Marketing

Marketing Forum 2009, il business a portata di mano

Si sono aperti, quest’oggi, i lavori della 14esima edizione dell’evento annuale organizzato da Richmond Italia. Per due giorni i principali esponenti della marketing community sono riuniti a Gubbio, nella suggestiva cornice dell’ex convento dei Cappuccini. Obiettivo: “Trovare gli strumenti per addomesticare il lupo e superare la crisi”.

(Gubbio, dal nostro inviato Mario Garaffa). Dopo anni trascorsi a bordo di navi da crociera e due edizioni nella city milanese, il Marketing Forum approda tra i colli umbri, a Gubbio, presso il 'Park Hotel ai Cappuccini', un ambiente decisamente intimo e raccolto, che facilita una forte interazione tra i circa 200 partecipanti. L'evento, organizzato da Richmond Italia, si pone l'obiettivo di far incontrare i principali esponenti della marketing community italiana: da una parte gli exhibitors, in totale 31, ossia i titolari e rappresentanti delle agenzie fornitrici di servizi, e dall'altra i 90 delegates, ossia i manager di area marketing e comunicazione delle principali società, come, per esempio, Piaggio group, Unilever Italia, gruppo Sangemini e Giorgio Armani, solo per fare alcuni nomi. Tra conferenze plenarie, workshop tecnici e incontri 'one to one' i partecipanti si incontrano e si scambiano informazioni, case history, idee e suggerimenti trasformando i loro business in attività condivise e, dunque, a portata di mano, in vista, magari, di un futuro contratto da chiudere non appena tornati a casa. E poi, come spiegano Claudio Honegger (nella foto), e Pietro Cerretani , rispettivamente amministratore unico e business & project director Richmond Italia, tramite le occasioni di confronto proposte dal Marketing Forum è possibile mettere a fuoco quegli strumenti e quelle strategie che sono utili per "addomesticare il lupo e superare la crisi".

Il paradosso 'caffè, gelato, pizza'

I lavori del summit sono stati aperti, questa mattina, da Jacopo Barigazzi, special correspondent di NewsWeek , con l'intento di definire lo scenario entro cui ci stiamo muovendo. Nonostante le forti potenzialità del nostro sistema paese, l'Italia appare, agli occhi della comunità internazionale, come una nazione dalle capacità sostanzialmente inespresse. È il paradosso CGP, ossia 'caffè, gelato, pizza', come lo definisce Barigazzi. Se i nostri prodotti 'tipici' hanno sfondato a livello internazionale grazie a imprese straniere come Starbucks Coffe, Pizza Hut, Coffee Republic e Haagen-Dazs, e non attraverso società italiane, vuol dire che c'è qualcosa che non funziona. Significa che "l'italian life style riscuote successo nel mondo non grazie agli italiani, ma nonostante gli italiani". Per risollevarsi, l'economia italiana dovrebbe innanzitutto aver consapevolezza delle proprie eccellenze, e da esse partire per generare innovazione. Senza dimenticare il consumatore e le sue evoluzioni. Siamo immersi nell'economia del debito, afferma Barigazzi, e ciò determina una situazione di 'affluent deprivation', ossia l'impoverimento dei ceti medi: tasse più alte, minor accesso al credito e maggior bilanciamento tra reddito e consumo determinano una rimodulazione dei comportamenti di acquisto dei consumatori. Le aziende che, nella loro offerta di prodotti, non tenessero conto di queste trasformazioni non possono che risultare penalizzate.

Archeomarketing, la soluzione nel proprio dna

Innovare non significa dimenticare il passato. Anzi. La storia può diventare garanzia della qualità di un prodotto, a patto di saperla raccontare, perchè la memoria è un processo che va costruito con attenzione e rispetto dell'autenticità. È il ragionamento di Fabrizio Contardi, marketing manager Birra Peroni, che, nell'ambito del forum, ha condotto un interessante workshop intitolato 'La rivincita della storia'. In un contesto in cui i consumatori sono travolti dal proliferare di prodotti e servizi spesso presentati come novità imperdibili e, in realtà, portatori di progressi minimi, le aziende potrebbero riscoprire il fascino della propria storia e rendersi conto che la valorizzazione del passato può essere una risorsa su cui puntare perché unica, differenziante e facile da reperire.
È il territorio dell''archeomarketing', come lo definisce Contardi, una tipologia particolare di marketing che, grazie al suo portato emozionale, può contribuire a far crescere sensibilmente il brand. Documenti, fotografie, filmati, registrazioni audio, campioni di prodotto, prototipi, cataloghi, collezioni e materiale pubblicitario d'epoca sono alcuni dei suoi ingredienti principali. L'importante è non tradire la verità di ciò che è stato. Ed è per questo che nel museo d'impresa non devono mancare gli eventuali momenti difficili vissuti dalla marca.
Come ha fatto Peroni che, in concomitanza con la riapertura, nel mese di aprile 2009, dello stabilimento barese distrutto lo scorso luglio a causa di un grave incendio, ha deciso di lanciare, in tutta la Puglia, la campagna stampa 'Uniti oggi più di ieri'. L'iniziativa è basata su una suggestiva fotografia d'epoca, risalente al 1959, in cui si vede un folto gruppo di tifosi del Bari calcio dietro a uno striscione che con la scritta 'Birra Peroni'. Un bell'esempio di come un gruppo di persone e un'azienda sappiano risollevarsi anche nei momenti più difficili.

Il consumatore multicanale

I consumatori interagiscono tra loro e con le imprese utilizzando un numero di strumenti e canali in continuo aumento. In tale moltiplicazione dei punti di contatto, un ruolo importante è svolto dai mezzi digitali. Nel corso del seminario intitolato 'Digital watch in a multichannel: consumatori e aziende di fronte al cambiamento', Andrea Boaretto, responsabile progetti area marketing della School of Management del Politecnico di Milano, ha descritto uno scenario in cui internet svolge un ruolo sempre più importante nella vita quotidiana delle persone.
In Italia, dati di marzo 2009, si contano 22 milioni di navigatori che rimangono connessi, in media, 56 minuti al giorno; gli utenti che utilizzano il web 2.0 sono 16 milioni; e coloro che accedono a social network e community sono circa 12 milioni. Si tratta di numeri importanti, che le aziende non possono trascurare. Però occorre stare attenti: le imprese che volessero sfruttare le potenzialità di internet, soprattutto nella sua versione 2.0, non possono credere che basti aprire un profilo su Facebook sul quale caricare i comunicati stampa. Bisogna comprendere le reali potenzialità del mezzo, fare emergere il valore delle persone che stanno dietro al brand e valorizzare la natura interattiva e fondata sulla reciprocità che è tipica di internet. Perché, almeno sul web, aziende e cittadini sono sullo stesso piano.