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NC SPECIALE ’20 E ALTRI 20’. Dal Sasso (Nielsen): “Il brand activism è un mantra a cui le aziende devono adattarsi”

Riferimento globale nella misurazione dell’audience, nei dati e nell’analisi, l’istituto di ricerca fornisce da sempre fotografie aggiornate sui gusti e le tendenze dei consumatori e del mercato. Grazie al suo osservatorio privilegiato, rappresenta un interlocutore ideale per tracciare la storia della comunicazione degli ultimi quattro lustri.

Chi meglio di Nielsen può aiutarci a tracciare gli step che hanno caratterizzato la comunicazione negli ultimi vent’anni? Grazie alle sue analisi, ricerche e sondaggi ha fotografato i gusti e le tendenze che si sono avvicendate negli anni, aiutando i consumatori a capirsi di più e le aziende a cavalcare i trend per rispondere al meglio alle sempre nuove necessità del mercato. Aiutati da Alberto Dal Sasso, adintel mediterranean cluster leader Nielsen (in foto sotto), iniziamo questo viaggio, per capire come sono cambiati nel tempo il consumatore, la sua fruizione dei media e la comunicazione in generale.

 

20 anni di Adc Group, 20 anni di comunicazione. Quali gli step più significativi? Quasi una generazione. Siamo passati dalla X generation alla generazione Alfa. Vent’anni in cui il mercato della comunicazione è passato attraverso quattro crisi diverse, il 2002 era l’anno della crisi legata allo scoppio della bolla internet che alcuni di noi ricordano, ma so- prattutto la crisi dei mutui subprime che ha portato una frenata mai vista a partire dagli anni ‘80 ripetutasi in Italia in particolare nel 2012, anno che portò alla caduta del Governo e il rischio della ‘Troika’ nel nostro Paese a quasi rischio default. In mezzo a questi ‘down’ ricordiamo nel 2018 il record di raccolta arrivata a sfiorare i 10 miliardi di euro, per poi arrivare al Covid-19 che ci ha riportato ai livelli di inizio secolo e alla ancor più recente guerra in Ucraina.

 

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Ha citato avvenimenti di grande rilievo...Quale influenza hanno avuto non solo sulla comunicazione, ma anche sulla fruizione dei diversi media? Era noto prima della pandemia, lo è diventato ancora di più oggi il fatto che le dimensioni macroeconomiche sono di grande influenza sul mercato della comunicazione in generale. Non è banale ricordare come la globalizzazione sia un fatto consolidato anche in comunicazione. Durante la pandemia - una crisi che ancora oggi è difficile da definire economicamente ed ancora di più se riferita al mercato della comunicazione - abbiamo visto succedere le stesse identiche situazioni in tutto il mondo a differenza di qualche settimana. Audience e streaming importanti e in qualche caso crescenti e investimenti in assoluta controtendenza. Le situazioni rivelatesi a inizio secolo e poi soprattutto negli anni ‘10 del nuovo secolo sono state caratterizzate inizialmente da una contrazione delle esportazioni a seguito della crisi finanziaria proveniente da oltreoceano. A questo è seguita una frenata di consumi e investimenti (PIL 2009: -5.5%, pubblicità -13,7% il peggior risultato negli ultimi 40 anni, ndr). La crisi pandemica ha colto tutti di sorpresa e le imprese hanno inizialmente sospeso gli investimenti, ma subito dopo hanno ripreso a investire per sostenere la domanda che si è velocemente ripresa nel 2021. Ora, con la nuova guerra in Europa ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale nella geopolitica che non sappiamo ancora valutare negli effetti a medio termine e la recente storia non ne aiuta l’interpretazione, a maggior ragione sul comparto pubblicitario.

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Quale contributo ha dato il digitale alla comunicazione?

Il digitale è stato il protagonista del cambiamento del mercato in Italia e nel mondo, perché ha cambiato le nostre vite e per molti versi le ha facilitate. La pandemia è stata solo la punta dell’iceberg che ha accelerato un movimento che era già in atto da anni. Il contributo del digitale alla crescita del mercato è stato determinante, basti pensare che dall’anno in cui sono cominciate le rilevazioni del fenomeno pubblicitario digitale, vale a dire dal 2005, a oggi, il Cagr (tasso di crescita medio ponderato) del mercato è stato dello 0,3%, quello del comparto digitale del 24,7%, una crescita di quasi cento volte superiore.


