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NC Inchiesta | Benvenuta era della consapevolezza. Il consumatore è cambiato, la consumer experience va ripensata all’insegna di un dialogo paritetico, trasparente e costante tra brand e utente

Siamo entrati in una nuova era in cui la persona sceglie consapevolmente di relazionarsi con brand che prendono una posizione e con cui sente di condividere un universo valoriale. Le vecchie strategie di marketing spesso si rivelano inadeguate. Si fanno strada nuovi bisogni che richiedono nuovi approcci e leve di engagement per stabilire un rapporto di fiducia duraturo.

In un’era di grandi mutamenti di scenario e di un mercato alla continua ricerca di nuovi equilibri, la consumer experience va necessariamente ripensata alla luce di nuovi stili di vita, nuove abitudini, nuovi bisogni e nuovi valori. Si delinea, oggi più che mai, un nuovo tipo di rapporto che lega i brand ai consumatori, un rapporto di fiducia, dove il dialogo si fa paritetico, trasparente e costante.

Guidare i brand verso scelte consapevoli, in linea con gli obiettivi di business, con il purpose e con le mutate richieste del mercato e dei consumatori è per le agenzie comunicazione ed eventi un processo cruciale perché si riesca a instaurare una relazione duratura. Come sono cambiate le esigenze dei consumatori? Quali evoluzioni hanno coinvolto il rapporto con i brand in un’epoca minata dalla crisi e dalla nascita di nuove abitudini? Quali strategie di comunicazione si stanno rivelando maggiormente efficaci per creare engagement? E, infine, quanto conta ancora la creatività per catturare l’attenzione dei consumatori e quanto la tecnologia?

Abbiamo raccolto i punti di vista di agenzie di comunicazione, eventi e media. Dalle risposte si traccia la figura di un consumatore sempre più protagonista che richiede ai brand di essere rilevanti ben oltre le narrazioni di marketing, di fare la differenza, di evolversi e prendere posizione. Un consumatore che chiede trasparenza, chiarezza, affidabilità e autenticità. E che, forse, non dovremmo chiamare nemmeno più ‘consumatore’.

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Scotto di Carlo (M&C Saatchi): “Le persone chiedono una comunicazione chiara e diretta” La pandemia ci ha obbligati ad adottare nuovi comportamenti e ciò riguarda persone di tutte le età. Per fare un esempio: molti anziani hanno imparato a utilizzare l’home banking e probabilmente non andranno più fisicamente in banca. Lo stesso vale per la spesa on line. Sono subentrate abitudini nuove di cui non possiamo non tener conto, così come non possiamo dimenticarci che l’Italia è un Paese ‘di anziani’, una fascia di popolazione più diffidente e difficile da avvicinare. D’altra parte, i giovani iniziano ad adottare comportamenti diversi, basti pensare alla mobilità: molto spesso all’auto preferiscono mezzi alternativi, l’auto per molti smette di essere uno status symbol. La sostenibilità non è più una bandierina da piantare, ma diventa parte integrante della comunicazione di un’azienda. Le persone vogliono saperne di più, i consumatori sono più consapevoli: sono più attenti ai temi dell’inquinamento, del riscaldamento, del consumo di carne... Ancora, cambiano le abitudini legate alla casa: notiamo un maggior desiderio di ‘stare a casa’ per cui tutti gli elementi che ruotano intorno al pianeta ‘home’ hanno fatto grandi passi avanti nella wish list dei bisogni delle persone - connessioni, device, mega schermi -. Gli spazi vengono ripensati e vissuti in modo diverso. Si lavora in smart working, si ordina il delivery.

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In uno scenario di questo tipo, come sempre succede nei periodi di crisi e post crisi, le persone sono più ansiose ed è più complicato ingaggiarle perché ti devi sempre chiedere quale sia il tono giusto.

