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VideoContent Centri Media e Concessionarie/5. Engagement, fiducia e valore per mettere i dati al centro della relazione fra brand, media e utenti
L’ultimo panel del VideoContent dedicato a Centri Media e Concessionarie è stato dedicato a una riflessione sul futuro del Digital: un universo molto più ampio, complesso e frammentato rispetto al passato, che secondo i dati dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico con oltre il 47% assorbe ormai una quota maggioritaria del totale mercato adv italiano. In tale scenario, però, fra cookies in via di sparizione e dati di prima parte provenienti da CRM evoluti, ‘unire i puntini’ per estrarre insight e valore dai sempre più numerosi dati grezzi diventa ogni giorno più complicato: ma di quali dati e di quali strumenti oggi non è più possibile fare a meno per pianificazioni consumer driven ma al tempo stesso rispettose della privacy delle persone?
“Sono una grande amante della montagna – ha esordito Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM – e per rispondere a questa domanda voglio usare una metafora alpinistica: mettiamola così, ci stiamo approcciando a scalare un 8.000 in stile alpino, quindi senza portage, senza ossigeno, senza corde fisse e così via. Sappiamo che la scalata sarà ardua e il percorso sarà lungo, ma ci stiamo preparando a fare in modo che questi ‘puntini’ continuino ad avere un valore. Lo facciamo utilizzando dei nuovi sistemi che ci aiutano a continuare a creare valore per i nostri clienti. Gli strumenti utilizzati fino a oggi stanno prendendo forme nuove e diverse: li stiamo attualizzando e continuano a essere, diciamo così, il ‘basic’ sul quale montare le pianificazioni digitali. È vero che ci troviamo in un contesto ricchissimo di dati: ma anche se quelli di terza parte che abbiamo utilizzato fino a ieri non sono o non saranno più disponibili, ci vengono incontro i dati di prima parte. Ci stiamo perciò attrezzando per diventare delle ‘cinture nere’ nel gestire questi dati di prima parte: e gestire non significa solo metterli in una buona forma ma estrarne valore da dare ai nostri clienti. Tutto questo si integra con tutti gli aspetti della tecnologia più avanzata, come Machine Learning e Intelligenza Artificiale, con l’obiettivo di consegnare ai clienti risultati di business. In un mondo che sta cambiando velocemente, quindi, stiamo accompagnando i clienti delle agenzie del Gruppo nel gestire questo nuovo mondo, questa grande difficoltà nel mettere i puntini giusti: soprattutto non rimanendo indietro, ma essendo sempre un passo avanti per coglierne le grandi opportunità”.
Prodotti ‘digital first’
Se fino a qualche anno fa la classificazione di ogni mezzo era tutto sommato abbastanza chiara, stampa, televisione e radio si autodefinivano, nell’era Internet è cambiato tutto con la proliferazione di quelle che si definiscono Digital Extension dei mezzi tradizionali. Come sono cambiati di conseguenza e quali sono oggi i criteri secondo i quali una concessionaria sviluppa i suoi prodotti digitali?
“Già da tempo sviluppiamo, disegnamo e progettiamo i nostri prodotti in un’ottica Digital First – racconta Federica Francica, Responsabile della Unit Digital Development di 24 Ore System –, con l’obiettivo di intercettare e assecondare le abitudini di consumo dei contenuti informativi da parte delle nostre audience. Ovviamente, man mano cerchiamo sempre più alzare l’asticella e spostarci verso un concetto di neutral platform, dove il contenuto diventa liquido e pervasivo e non conta più il mezzo su cui lo fruisce il device o il luogo da cui lo intercetti. Ciò che conta è il valore informativo del contenuto che l’utente sta guardando in quel momento, naturalmente declinato sulle specificità degli entry point sui quali deliveriamo i nostri prodotti a livello di gruppo: dal quotidiano che conosciamo tutti alla radio, dagli eventi digital all’on-field e a tutta la parte di contenuti audio, quindi podcast, fino ad arrivare addirittura ai servizi voice. Alla fine, per noi l’importante è mettere il valore del contenuto al centro della costruzione dei prodotti digitali: è quello il protagonista e il pilastro fondamentale attorno a cui poi progettiamo in tutti gli step previsti i prodotti digitali, partendo banalmente dal disegno del layout, per andare verso l’implementazione delle micro e delle macro funzionalità per poi cadere alla fine alla User Experience. È importante quindi creare non solo prodotti ma veri e propri contesti a valore aggiunto sia per gli utenti che per gli investitori”.