Com’è cambiato il consumatore negli ul- timi 20 anni? Potremmo riassumere questo cambiamento con una semplice espressione: dallo storytelling allo storydoing. Questa non è un’analisi sociologica, che non mi appartiene, ma prettamente economica. È un’osservazione del cambiamento dettato soprattutto dall’evoluzione della tecnologia. Vent’anni fa non si sentiva parlare di brand activism, oggi è diventato un mantra a cui le aziende, se vogliono stare al passo con l’evoluzione delle abitudini, devono adattarsi. Prendere posizione su temi come l’attivismo politico-sociale, ambientale, legale ma anche verso l’ecosistema interno è oggi nel dna di molte (ancora forse non abbastanza) grandi organizzazioni. Le nuove generazioni come la Zeta e l’Alfa sono cresciute con questo tipo di consapevolezza e le aziende dovranno fare parecchia strada insieme a loro se desiderano continuare a produrre valore, per loro stesse e la collettività.

 

Quali sono i mezzi più gettonati oggi e perché? Da quali fasce d’età? Ci troviamo anche in questo caso obbligati a ricorrere ai temi definiti dalle generazioni (Baby Boomers, X, Y, Z e Alfa) che anche in termini di fruizione e di fiducia sono cresciute con un utilizzo dei mezzi classici differente. Una cosa va sottolineata: in tutto il mondo, e anche in Italia, si va verso una dicotomia digitale vs video, che nei paesi avanzati ormai si suddividono una quota che è intorno al 90% della torta del mercato pubblicitario. Ovviamente, gli investimenti seguono il cambiamento nella fruizione dei mezzi soprattutto delle generazioni interessanti dal punto di vista dei consumi, ed ecco che qui la differenza di fruizione diventa un paradigma fondamentale da considerare. Si pensi all’uso dei social, degli influencer, al cambiamento di fruizione della tv che con il digitale si è trasformata in maniera preponderante e ha separato in molti casi le famiglie: Baby Boomers e X gen legate alla cosiddetta ‘sofa tv’, Y sulla digital tv, Z ed Alfa sui nuovi social... unico denominatore comune: il video.

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Pensiamo ai prossimi 20 anni. Quali cambiamenti pensa potrebbero caratterizzare il settore della comunicazione? Se avessero chiesto nel 2005 quale sarebbe stato il futuro dei mezzi credo nessuno avrebbe parlato del lancio dell’iPhone avvenuto nel 2007, e per questa ragione non mi piace fare previsioni. Credo però di non sbagliarmi riferendomi alla tecnologia come al vero driver del cambiamento e dell’evoluzione. I trend sono tracciati e faccio principalmente riferimento allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, alle tecnologie di elaborazione del linguaggio naturale e a quelle di riconoscimento basate sulle immagini, al Robotic Process Automation, alla realtà mista e all’Iot. Gli sviluppi della comunicazione andrebbero cercati in queste direzioni.

 

LA STAMPA

Dal 2002 a oggi come è cambiato l’appeal della carta stampata?

La crescita della stampa si è arrestata nel 2007, anno in cui è cominciato il declino. In quell’anno la quota di investimento dedicato alla carta stampata era superiore al 34%, quindi un euro su tre investito dalle imprese finiva sulla stampa, oggi siamo intorno all’8%. La carta stampata è quella che ha sofferto di più il cambiamento e l’innovazione portati dal digitale, ma è un’e-voluzione naturale e gli stessi prodotti editoriali oggi li troviamo sia in formato cartaceo che in formato digitale.

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Quale riverbero ha avuto l’ascesa del digitale sulla tenuta del mezzo? C’è stato un periodo in cui è venuta a mancare la percezione della qualità delle Testate storiche a garanzia della bontà e veridicità dell’informazione da parte della platea dei lettori. Il concetto del tutto a disposizione for free e la possibilità di costruirsi una dieta informativa ‘a la carte’ ha portato una parte del pubblico a trascurare la garanzia di qualità dell’informazione, che significa, garanzia della ricerca di fonti attendibili, qualità e professionalità delle redazioni e attenzione al prodotto editoriale. Il tema delle fake news e la rinnovata necessità di un fact checking credo abbia riportato al centro la necessità di fiducia che solo un brand editoriale forte può garantire. Il digitale e il cartaceo sono solo due punti di contatto finali che ancora una volta fanno riferimento alle diverse generazioni, ma non hanno a che fare con il contenuto.

