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Gruppo Peroni Eventi: l'agenzia? Partner creativo, libero di osare e generare visione

Il gruppo promuove un cambiamento di paradigma nel settore degli eventi corporate: il rapporto tra agenzia e azienda deve passare da un legame puramente esecutivo a una vera alleanza strategica e co-progettuale continua, basata sulla fiducia. Peroni chiede di ridefinire le regole, superando i briefing vaghi e la percezione della creatività come semplice "merce", per generare esperienze realmente efficaci e sostenibili per tutti.

Per Gruppo Peroni Eventi, il rapporto ideale tra agenzia e azienda/cliente non può più essere solo esecutivo, ma deve trasformarsi in una vera alleanza strategica e progettuale. Un legame continuativo, fondato su fiducia, condivisione e corresponsabilità, che permetta all’agenzia di contribuire alla visione dell’evento fin dalle fasi iniziali, e non solo alla sua realizzazione.

In questa intervista, Fabian Peroni, ceo del Gruppo, approfondisce come il settore degli eventi corporate stia cambiando, mettendo in discussione pratiche consolidate come la gara creativa, spesso penalizzante e insostenibile per le agenzie. Si parla di valore della consulenza, di compensi, di briefing mal strutturati e della necessità di un nuovo patto di collaborazione tra brand e agenzia, dove la creatività non sia ‘merce’, ma leva strategica riconosciuta e tutelata.

Un cambiamento di paradigma che richiede apertura, visione e il coraggio di ridefinire le regole. Peroni sottolinea l’urgenza di superare modelli obsoleti e di creare relazioni basate sulla co-progettazione e sul riconoscimento concreto del pensiero strategico. Solo così sarà possibile generare esperienze realmente distintive, efficaci e sostenibili per tutte le parti coinvolte.

Come si è trasformato il rapporto azienda-agenzia negli ultimi anni? Qual è il vostro ‘modello ideale’ di rapporto agenzia-azienda nel 2025?

Nel contesto dell’organizzazione di eventi corporate, il rapporto azienda-agenzia si è profondamente trasformato negli ultimi anni, spinto da cambiamenti culturali, digitali e organizzativi. Fino a pochi anni fa il rapporto era spesso di tipo esecutivo: l’azienda forniva un brief dettagliato, e l’agenzia eseguiva. Il focus era sulla logistica e l’efficienza, più che sulla strategia o l’innovazione e il coinvolgimento era spesso ‘a progetto’ e poco continuativo.

Oggi le aziende cercano partner creativi e strategici, non solo esecutori, con una relazione che si sta spostando da ‘cliente-fornitore’ a alleanza progettuale continuativa.

Il nostro modello ideale di rapporto agenzia-azienda è una partnership strategica e non solo operativa. L’agenzia dovrebbe partecipare ai tavoli decisionali, contribuendo alla visione dell’evento e non essere solo coinvolta nella delivery. Una collaborazione continuativa e non solo spot con una relazione a lungo termine che permetterebbe di conoscere davvero il brand, i valori e gli obiettivi, con benefici in termini di efficacia, coerenza e costi. 

In un mondo perfetto auspicherei ad un rapporto in cui l’agenzia non solo esegue, ma progetta insieme all’azienda, prendendosi anche responsabilità sui risultati in un clima di fiducia che consenta all’agenzia di osare, proporre soluzioni fuori schema, contaminare linguaggi ed esperienze.

Parlando di rapporto agenzia-cliente è necessario toccare un tema sempre attuale: la gara creativa. Quali sono oggi le principali criticità oggi nei processi di selezione e briefing?

Il modello della gara creativa è sempre più messo in discussione, soprattutto nel contesto attuale dove tempo, risorse e idee hanno un costo concreto. Pur essendo ancora molto diffuso, non è più sostenibile né efficace nel modo in cui viene spesso applicato.

Le agenzie investono decine o centinaia di ore per sviluppare idee complesse, spesso senza compenso e senza garanzie. Questo comporta un enorme dispendio economico e umano, spesso insostenibile per le strutture più piccole o più creative.

C’è mancanza di dialogo reale in cui il pitch tende a essere una vetrina unidirezionale, con brief spesso poco approfonditi o mal strutturati. Non c’è spazio per interazione, chiarimenti e confronto con l’agenzia che lavora ‘al buio’.

Le idee vincono più per scenografia o impatto visivo, che per solidità, sostenibilità o coerenza strategica. Spesso si premia l’effimero più che la fattibilità o la visione a lungo termine con il reale rischio che alcune aziende usano i pitch per attingere liberamente a idee senza poi assegnare l’incarico o utilizzando spunti senza riconoscere il merito.

Le principali criticità nei processi di selezione e briefing possono essere elencate in:

  • Obiettivi vaghi, target non definiti, mancanza di insight o vincoli tecnici fondamentali.
  • Senza una base solida, il lavoro creativo rischia di essere fuori asse.
  • 4–5 giorni per ideare eventi da centinaia di migliaia di euro.
  • Il tempo diventa nemico della qualità e favorisce soluzioni standardizzate.
  • Nessun riconoscimento economico per il tempo e l’energia spesi. 
  • Questo dequalifica il lavoro creativo e lo rende “merce”.
  • Nessun ritorno alla fine della gara, nemmeno per motivare l’1sclusione.
  • Nessuna occasione di apprendimento o relazione post-pitch.

Secondo voi, il valore consulenziale e strategico dell’agenzia è adeguatamente riconosciuto economicamente? Cosa si potrebbe migliorare?

Domanda centrale e attualissima: il valore consulenziale e strategico dell’agenzia raramente è riconosciuto in modo proporzionato, soprattutto nel mercato degli eventi corporate, dove il focus rimane spesso sulla parte esecutiva e sul contenimento dei costi.

Le agenzie vengono pagate per ciò che fanno, non per ciò che pensano e il valore creativo viene percepito come “accessorio” rispetto alla gestione logistica/operativa. Le ore spese in strategia, concept, ricerca e benchmark spesso non sono valorizzate lasciando passare questo servizio come “dovuto”. Purtroppo anche sulle fee e i compensi c’è molta poca cultura, oggi ci sono Clienti che non vogliono neanche vedere la voce di fee o pagare la creatività.

Francesca Fiorentino