

NC
NC n.110. INCHIESTA AI | Un’onda potentissima da (imparare a) cavalcare
Sicuramente l’intelligenza artificiale rappresenta una vera rivoluzione, an- che in comunicazione. Ma come sta impattando sulle professioni creative e quali rischi e possibilità porta con sé? Lo abbiamo chiesto ai player della comunicazione. “Senza dubbio - esordisce Francesco Milanesio, executive creative director Triplesense Reply -, l’intelligenza artificiale ha potenziato radicalmente il nostro modo di lavorare, moltiplicando efficienza e rapidità, come nel caso della mole di immagini o di animazioni video che riusciamo a generare in pochi istanti. Stiamo speri- mentando, inoltre, anche la generazione di voce e musica”.
In generale, se da un lato l’AI migliora la produttività, dall’altro può far perdere di vista la componente umana. “Trovare il giusto equilibrio tra automazione e creatività sarà sempre più cruciale - precisa Milanesio -. In Triplesense puntiamo molto sulla centralità del fattore umano.

Sappiamo che la sensibilità, il talento e le intuizioni delle persone giocheranno sempre un ruolo chiave, non compromesso dall’avvento dell’AI. Anzi: in agenzia sono nate nuove competenze, e ogni componente dei nostri team ha messo a punto tecniche di prompt design specifiche per il proprio ambito. Un altro rischio con- nesso al massiccio uso di strumenti AI è la standardizzazione dei contenuti: l’AI si basa su modelli predittivi che possono generare risultati simili tra loro, anche tra diverse agenzie. È quindi importante monitorare il processo per preservare l’unicità della voce e della personalità dei brand”. L’avvento dell’AI è per Stefania Siani, pre- sidente Adci e ceo e cco Serviceplan Italia, una vera conquista: “Finalmente possiamo interagire con le macchine non con un linguaggio di programmazione ma con un linguaggio naturale. Rivincita degli umanisti. Il logos, la parola, la capacità di fare domande sono il talento dei filosofi. I veri prompt designer. L’intelligenza artificiale siamo noi, è parte di noi, creata da noi come interfaccia rivoluzionaria con i nostri limiti. Quello definitivo è il limite ad immaginare. Quindi sì, sta rivoluzionando e rivoluzionerà l’industria creativa. Rischio e opportunità di tutto questo oggi sono una cosa sola. Si chiamano entrambi nello stesso modo: skill shortage o skill mismatch se preferite. Perché l’intelligenza artificiale creerà una forma di disoccupazione non dovuta alla mancanza di domanda ma alla mancanza di figure professionali con competenze specifiche che non sono ad oggi disponibili sul mercato”.