 

Come hanno reagito gli editori?

Gli editori hanno reagito puntando tutto sulla ricostruzione della credibilità delle testate, organizzando e ottimizzando la raccolta del digitale. Non poteva che essere altrimenti, per controbattere e bilanciare il problema di cui si è parlato sopra. Non credo sia oggi più di grande attualità parlare della distinzione tra carta e digitale, se non per alcune sfumature come per esempio i contenuti premium o modalità di fruizione alternative. Ancora una volta gli editori hanno cercato di dare al pubblico quello che oggi esso stesso si aspetta, in ogni sua declinazione generazionale.

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TELEVISIONE

Quali cambiamenti invece per la tv in questi quattro lustri?

Se pensiamo che nel maggio 2002, si firmava al Cremlino il trattato sulla riduzione degli armamenti nucleari strategici tra Putin e JW Bush, è chiaro che oggi viviamo in un tempo ben diverso. Questi 20 anni (dall’introduzione dell’euro ad oggi, ndr) hanno cambiato le abitudini di vita di noi italiani e non solo. In quel periodo 1 euro su 2 era investito in tv, la pubblicità su Internet era mutuata dalla carta stampata (banner, ndr), non esistevano gli smartphone che sarebbero stati introdotti da Apple solo cinque anni dopo, l’unica grande novità rispetto al lancio della tv commerciale avvenuto negli anni 80 era stata la tecnologia satellitare che aveva portato in Italia la Pay-Tv.

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Da allora il mondo della tv si è evoluto secondo la strada tracciata dall’innovazione tecnologica, che ha portato nuovi operatori a muoversi seguendo nuove regole del business, e non mi riferisco alle normative. I grandi cambiamenti si concentrano negli anni ‘10 del nostro secolo e sono un mix tra introduzione di nuovi device (come l’iPad, ndr) e nascita di nuovi operatori che sbarcano nel nostro paese (come Netflix e più di recente Amazon Prime Video, ndr). Seppur con modelli di business differenti da quello pubblicitario classico, hanno spinto, insieme agli altri operatori cosiddetti Over The Top (non a caso) nella direzione della ricerca di innovazione anche nell’ambito esistente, e oggi le generazioni si trovano di fronte ad un’offerta quanto mai adatta alle proprie necessità di informazione, svago, intrattenimento.

 

Quali vantaggi offre ancora rispetto mez- zi più ‘economici’? Andrebbero fatti parecchi distinguo per rispondere a questa domanda, innanzitutto quale tv? La Linear Tv, la Svod, la Avod, solo per citarne alcuni. I confini come abbiamo detto sono di difficile definizione, è chiaro che la tv come la abbiamo conosciuta tra la fine dello scorso secolo e l’inizio del nuovo non è più la stessa di adesso, è anche chiaro che il raggiungimento di platee ampie rimane territorio della tv lineare, i concetti di targhettizzazione spinta volgono in direzioni differenti, senza mai dimenticare le abitudini delle generazioni Z e Alfa che non parlano più di tv, ma di video e sono abituate a formati editoriali di differente concezione.

La tv lineare come stile di fruizione rimane il punto, per ora fondamentale anche per gli investimenti. L’evoluzione ha portato e porta continuamente all’ingresso di nuovi operatori nel mondo pubblicitario con logiche differenti da quelle a cui per anni siamo stati abituati, più internazionali e globalizzate. Non mi riferisco solo agli Ott o agli operatori come Netflix o Hulu, ma anche ai produttori di device che hanno un’opportunità ulteriore di accrescere i loro business.

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E in futuro? Quali cambiamenti per la comunicazione televisiva? Si amplierà ancora di più la dicotomia tra necessità di raggiungere ampi pubblici (grandi eventi soprattutto live) e la necessità di targhettizzazioni spinte supportate dalla tecnologia. Il dibattito sarà sempre più orientato a temi normativi a tutela della privacy, già oggi ne vediamo i primi segnali, nella animata discussione a Bruxelles sui temi del Digital Services Act e Digital Market Act, per non parlare della Cookies Deprecation che stanno caratterizzando già oggi i temi sul tavolo degli operatori.

 

RADIO

La Radio, quanto è cambiata?