Lato utente lavoriamo sulla dinamicità e sulla flessibilità della gestione del contenuto, sulla possibilità di offrire all’utente finale e alla nostra community di ascolto dei contenuti che abbiano un livello di multimedialità sempre maggiore: dalle news in real time, ai video, dai podcast alle infografiche a supporto di una fruizione più completa del contesto che stanno in quel momento consultando. Allo stesso tempo cerchiamo di utilizzare degli strumenti di contenuti correlati basati su livelli di personalizzazione diversi, e contemporaneamente dare loro una visione completa del panorama informativo di cui disponiamo, cercando di attivare delle modalità di accesso veloce e semplice anche a contenuti di approfondimento ed è l’altro pilastro che ci contraddistingue come gruppo.
Sul lato degli investitori, come dicevo prima, creiamo dei vari e propri contesti multimediali di grande valore che i clienti possono utilizzare come strumento per entrare in dialogo con i propri target di riferimento. Nello stesso tempo supportiamo questi progetti ampi di comunicazione, monitorando e misurando tutti i KPI tradizionalmente adibiti a misurare il livello di attenzione dell’utente verso i contenuti che sta consultando. Parliamo della viewability, del contesto affine all’advertiser, di viewthrough rate fino poi ad arrivare al ‘super KPI’ dell’Attention. Lo facciamo prendendo parte attiva a progetti finalizzati all’investigazione di tutti gli strumenti tecnologici che possono fornirci una misurazione puntuale dei KPI, e costruendo parallelamente dei percorsi di studio dei nuovi indicatori e delle nuove strategie di misurazione per definire a 360 gradi il customer journey dell’utente. E restituire così all’investitore modalità di pianificazione altamente qualitative”.
Sotto il segno dell’integrazione
Ad affrontare il tema da una diversa angolazione è Domenico Genovese, Managing Director di Plan.Net Italia, la società Martech di House of Communication - Gruppo Service Plan: “Il focus di Plan.Net sul Martech non è solo una risposta all’evoluzione del mercato, che è un processo che va avanti da tempo sebbene abbia avuto un’accelerazione nel corso degli ultimi anni per i motivi che conosciamo bene, ma è la volontà di migliorare e far evolvere il servizio che offriamo ai clienti come Gruppo – dice Genovese –. Il nome Casa della Comunicazione/House of Communication non è solo un brand ma è la nostra modalità di lavoro, di organizzazione e di rapporto con i clienti, che si basa principalmente sull’integrazione delle 3 anime del gruppo: il mondo creativo, il mondo media e il mondo tecnologico. Questo significa non avere per forza e sempre un paradigma che portiamo a ogni cliente, ma reagire di volta in volta con la migliore offerta. Per esempio, idee creative geniali con il giusto supporto e la giusta amplificazione dal punto di vista tecnologico: e viceversa, per i clienti per cui siamo principalmente fornitori di tecnologia, avere delle strutture e delle proposte che siano a loro volta migliorate dal giusto guizzo creativo. Quest’approccio si è tradotto anche in strutture dal punto di vista delle professionalità, nella creazione in house e nella ricerca sul mercato di figure nuove. Un esempio è il customer journey planner: una persona che sia non solo in grado di rapportarsi con il cliente, anche quando abbiamo davanti organizzazioni ancora basate su silos che tra di loro comunicano poco, ma anche al nostro interno, che parli con i diversi specialisti e proponga di volta in volta al cliente la soluzione migliore per il suo problema”.
A livello di stack tecnologico, ha proseguito Genovese, non c’è, in questo momento, una soluzione che vada bene per tutti e anche i cambiamenti dal punto di vista regolamentare hanno fatto vacillare qualche certezza del mercato. “Il tema per noi è sempre quello dell’integrazione del mondo adv con il mondo dei dati in generale, avendo però ben chiare tre macro aree. Una è quella del tracciamento di tutti i touchpoint, proprietari e paid, su cui i brand comunicano e su cui i brand operano: perché è il modo, soprattutto in ambito digital adv, per raccogliere e guadagnare conoscenza degli utenti ai quali ci si rivolge. Non è una novità, e le piattaforme che usiamo già permettono da tempo di raccogliere e di avere in cambio della fruizione dell adv molte informazioni preziose. Oggi la sfida è quella di metterle a sistema con tutti gli altri punti di contatto e avere più informa- zioni possibili.