E questo vale per tutte le marche: i brand molto noti hanno sì una grande credibilità ma ricordiamoci che i social mettono a nudo tutti quanti e bisogna prestare molta attenzione alla reputation e alla relazione che si costruisce con i propri consumatori. Notiamo un forte desiderio di chiarezza e trasparenza. Le persone richiedono una comunicazione semplice e chiara, per arrivare dritti alla soluzione.

Faccio un esempio concreto parlando dei branded content: per Bmw Moto la maggior parte del lavoro su cui ci concentriamo, oggi, è la produzione di contenuti sulle moto, contenuti esplicativi in cui i piloti ti guidano passo per passo, in cui vedi l’uso su strada della moto. Tutte informazioni molto chiare. In un’era in cui il consumatore si fa sempre più critico e consapevole, le agenzie devono affiancare i clienti come veri e propri consulenti. Ci si deve sedere nella stessa stanza e bisogna parlare a tutto tondo. Gli approcci ‘a step’ non funzionano più, tutto deve essere integrato e centrato verso un unico obiettivo. Un messaggio oggi viene valutato, giudicato e soppesato da tutti. Ecco perché creare contenuti di ‘sostanza’ è più che mai fondamentale: le persone vogliono sapere che c’è un impegno da parte del brand, una direzione, una presa di posizione.

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Nel nuovo scenario, creatività e tecnologia vanno di pari passo. I creativi, che prima si mantenevano più volutamente un po’ distaccati dal discorso commerciale, ed erano forse anche più liberi e con meno ansia da prestazione, oggi devo essere necessariamente dentro le dinamiche di ogni progetto. E devono attivare le antenne per cogliere ogni stimolo esterno. Perché se una volta il consumatore riceveva molti meno input - senza serie tv, senza YouTube, senza internet - oggi gli basta ‘googolare’ qualsiasi cosa e già sarà stata fatta. E allora, per noi creativi, il segreto è osservare costantemente il panorama che ci circonda e capire cosa può essere originale, riflettendo anche su quali approcci si possono adottare. Il tempo a disposizione per l’idea creativa si è assottigliato, bisogna essere bravi a inserirsi negli spazi che si aprono in quel determinato momento, quasi in tempo reale. Oggi, il consumatore si ingaggia così”.

Gitto (Gitto Battaglia_22): “Per le aziende è necessario passare ad agire da brand a friend” “Una precisazione importante: non mi piace chiamarli ‘consumatori’, preferisco il termine ‘persone’. Le persone sono sempre state al centro della comunicazione, ma oggi è il loro ruolo a cambiare. Se un tempo dominava un approccio topdown, dove la differenza la facevano la qualità dei progetti e le dimensioni degli investimenti, oggi tutto si basa sulla relazione tra persona e brand e deve essere una relazione continuativa, in una modalità di ingaggio costante nell’arco della giornata. Un altro elemento chiave è che le persone richiedono messaggi snelli, veloci e chiari. Hanno molta più dimestichezza con la tecnologia e ormai si aspettano servizi istantanei e sempre up to date. Per non perdere il loro bacino di contatti, le marche devono saper interagire in un rapporto ‘persona-persona’ sempre più fluido: io dico sempre che ogni marca oggi dovrebbe evolvere il proprio approccio ‘da brand a friend’.

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I bisogni delle persone sono cambiati: c’è la voglia di un ritorno al fare meno ma fare meglio, una ricerca della qualità delle cose, del cibo, del valore dello stare insieme, della riscoperta del luogo in cui si vive grazie allo smart working... Ecco, la relazione quotidiana con le realtà locali e ‘di quartiere’, ad esempio, è un nuovo elemento che le aziende non possono non tenere in considerazione e che porta a ragionamenti strategici sia in un’ottica globale che locale. C’è poi la macro tendenza del consumo consapevole: se una volta il tema green era uno degli elementi da inserire strategicamente in azienda a livello corporate, oggi è un asset fondamentale nei piani di marketing. Le persone chiedono trasparenza, anche quelle di generazioni più adulte che una volta non avevano le attenzioni dovute oggi verso l’ambiente e la sostenibilità.