Di rivoluzione, specialmente in riferimento all’AI generativa, parla anche Stefano Capraro, founder & ceo This is Ideal:
Tra i rischi dell’utilizzo dell’AI, anche la mancanza di figure professionali con competenze specifiche
“Rappresenta una tra le più grandi rivoluzioni dei nostri tempi, capace di impattare notevolmente sui flussi di lavoro nelle imprese del nostro settore, ma non solo, influenzando profondamente tutta la catena produttiva della comunicazione. Tutto il comparto creativo sta già beneficiando dei frutti dell’AI. Basti pensare alla rapidità con cui oggi, grazie all’AI, un creativo può visualizzare un pensiero o un’idea in tempi brevissimi. In termini di pensiero creativo, dunque, l’utilizzo dell’AI rende efficiente ed estremamente funzionale tutto il processo, consentendo ai team di esprimere in sintesi i concetti più complessi. Ma non è solo un tema di rapidità e sintesi. Infatti, trovando nell’utilizzo dell’AI la capacità di avvalersi di una moltitudine di dati, abilita e concretizza un vero e proprio nuovo metodo di lavoro. In pratica la AI va intesa come copilota o assistente personale”.
Il rischio è la dipendenza e la tendenza a una decrescita di competenze e meccanismi mentali tradizionalmente attribuiti ai creativi, oggi demandate alla macchina. “L’analisi critica - precisa Capraro - è l’elemento centrale per non perdere il controllo. L’AI è certamente una grande rivoluzione per tutto il comparto della creatività e della comunicazione, ma sarà tale solo se sapremo cogliere pienamente l’opportunità di mantenere l’essere umano, e le sue capacità insostituibili, al centro del dibattito”. Di rivoluzione parla anche Nicola Cellemme, direttore creativo esecutivo Armando Testa (sede di Milano): “l’AI è (e sarà) portatrice sana di rivoluzio- ni pratiche e quotidiane che ancora stentiamo a comprendere e la nostra industry è (e sarà) una delle più colpite da questo tsunami inarrestabile ed emozionante. L’impatto immediato l’ha avuto nella ve- locità di esecuzione e generazione di immagini, testi, musiche, speakeraggi, ecc.., ma la sua rapida (rapidissima) evoluzione ci fa intravedere una imminente capacità di generare idee stesse. Questo sarà il confine su cui dovremo capire come posizionarla (e come posizionarci), se come booster delle nostre capacità o se come ‘alternativa’ alla nostra professionalità, magari per motivi economici, magari per pigrizia e opportunismo. C’è chi lo farà, e dovremo lottare, consci che l’unico valore che l’AI non potrà mai sostituire è la capacità di emozionare e di pensare fuori dagli schemi. Lei nasce per ragionare all’interno di pattern ben precisi, noi creativi per l’esatto opposto.

Non vedo il rischio della perdita di posti di lavoro, le professionalità si aggiornano e lo stiamo già facendo, ma quello della perdita di dignità del nostro valore aggiunto nel ‘generare’ idee.
Qual è dunque l’approccio giusto? L’aggiornamento professionale e l’educazione, sia nelle università sia nelle scuole professionalizzanti, che devono integrare nella didattica oltre ai ‘professori’, anche i professionisti dal mondo del lavoro che stanno già sperimentando sul campo. Lato HR, la funzione aziendale più in hype del momento, è richiesto investimento di tempo e risorse nel reskill e nell’upskill urgente delle risorse interne. L’opportunità è quindi nell’acquisire le giuste competenze per monitorare l’evoluzione dell’AI e integrarla nei processi di lavoro. Perché nel futuro esisteranno due possibilità: integrare l’AI o uscire dalla competizione. Per competere sia sugli aspetti quantitativi (efficienza attraverso la riduzione dei tempi e dei costi e l’aumento della produttività) sia su quelli qualitativi (maggiore efficacia e personalizzazione delle comunicazioni). “Come ceo e cco di un’azienda - precisa Siani - sono concentrata insieme al Gruppo a integrare l’AI in tutta la value chain. Come direbbero nella metropolitana inglese il mantra non è più ‘Mind the gap’, ma ‘Close the gap’ o meglio ‘Close the AI Skills Gap’. Se fa paura?
Sì, per fortuna, perché la paura è bellissima e salva la vita”. L’intelligenza artificiale fa dunque un po’ paura, la dimostrazione è che molte agenzie la stanno approcciando timidamente. È il caso di quelle specializzate in eventi, co- me precisato da Maurizio Murciato, founder & ceo Plesh: “Spesso, le agenzie si limitano a usare gli applicativi commerciali (come ChatGPT o Midjourney, ndr) nella loro versione gratuita che dispone solo di poche funzionalità. Raramente poi dispongono di divisioni specializzate e composte da AI specialist e software engineers, e spesso i creativi e producer non hanno una formazione verticale o un’expertise ad hoc. Questo le porta a fare ‘shopping’ tra piattaforme chiuse già esistenti o a cer- care fornitori specializzati. Così facendo, le soluzioni e le idee AI-based o AI-powered sviluppate rischiano di risultare ingenue e in alcuni casi anche infattibili da un punto di vista creativo, progettuale e implementativo”.