Il secondo passaggio è quello dell’organizzazione di queste informazioni e di questi dati: quindi una struttura composta da diverse piattaforme, in cui il nome principale in questo momento è quello delle Customer Data Platform, perché la morte o la lenta agonia dei cookie, visto che la loro vita viene prolungata ormai da un bel po di tempo, hanno già dato la direzione. Il fatto che continuino a essere una tecnologia valida, quanto meno per una parte del mercato, rendono ancora difficile la transizione, perché non siamo obbligati al 100% ad abbandonarli come tracciamento. Ma la CDP, soprattutto per i clienti che hanno modelli di business che prevedono sia vendita digitale (eCommerce) che punti vendita fisici, permette di raggiungere quel Sacro Graal che è l’identificazione univoca degli utenti.
Una volta raccolti, organizzati e puliti questi dati, occorre analizzarli per trarne degli insight: conoscere che cosa vuole l’utente permetter di fornirgli nella fase di delivery e di erogazione – e arriviamo al terzo blocco – la comunicazione migliore. Nel 2007 il New York Times stimava in 5.000 i messaggi pubblicitari a cui ogni utente era sottoposto ogni giorno: non esiste una ricerca aggiornata ma si stima che siamo arrivati al doppio, cadendo quindi nel rischio dell’affaticamento pubblicitario. A qualche cliente abbiamo infatti consigliato di minimizzare il numero di contatti col singolo utente, mirando piuttosto a essere il più possibile chirurgici nella personalizzazione e quindi costruire dei customer journey che permettano di dare valore all’utente, riducendo i contatti e massimizzando i risultati. Il tema fondamentale è che i tempi impongono spesso ai clienti di lavorare con un orizzonte temporale di breve termine, mentre lo sviluppo dello stack tecnologico, la sua ottimizzazione e soprattutto il lavoro sui dati richiedono un orizzonte di medio lungo periodo”.
Sconfinando nel futuro, dal Web 3.0 al Metaverso e alle future opportunità dell’universo digitale: come cambieranno le cose in questo prossimo scenario?
“Al momento non esistono soluzioni pronte all’uso o che vadano bene per ogni settore o per ogni brand: servirebbe una strategia diversa. Noi ci stiamo muovendo in due modi. Prima di tutto, cercando di costruire competenze che ancora sul mercato nemmeno esistono, abbiamo creato due team interni cross agenzia: uno dedicato al mondo web 3, in cui facciamo rientrare per semplicità anche il Metaverso; e un altro piu’ giovane, dedicato al mondo dell’Intelligenza Artificiale. La ricetta che proviamo a seguire, la stessa che suggeriamo anche ai clienti, è fatta di pochi semplici passi: dedicare a questo ambito delle risorse, non solo in termini di budget ma anche di tempo e persone; non approcciarlo solo per ottenere visibilità a breve; essere creativi e coinvolgere la community per avere in cambio delle informazioni con cui sviluppare poi progetti effettivamente people centric”.
Data-driven: on & off line
Parlando di quantità e qualità dei dati, occorre muoversi con la massima attenzione, soprattutto quando i dati sono quelli dei consumatori e sono protetti: da un lato dalla regolamentazione, dall’altro dal desiderio di privacy delle persone. Come ci si sta orientando per tenere conto da un lato della tanto discussa e annunciata morte del cookie di cui abbiamo parlato poc’anzi, e dall’altro dello sviluppo di tutti gli altri media ormai anch’essi sempre più digitali?
“Mi ricollego alla metafora ‘alpinistica’ di prima – risponde Federica Setti –, dicendo che ci stiamo avvicinando alla punta in modo safe, perché sappiamo che raggiungere la vetta di un Ottomila in stile alpino non è facile. Lo abbiamo fatto prendendo atto e analizzando un mondo che sapevamo sarebbe cambiato: quel momento è quasi arrivato e la fine dei cookie di terza parte si avvicina. Se all’inizio ne eravamo preoccupati, poi ce ne siamo occupati: ora stiamo traducendo tutto ciò in soluzioni grazie innanzitutto al supporto di Choreograph, la nostra data company internazionale, che ci sta dotando di tutti gli strumenti abilitanti per gestire questo mondo che cambia. Questi tool vanno a inserirsi all’interno di strumenti già esistenti e ci permettono di continuare a lavorare secondo le logiche di pianificazione che abbiamo utilizzato fino a oggi: quindi un approccio data-driven online e un approccio data-driven anche offline.
