NC

NC. Inchiesta | Comunicazione, l’empowerment è la vera sfida. Ducard (Pinterest): "Le piattaforme tecnologiche sono come un palcoscenico dove si incontrano brand, creator e community"

Il nuovo trend è la reintegrazione di media e creatività sotto la duplice spinta di una rivoluzione trainata da un lato dalla tecnologica e dall’altro da ciò che le persone davvero pensano dei brand. Serve autenticità e fiducia fra tutte le componenti della filiera. A parlarne lo scorso giugno, al Festival Cannes Lions, aziende e agenzie durante gli incontri organizzati da Twitter e Groupm.

Cosa pensano davvero le persone dei brand, e come i brand devono rispondere? Il database di Twitter, alimentato da un decennio di analisi comportamentale dei suoi frequentatori, rivela insight significativi su ciò che la gente pensa e su come si relaziona con le marche. In occasione dei Cannes Lions ne hanno discusso Katrina Dodd, editor di Contagious, Fernando Machado, cmo Activision, e Robin Triplett, cmo Coca-Cola.

Il vero problema, ha esordito il moderatore della discussione Pedro Porto, director Twitter Next Latin America, è l’oceano di omogeneità, monotonia e ripetitività che caratterizza le marche nel loro approccio a una piattaforma come Twitter.

“Ma se non si distingue non è un brand! E questa distintività va mantenuta nel tempo e costa fatica - ha puntualizzato Katrina Dodd, editor di Contagious -. Le marche non vanno su Twitter per chattare con qualche amico, ma per costruire relazioni e devono affrontarlo come un problema di business, non come un gioco o un passatempo”.

1

“Anche questo è un viaggio, un percorso che ogni brand deve intraprendere – ha spiegato Machado, cmo Activision, noto anche per le diatribe social nei confronti di McDonald’s ideate quando era chief marketing officer di Burger King -. Bisogna partire sapendo che non si potrà soddisfare tutti nello stesso modo e che potremo avere anche risposte negative. È quasi una regola matematica: per ogni tre o quattro like che riceviamo c’è sempre almeno un ‘dislike’! Ma dobbiamo lasciarci trasportare dalla corrente e accettarlo, perché le uniche cose che non riceveranno mai lamentele sono quelle irrilevanti. Dobbiamo preparci a reagire velocemente, ma sapendo che non è possibile prevedere tutto in anticipo”.

Coca-Cola è un brand molto meno ‘provocatore’ rispetto ad Activision o a Burger King - ha scherzato il cmo Robin Triplett -. Ma anche noi sappiamo che rispondere in tempo quasi reale è indispensabile, anche se per ognuno dei nostri brand e dei nostri prodotti è necessario farlo con attitudini differenti rispetto ai target e alle community che ci seguono sui social. Non si può pretendere di parlare a tutti e di piacere a tutti, ma non si deve neppure correre il rischio di essere noiosi, di sovrastimar la propria importanza e sottostimare invece i problemi quando affiorano”.

La nuova era della creatività? Passa da media e consumatore Nonostante premesse assai diverse rispetto al panel promosso da Twitter, quello organizzato da GroupM sull’integrazione di media e creatività ha comunque condiviso col primo l’importanza dell’empowerment del consumatore e del suo nuovo ruolo attivo nella filiera della comunicazione. Per discutere dei cambiamenti che stanno maggiormente indirizzando il futuro della comunicazione di marca e di come la industry stia rispondendo a queste sfide GroupM ha dato la parola a Debbi Vandeven, global chief creative officer VmlY&R, Kinney Edwards, global head of creative lab TikTok, Malik Ducard, chief content officer Pinterest e Richard Glasson, global ceo Hogarth Worldwide, in un dibattito moderato da Stef Calcraft, ceo Creative Systems MediaCom. Lo shift generazionale, hanno concordato i partecipanti, è il primo e più importante fattore di cambiamento: i giovani non hanno alcuna remora e non ci pensano due volte prima di raccontare le loro storie. Non sono più spettatori ma creatori, e questo empowerment dà loro un ruolo completamente diverso nella catena del valore della comunicazione.

“Quando la catena di fast food Wendy ci ha chiesto di comunicare con loro - ha raccontato Debbi Vandeven, global cco VmlY&R - l’abbiamo fatta entrare in Fortnite: non come sponsor ma come una vera e propria persona, partecipante al gioco e con la quale interagire da pari a pari. Oggi, sempre più clienti ci chiedono e si muovono verso gli ‘earned media’, perché se le persone sanno che un brand ‘compra gli spazi’ semplicemente lo ignorano”. L’intero processo di costruzione di un progetto che parte dalla comunicazione per arrivare al ‘commerce’ va oggi guardato

Screenshot 2022 12 21 at 12.16.15

con nuovi occhi: ma barriere e silos esistono ancora tanto nelle agenzie quanto nelle aziende. “Le piattaforme tecnologiche sono in fondo come un palcoscenico dove si incontrano brand, creator e community - ha aggiunto Malik Ducard, chief content officer Pinterest -. Ma lo stesso vale per i brand, che devono imparare a lasciarsi andare, ad accettare che i nuovi consumer/creator usino le marche stesse come piattaforme”.

Per reintegrare media e creatività occorre partire dall’autenticità, ha ribadito Edwards: serve fiducia fra tutte le componenti della filiera (marche, agenzie, piattaforme), perché senza una vera partnership non si riuscirà a conquistare la fiducia delle persone. Altro tema strettamente collegato è quello della ‘addressability’: “Nel giro di due o tre anni oltre l’80% dei mezzi e delle piattaforme sarà addressable, ma oggi solo il 2% della creatività tiene questo aspetto in considerazione - ha affermato Richard Glasson, global ceo Hogarth Worldwide -. Questo è un gap enorme, ed è una delle aree in cui media e creatività devono tornare a lavorare insieme fin dall’inizio”. L’addressable è ciò che spingerà il cambiamento delle agenzie creative - ha concluso Vandeven -, verso l’entertainment a tutto tondo, “Che poi è quello che interessa i ragazzi che lavorano con noi molto più dei classici spot da 15, 30 o 60 secondi”.