Editoriale
Cappuccino & cornetto. L’Oscar al pianeta Terra
Snobbato dalle cancellerie di mezzo mondo, osteggiato pervicacemente
dall'amministrazione Bush, la battaglia contro l'effetto serra vince un Oscar,
anzi due, se si conta il premio alla colonna sonora. E, ironia della sorte, lo
vince proprio l'artefice del protocollo di Kyoto, Al Gore, all'epoca vice
presidente degli Usa, quando l'inquilino della Casa Bianca era Bill Clinton.
"Una scomoda verità" è il documentario di Davis
Guggenhein, interpretato, appunto da Al Gore con le musiche di Melissa Etherige,
che con due Oscar si piazza al terzo posto nella graduatoria dei film più
premiati quest'anno dall'Academy di Hollywood, dopo "The Departed" di Scorzese
che ne ha vinti quattro e "Il labirinto del fauno", di Eugenio Caballero e Pilar
Revuta di Telecinco, l'emittente spagnola posseduta da Mediaset: c'è del comico,
perché sia il titolo del film che i premi (fotografia, scenografia e trucco)
fanno proprio pensare al capo di Mediaset. Ma questa è un'altra scomoda verità.
Il documentario di cui parlano, già uscito nelle sale italiane lo scorso
gennaio, e che forse chi non lo ha visto sarebbe bene lo facesse, è una dura
requisitoria contro gli effetti dell'effetto serra, vale a dire il
surriscaldamento del pianeta, che lascia assolutamente freddi i governi dei
paesi più industrializzati, e quindi più colpevoli della distruzione
dell'eco-sistema del pianeta Terra.
Non c'è dubbio che succedono cose strane: i ghiacciai si squagliano, i mari salgono, dopo la fine delle mezze stagioni, ci stiamo giocando le stagioni intere, come è successo per il nostro inverno quest'anno. Ma tra le cose strane c'è appunto il fatto che un documento di puntuale denuncia dello stato di salute del pianeta venga considerato un fatto artistico, tanto da venire premiato, e niente di più, tanto da venire sistematicamente ignorato dalla politica e dall'economia. Una volta il cinema riusciva a influenzare la politica.
Oggi sembra il contrario, con il rischio che, appena si spengono le luci del palcoscenico, il discorso si chiuda. C'è un altro fatto che sembrerebbe confermare questa stramba tendenza. Secondo il New York Post, Angelina Jolie è stata ammessa al prestigioso "Council on Foreign Relations" per discutere di politica internazionale tra Kissinger e Alan Greenspan. L'attrice si e' aggiudicata un riconoscimento riservato a pochissimi dal think-tank con base a New York, ritenuto tra i più snob d'America, e che annovera tra i suoi membri anche Condoleeza Rice, Dick Cheney, Colin Powell.
Nel darne notizia il quotidiano New York Post riporta reazioni entusiastiche degli appartenenti al Council . ''L'idea di avere Angelina Jolie e Henry Kissinger nella stessa organizzazione è illuminante'', dice al giornale Gordon Adams, quotato professore di relazioni internazionali.
C'è da augurarsi che la Jolie, al primo incontro, indossi di nuovo i panni di Tomb Rider e, alla prima occasione, faccia secchi quei mostri cattivi che fanno le guerre e distruggono il pianeta.
Signora Jolie, non si fidi, quelli son capaci di tutto, anche di rubare una vittoria elettorale, come fecero ad Al Gore nel 2000.
Beh, buona giornata.