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NC SPECIALE ’20 E ALTRI 20’. Siani (ADCI): “La creatività richiede coraggio, fame ed empatia”

un mondo sempre più phygital e personalizzato, dove la creatività manterrà un ruolo centrale e a farla da padrone saranno ‘digital transformation’ ed evoluzione ‘value centric’. Questa la vision di Stefania Siani, nuovo presidente dell’Art Directors Club italiano.

Vent’anni sono un lasso di tempo importante nella vita di chiunque. Se riguarda la comunicazione, poi, possiamo parlare di ere geologiche, senza esagerare. L’avvento e il consolidamento dei social network, il digitale che ha preso sempre più piede, i file audio che sono oggi una vivace realtà in fermento, nuovi mondi paralleli che vanno sempre più imponendosi... Tanti sono stati i cambiamenti dal 2002 a oggi nel modo di fare comunicazione, quindi di fare impresa. Ma vi è sempre un unico fil rouge a tenere insieme tutto: la creatività. Che sia un branded content, una campagna adv social o un semplice publiredazionale per la carta stampata, oggi chi è più creativo, la vince. Ma quanto conta la creatività oggi nell’ambito della comunicazione? E come è cambiata? Lo abbiamo chiesto a Stefania Siani, ceo e chief creative officer Serviceplan Italia, neopresidente dell’Adci - Art Directors Club Italiano (in foto), associazione che riunisce i migliori professionisti del settore della pubblicità e della comunicazione. Ecco le sue considerazioni sul passato e le sue previsioni sul futuro.

Può dirci quali sono, secondo lei, gli step più significativi che hanno caratterizzato l’evoluzione della creatività negli ultimi 20 anni?  

Vorrei dividere in due macrocategorie l’analisi dei principali trend dell’ultimo ventennio: la ‘digital transformation’ e l’evoluzione ‘value centric’. La digital transformation ha investito i modelli industriali, di distribuzione e la co- municazione. Il mercato dei nuovi media ha ridisegnato il modo di fare marketing e comunicazione delle imprese. Social network, mobile, video online, native e programmatic advertising, influencer marketing hanno contraddistinto l’evoluzione di questi 20 anni introducendo la componente conversazionale come determinante.

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Lo spartiacque è rappresentato dalla celebre copertina del Times che dichiara ‘l’internauta’ person of the year del 2006. Gli ultimi due anni con l’emergenza sanitaria hanno consacrato e accelerato la fruizione dei contenti e la finalizzazione degli acquisti online e la dimensione phygital della nostra esistenza. Il contenuto ha mantenuto la sua centralità: se c’è qualcosa che non è cambiato in questi 20 anni è che ‘content is the king’.

 

E per quanto riguarda l’evoluzione ‘value centric’?

Segnalo i paradigmi di Csr e Csv che si evolvono in direzione del Purpose Driven Business. A dieci anni esatti dall’articolo di Porter e Kramer, comparso sulla Harvard Business Review, che ha cambiato la storia, ovvero ‘Creating shared value - how to reinvent capitalism and unleash a wave of innovation and growth’, abbiamo assistito alla crescita di strategie di comunicazione fondate sull’etica e compliant rispetto all’agenda 2030 delle Nazioni Unite. La pubblicità dedica sempre meno at- tenzione alle caratteristiche intrinseche dei prodotti e sempre più alla creazione di narrazioni mindful e valoriali, basate su comu- nanza di valori e di visioni. Segnaliamo negli ultimi cinque anni l’evoluzione del Purpose Driven Business al Brand Activism, fino ad arrivare come con i Grand Prix di Nike e di New York Times del 2019 a connotare i brand con una dimensione politica.

 

Cosa ci aspetta in futuro, dunque?

In futuro, la pubblicità dovrà probabilmente orientarsi verso una forma di comunicazione che possieda una piena consapevolezza di sé e presenti una coscienza metalinguistica. Deve superarsi e andare oltre verso la creazione di un chiaro sistema di valori associabili alla marca. Vedo un futuro sempre più phygital dove contesti quali Meta renderanno possibile l’interpolazione di esperienze d’acquisto e riscriveranno completamente le nostre abitudini. Saremo in un mondo molto personalizzato, reso iconografico da film come ‘Minority report’, ma al contempo avremo bisogno di spazi di re-grounding e riconnessione sensoriale.

 

Che peso ha oggi la creatività?

È un discorso complesso. La creatività strategica è fondamentale nel disegnare le narrazioni. La conversione della persona avviene lungo un articolato percorso sempre più standardizzabile e dinamico dove la creatività, determinante nella parte di upper funnel, cede il trono alla capacità di targettizzare i messaggi nel lower funnel.

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Ritiene che la creatività debba essere ‘modellata’ a seconda dei diversi media?

Certo. È fondamentale. Il lavoro più straordinario ed emozionante re-sta per me quello corporate, dal latino ‘corpus’: solo chi fa corporate riesce a narrare un’azienda come un corpo e una entità unica. Avere chiaramente presente il posizionamento corporate è l’unica con- dizione per poter disegnare i messaggi contestualmente al media.

Può farci un esempio di campagna creativa del passato e una del presente particolarmente efficaci? Una campagna del passato efficace a cui sono estremamente legata poiché appartiene all’infanzia della pubblicità è il Carosello di Caballero e Carmencita del caffè Paulista. Arte, autorialità, innovazione profonda e un codice potentissimo che si tatua nell’anima e nell’identità italiana. Una campagna di oggi che amo particolarmente è la campagna di Droga 5 per il New York Times ‘The truth’.

Oltre alla creatività, cosa può rendere una campagna pubblicitaria un successo? La capacità di intercettare lo spirito del tempo e di rivelare un’epoca.

Quali ritiene siano le fasi imprescindibili del processo creativo?

Ascolto, studio, disciplina, intuizione, senso della bellezza.

Quali sono i fattori che agevolano oppure ostacolano un processo creativo? Le persone hanno anima ed energia. Il successo di un team è anche una questione di chimica. Io, oggi, sono a volte molto a disagio per via del remote working: riconosco che ha aperto un mondo di possibilità, ma ha chiuso la porta all’informalità empatica di cui la creatività si nutre.

Creativi: si nasce o si diventa?

Come per tutto, si nasce. Realizzare il proprio potenziale è una questione di applicazione.

Che tipo di expertise richiede oggi la creatività?

Più che expertise, richiede coraggio, fame, leggerezza, empatia. E cultura alta e bassa, senza distinzioni.

Come vede il futuro della creatività?

Il futuro per definizione è una proiezione. Il futuro non esiste. Può essere solo immaginato. Il futuro ha fame di creatività. Perché l’oggi presenta troppi problemi la maggior parte dei quali necessitano di una soluzione. Creativa. E non solo in comunicazione.

FRANCESCA FAVOTTO