La radio è un mezzo che definirei affidabile che ha risentito dell’arrivo e della concorrenza del digitale in misura minore rispetto ad altri mezzi, e lo dicono le quote stabili intorno al 4% già nel 2002 come oggi, e il Cagr (tasso di crescita medio annuo) dell’1,3% simile a quello del totale mercato (+1.0%). Quindi possiamo definirlo un mezzo cui le aziende hanno sempre dedicato un’attenzione costante dal punto di vista pubblicitario, seppure non così rilevante rispetto alla sua potenzialità. Va anche detto che è un mezzo che ha a disposizione potenzialità enormi se riferite all’ascolto digitale in mobilità, come webradio verticali e soprattutto podcast, ma non sono completamente sfruttate.

 

Quali elementi influenzeranno lo sviluppo futuro del mezzo?

Le linee di sviluppo sono dettate dal digitale e dai suoi sviluppi per l’ascolto in mobilità, si stima che già oggi siano circa 15 milioni gli ascoltatori di podcast in Italia e questo numero è senza dubbio destinato a crescere. Anche in questo caso, come detto per il video la concorrenza si è allargata ad operatori internazionali legati allo streaming e agli aggregatori che hanno un po’ modificato le regole di ingaggio del mercato.

 

INTERNET

Anche Internet è evoluto negli ultimi vent’anni. Cosa può dirci in proposito? Abbiamo parlato dell’evoluzione del digitale e delle sue influenze sui cambiamenti di fruizione dei media nella parte iniziale del nostro discorso. Quello che possiamo aggiungere è che rispetto all’era pionieristica del digitale come mezzo pubblicitario, che possiamo fare risalire in Italia dalla metà degli anni ‘90 del secolo scorso (la nascita di IAB in US data 1996) sino alla metà degli anni “zero” di questo secolo, con la pubblicazione delle prime stime sui dati di investimento in Italia. Certo dai primi banner alla situazione attuale che ha, come abbiamo detto, pervaso anche gli altri mezzi, condizionandone in positivo o in negativo le performance negli anni, ne è passato di tempo e non è semplice riassumere gli accadimenti in poche righe. Si tratta di un’evoluzione orientata dagli sviluppi tecnologici sia interni al web e quindi (mi perdonerete la semplificazione) nel software, ma anche nell’hardware rappresentato dai devices mobili, dagli smart speakers e dalle connected TV, per fare alcuni esempi seppur non esaustivi. La pubblicità targettizzata con estrema precisione e il cambio di paradigma commerciale come il programmatic advertising credo siano state due linee di sviluppo che ne hanno caratterizzato la dimensione e la collocazione attuale.

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Come è evoluto il loro peso all’interno del ‘paniere’ digitale? Quali vantaggi hanno rispetto agli altri mezzi? I social media sono forse gli ultimi arrivati nel paniere di scelta del mix di investimento delle aziende ma pesano ad oggi circa un terzo del totale investimenti del digitale, quindi un euro su tre viene dedicato ai social e la quota è cresciuta negli ultimi anni. Il social media, significa anche video e soprattutto influencer marketing, si stima che l’81% delle aziende che hanno investito in social abbia lavorato utilizzando gli influencer, ed è una percentuale destinata a crescere soprattutto nell’investimento dedicato, vista l’evoluzione di quest’area. Parliamo oggi di micro influencers e brand ambassadors in un’area che sconfina verso il branded entertainment, e anche in questo caso è difficile assai tracciarne i confini.

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Pensiamo ai prossimi 20 anni. Quali cambiamenti attendono la comunicazione digitale? La stessa domanda formulata nel 2002 avrebbe avuto una risposta sicuramente fuorviante, come abbiamo già rilevato. Non è possibile fare previsioni, o almeno non per me a 20 anni perché come abbiamo detto sarà sempre di più la tecnologia a guidare il futuro anche nell’advertising industry. Le uniche due cose che possiamo rilevare sono legate al fatto che que- sta industry dovrà sempre di più riguadagnare “trust” nei confronti delle istituzioni e dei consumatori e mi riferisco alla gestione dei dati personali; la seconda e forse unica previsione è che tra vent’an- ni non ci sarà (forse) più necessità di distinzione tra digitale e no.

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OUT OF HOME

Quali cambiamenti ha vissuto l’Esterna’ e cosa l’aspetta?

È un comparto che viaggia intorno a una quota costante del 2% del mercato e che si è evoluta negli anni grazie alla mobilità, alla OohTv e al digitale anche in questo caso. Anche per questo mezzo vediamo uno sviluppo del digitale anche legato alla digitalizzazione delle città e della pubblica amministrazione sempre più spinta.

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