Le nuove generazioni hanno già nel loro dna questa consapevolezza e i brand non possono ignorarla. Si dice che il segreto per un brand oggi sia ‘to solve, not to sell’: nella visione di marca la vendita ha ceduto lo spazio alla scelta di brand che sono rilevanti, chiari e che propongono soluzioni. Le quattro P del marketing hanno ceduto il passo alle quattro E: da Product a Experience, da Price a Exchange, da Place a Everywhere, da Promotion a Evangelism, perché le persone scelgono prodotti con cui condividere una missione. Oggi, per essere riconoscibili in un mondo massificato è necessario ‘riempire’ i prodotti e i brand di una forte identità. Le persone si aspettano che i brand prendano posizione in una comunicazione fortemente personalizzata e paritetica.

A questo proposito, c’è ovviamente una grande evoluzione nel mondo dei content creator, perché le piattaforme puntano su contenuti generati dalle persone. Cosa dobbiamo lasciarci alle spalle? L’old mar- keting che non è trasparente, così come mondi troppo aspirazionali e poco reali, a meno che non si scelgano strategie basa- te sul puro entertainment. Credo che in questo momento siano da parcheggiare in garage a favore di comunicazioni concrete, strumenti come piattaforme di branded content, marketing relazionale o podcast dove si raccontano esperienze in maniera diretta. Questo non significa che non viviamo più di immaginazione, ma ora l’abbiamo racchiusa più nella nostra sfera personale e privata, mentre nelle relazioni coi brand abbiamo bisogno di fruizioni facili e risposte chiare. In tale scenario, creatività e tecnologia sono ormai indissolubili: l’uno vive delle sinergie costanti dell’altro, non sono più mondi separati, qualsiasi progetto ha implementazioni tecnologiche dedicate a generare relazioni costante”.

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Pavanini (H&A)_“Serve un approccio sempre più umanistico” “Viviamo in un momento particolare, in cui le crisi hanno portato al pettine nodi che da anni sostavano nelle coscienze, sopiti dal benessere e dalla voglia di crescita continua. I linguaggi subiscono un’evoluzione accelerata della tecnologia. Ma le persone restano persone, con la voglia di frequentarsi, di sentire parlare di ciò che davvero a loro interessa, di sentire che nel lavoro delle imprese, nel creare prodotti e servizi, l’uomo è messo al centro. Il linguaggio deve collegarsi a concetti come il rispetto o la sostenibilità - da mettere a terra, che non siano un semplice slogan - la valorizzazione della nostra cultura, l’inclusione, l’attenzione ai più deboli, a un’idea di mercato meno esasperato che rispetti le regole e di uno stato in grado di scriverle e farle rispettare. L’approccio deve essere basato sull’onestà, che è il solo modo per conquistare la fiducia dei consumatori. Le agenzie hanno ormai interiorizzato competenze che vanno al di là della parte produttiva per lavorare molto di più sui contenuti.

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L’approccio deve essere umanistico e mettere al primo posto l’aspetto valoriale. Da alcuni anni i social hanno assunto un ruolo predominante nelle pianificazioni media. Non esistono regole per la definizione di strategie di successo. Vanno costruite, caso per caso, e basate su idee e creatività, al fine di raggiungere gli obiettivi citati. La difficoltà è farsi vedere e ascoltare nell’infinità di contenuti, il successo si raggiunge parlando al cuore, con semplicità, apertura, magari con ironia. Quali i format più gettonati? Tutti quelli che sono in grado di fondere le funzionalità dei media, social ed eventi, di generare esperienze genuine, memorabili e risposte alle call to action. Non esiste una ricetta, le cose che funzionano possono essere quelle ‘tradizionali’ o nuovissime come le esperienze nel Metaverso. Quello che conta è il pensiero e il contenuto, lo strumento. La creatività è il driver principale, che guida le scelte di come usare gli strumenti, anche tecnologici. La tecnologia sarà sempre di più una commodity data per scontata. La grande sfida è il come usarla e solo il pensiero creativo è la chiave del successo”.