Un’opportunità da cogliere ‘con le pinze’
“L’AI - spiega Davide Boscacci, chief creative officer accenture Song Italy, Central Europe, Greece - è un’onda potentissima che non si può far finta di non vedere: si può esserne travolti o si può cavalcare. Personalmente scarto la prima ipotesi per spirito di sopravvivenza e sposo la seconda perché è incredibilmente divertente. La problematica sta nell’adeguarsi a un mondo che cambia, l’opportunità incredibile per il nostro mercato non è tanto né la velocità di esecuzione né nei costi: se un buon livello sarà accessibile e garantito, ancora una volta il valore differenziante starà nella qualità del pensiero e delle idee”. L’impatto sarà enorme, ma l’AI Gen porterà grandi opportunità al mondo della comunicazione, offrendo un vantaggio quantitativo come possibilità di risparmiare tempo e risorse nell’eseguire progetti e nella sperimentazione di nuove idee creative. Di questa opinione è Jacopo Perfetti, co-fondatore e docente di Prompt Design, che ritiene la AI un ‘detonatore’ di creatività, che offrirà ai creativi un vantaggio competitivo per esplorare idee e progetti, trasformando l’execution in una commodity”.

E parlando di sperimentazione... l’intelligenza artificiale è essa stessa in questa fase, secondo Vicky Gitto, founder e chief creative officer GB22. Di strada ce n’è ancora da fare e oggi è caratterizzata da un notevole interesse e da vari, più o meno riusciti, esercizi di utilizzo di queste piattaforme. “Non credo - precisa - che queste ultime impatteranno negativamente sulle professioni creative, ma anzi credo saranno dei facilitatori e amplificatori delle opportunità di espressione, offrendo ai creativi come valore aggiunto, la disponibilità di un infinito archivio su scala globale che, se interpellato in modo corretto, fornisce risposte e servizi istantanei. Mi riferisco soprattutto alla realizzazione di testi, immagini, illustrazioni, animazioni video e in generale materiali che consentono ai professionisti del mondo creativo di realizzare progetti in modo molto più veloce e qualitativamente sempre più curato”. L’utilizzo di queste piattaforme dunque può potenziare l’offerta delle agenzie.
In Casta Diva Group, per esempio, si avvalgono dell’AI per gli storyboard, per le campagne pubblicitarie, come strumento di marketing per selezionare a quali imprese fare presentazioni o per capire come approcciare dei target attraverso messaggi personalizzati in base ai dati raccolti. “Certamente - spiega Andrea De Micheli, presidente di Web3 Alliance e chairman & ceo Casta Diva Group - è fondamentale che nell’interrogare l’AI vengano scritti prompt efficaci”.

Ma la AI Generativa: “deve essere open, ovvero a disposizione di tutti come strumento di potenziamento dell’espressione della creatività e di democratizzazione delle possibilità di essere creativi e non un tool nelle mani di pochi. I rischi che l’utilizzo dell’AI comporta vanno normati e gestiti soprattutto in un mercato nel quale, secondo alcune ricerche, l’Ai generativa assorbe investimenti che crescono a doppia cifra e valgono diversi miliardi di dollari. Forse c’è il rischio che l’AI possa accantonare alcune delle attività più meccaniche e ripetitive, ma apre anche a nuove opportunità per tutti i tipi di imprese, com’è sempre avvenuto con le innovazioni tecnologiche nell’evoluzione della storia dell’uomo”. La tecnologia non deve dunque essere considerata un fine, ma un mezzo che l’intelligenza umana deve imparare a dominare. “L’AI Generativa - precisa Giuseppe Salinari, ceo Vml Italy & coo Wpp Italy - porta con sè interessanti plus per le professioni creative, come nuove e più grandi possibilità espressive, ma anche alcuni rischi giuridici legati all’utilizzo delle royalty per contenuti e testi. Servono dunque attenzione, preparazione e capacità di osservare come le piattaforme evolve- ranno e quali competenze acquisiranno per poi trovare il modo migliore per ottimizzarle. “Come in passato è successo con le altre rivoluzioni tecnologiche - precisa Salinari -, anche nel caso delle professioni creative l’AI Generativa aprirà nuove prospettive e orizzonti, ma attenzione a non utilizzarla come strumento per cercare in modo automatico soluzioni assolute, chiamando in causa anche questioni etiche”.

