedendo di trovare nuove strade - ha affermato il manager -. Pensiamo ai suggerimenti che ci vengono dati quando ci accingiamo a scegliere un film su Netflix: le proposte sono in linea con quanto abbiamo guardato in precedenza, ma non considerano il fatto che magari possiamo aver voglia di cambiare e di prendere una direzione differente. Per questo motivo è fondamentale non innamorarsi della tecnologia a tutti i costi ma sfruttarla solo se davvero può essere utile a raggiungere in modo più efficace gli obiettivi di business".
D'accordo Ibarra: "L'intelligenza artificiale ci aiuta a linearizzare i cambiamenti e a renderli più semplici, ma non è in grado di dare quella connessione empatica che talvolta ci spinge a cambiare velocemente percorso", ha dichiarato il manager.
E poi c'è un'altra sfida da affrontare: quella di far percepire alle persone all'interno dell'azienda che una determinata tecnologia è davvero utile. "Per avere successo è fondamentale abbassare il livello di asimmetria informativa", ha affermato Magrini. "Adottare una tecnologia non basta, tutti all'interno dell'azienda devono comprenderne il senso, mentre spesso questo passaggio non avviene".
Già, perché comunicare un messaggio chiaro all'interno di una organizzazione è tutt'altro che semplice. "La tecnologia può dare una grossa mano ad organizzare al meglio le attività che si svolgono, ma per trasmettere una strategia e dei valori aziendali occorre un grande sforzo empatico ed emotivo che una macchina non è in grado di compiere", ha dichiarato Ibarra.
Eppure non mancano casi in cui l'utilizzo della tecnologia e dell'analisi dei dati ha fatto davvero la differenza. L'esito del referendum sulla Brexit e le elezioni americane docent.
"I dati sono essenziali, ma non dobbiamo pensare che una volta che si possiedono il gioco è fatto - ha messo in guardia Libraro -. Bisogna creare il giusto team ed embeddarlo all'interno dell'azienda ed è questo l'aspetto più faticoso. Ottenere dei dati oggi è piuttosto facile, molto più complesso è averli organizzati bene".
"I dati possono essere anche molto pericolosi, la componente umana è fondamentale perché bisogna fare molta attenzione a come li si utilizza", le ha fatto eco Vergani.
E poi, se l'AI fosse una questione all'ordine del giorno soltanto per i business più innovativi?
"Affatto, anche i business tradizionali hanno spazi ampissimi di sofisticazione", ha detto Ibarra. "Tutto sommato, immaginare che un domani in un board possa sedere anche un robot è uno scenario interessante, forse si eviterebbe un po' di 'bla bla' generico che non porta a nulla", ha chiosato il manager.
Serena Piazzi