In Italia, inoltre, abbiamo una straordinaria società che si chiama Acceleration: un team di consulenti che supporta le agenzie e i clienti delle agenzie nella loro digital transformation producendo point of view, prodotti e soluzioni per affrontare e gestire le nuove dinamiche di questo mondo dopo il ‘Cookiegeddon’, il cui impatto non sarà solo sul mondo prettamente digitale ma anche sulle nuove forme che il digital sta assumendo: dalle Connected Tv, per la quale in GroupM abbiamo una società dedicata alle soluzioni più all’avanguardia, alle nuove forme di Digital Out of Home, con Xaxis. In sostanza, il nostro compito è quello di accompagnare le agenzie e i clienti del Gruppo nella trasformazione digitale, cercando di essere sempre un po’ più avanti degli altri: soprattutto non inseguendo il passato ma guardando al futuro. Di soluzioni, esperienze e case history partite dalla gestione del dato di CRM per arrivare a portare eccellenti risultati di business ne abbiamo molte: non solo per i clienti più innovativi, ma anche per aziende che si stanno avvicinando alla gestione di una mole sempre maggiore di dati in settori come il Largo Consumo, l’Automotive e altri ancora”.
Focus sull’engagement
Il piano industriale approvato e ufficializzato lo scorso marzo dal Gruppo 24 Ore indica nella digitalizzazione dei prodotti e dei processi uno dei pillar fondamentali del suo sviluppo, e parla di ottica digital first e platform neutral, di mettere al centro innovazione e utilizzo dei dati di fruizione della customer base: c’è un invito esplicito ad accelerare sotto molteplici aspetti, ma bisogna capire come si procederà operativamente e concretamente per supportare questo piano.
“La premessa – risponde Federica Francica – è che la direzione che abbiamo davanti è quella di potenziare ulteriormente il nostro ruolo di di Media Group di riferimento, in termini di informazione e di strumenti, a supporto della business community del nostro paese. In questo contesto è impensabile non fare i conti con tematiche quali il futuro cookieless, la GDPR e l’attenzione crescente verso la tutela della privacy. Di conseguenza, da un lato i prodotti digitali hanno un ruolo chiave, ma d’altro canto mai come adesso il tema del dato rappresenta un punto centrale di riflessione e di discussione. Diventa perciò assolutamente vitale riconsiderare e rimettere al centro la raccolta dei dati di prima parte, dati ovviamente proprietari che si generano e si collezionano grazie alle interazioni dirette dell’utente con i prodotti digitali, sito, app o quant’altro. Ma i dati di prima parte forniscono generalmente solo informazioni di base e bisogna cominciare a ragionare sulla raccolta dei cosiddetti ‘Zero Party Data’, tutte quelle informazioni più qualitative, con un livello di dettaglio maggiore e collegate ad aspetti più personali di come è fatto un consumatore, relative alle sue preferenze e alle sue intenzioni d’acquisto. Queste informazioni possono generalmente essere raccolte tramite diversi ‘opt in’ – dai sondaggi ai quiz al Gaming, addirittura alle social stories – e una volta abbinate ai dati di prima parte permettono di ricostruire un ritratto più preciso dell’utente anche senza cookie.
Gli Zero Party Data sono del resto legati a un meccanismo e a una logica di scambio con l’utente, che è disposto a cederli nel momento in cui riceve qualcosa che percepisce come di valore, di vantaggioso in termini di prodotto, di contenuto o di servizio. In questa dinamica l’engagement dell’utente è fondamentale e ha un ruolo chiave nella data acquisition grazie alla quale possiamo progettare prodotti digitali capaci di creare un sistema relazionale di fiducia, che facilita il consenso al trattamento dei dati, e la costruzione di community verticali utilizzabili nella segmentazione. A quel punto, progettare le pianificazioni pubblicitarie attraverso strategie di profilazione che compensino il sovraffollamento con la precisione chirurgica, permette agli investitori di attivare progetti di comunicazione veramente efficaci”.