Per Alessio Angiolillo, vice president Digitouch Marketing, i vantaggi più concreti e tangibili sono da ritrovare nell’automatizzazione di task ripetitivi e a basso valore aggiunto, come la raccolta di dati, l’elaborazione di report, il bidding automatizzato ma anche lo ‘stop loss’ di campagne pubblicitarie e l’analisi delle performance. Questo permette agli operatori di concentrarsi su attività più strategiche e creative. “L’AI - spiega - consente la personalizzazione di contenuti e campagne in base a dati individuali: attraverso algoritmi di machine learning, è possibile analizzare grandi volumi di dati dei clienti per propor- re esperienze personalizzate e su misura per ogni utente. L’AI non si limita all’analisi, ma può supportare anche i processi creativi. Strumenti di generazione di immagini, testi e video basati su AI (come Dall-E per le immagini o ChatGPT per la scrittura) offrono nuove opportunità creative per le campagne di marketing. Questo permette alle agenzie di produrre contenuti a un ritmo molto più veloce e con maggiore variabilità, migliorando la capacità di rispondere ai trend di mercato in tempo”. In linea con Angiolillo anche Matteo Ferrando, head of data & tech innovation GroupM Italy, per il quale uno dei principali vantaggi è l’automazione delle attività ripetitive e a basso valore aggiunto. Compiti come l’analisi dei dati, la gestione delle campagne sui pannelli o il monitoraggio delle performance possono essere gestiti da sistemi di AI, alleggerendo così i team che possono dedicarsi maggiormente alla pianificazione strategica e all’innovazione, con un aumento della produttività com- plessiva. L’AI offre anche l’opportunità di personalizzare le campagne su una scala senza precedenti. La capacità di adattare messaggi pubblicitari, contenuti visivi e strategie di comunicazione alle preferenze dei singoli utenti permette di migliorare il coinvolgimento del pubblico e, di conseguenza, aumentare il ritorno sugli investimenti delle campagne.

“Un altro aspetto rivoluzionario è la produzione creativa assistita - racconta Ferrando -. Strumenti di AI come i generatori di immagini e testo sono in grado di supportare i creativi nella fase di brain-storming o addirittura nella produzione diretta di contenuti. Questi tool posso- no generare rapidamente bozze di idee, immagini, o copy, accelerando i tempi di realizzazione delle campagne e aiutando i team creativi a esplorare nuove direzioni che potrebbero non aver considerato. In questo contesto, l’AI diventa una sorta di partner creativo, in grado di fornire suggerimenti o ispirazioni, pur lasciando alla componente umana il controllo finale”. “Attenzione però alle decisioni creative - incalza Angiolillo -. Il rischio è che le agenzie diventino meno innovative e troppo standardizzate, affidandosi a modelli generati automaticamente senza un tocco umano distintivo. Gli algoritmi di AI possono ereditare bias dai dati su cui sono addestrati (una distorsione cognitiva). Ciò può portare a decisioni discriminatorie o a una rappresentazione inaccurata dei dati di marketing. Ad esempio, un algoritmo pubblicitario potrebbe targettizzare in modo sbagliato o ingiusto determinati gruppi demografici”.
Anche per Ferrando la perdita di autenticità rappresenta un rischio: “Con l’aumento della generazione automatizzata di contenuti - precisa -, c’è il rischio che le campagne possano diventare eccessivamente standardizzate o prive di quella componente umana che rende un marchio unico. Anche la fiducia del pubblico potrebbe essere compromessa qualora i consumatori si accorgessero che stanno interagendo più con algoritmi che con persone reali. Persino i ruoli creativi potrebbero subire cambiamenti, con un aumento della domanda di professionisti capaci di lavorare con strumenti di AI piuttosto che abili nello svolgere compiti completamente manuali”.