Editoriale
Cappuccino&Cornetto. Il nuovo fattore C
Nella sua rubrica Marco Ferri riflette sulla crisi, che coinvolge anche il mondo dell'advertising. "Se i consumatori comprano poco, la pubblicità non la ascoltano nemmeno. Se le aziende chiudono, la pubblicità non la pagano. Il mercato si sta incriccando (...). Forse molte cose devono cambiare. A cominciare dall’idea che per fare un buon new business ci vuole il fattore C. Quella C non vuol dire quello che abbiamo pensato finora. Quella C vuol dire semplicemente Crisi".
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Il Cnel (consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) rileva che la crisi economica "non solo non è superata, ma anzi in questi mesi i suoi effetti colpiscono più duramente la maggioranza delle famiglie italiane".
Il Centro studi di Confindustria, nel suo bollettino periodico, sottolinea che la disoccupazione in Italia non ha ancora raggiunto la punta massima ed è destinata a salire ancora, come in gran parte d'Europa (siamo a circa il 9%). L'Ocse, dal canto suo, rileva che i salari italiani sono tra i più bassi (23° posto su 30) dei paesi industrializzati e tra i più tartassati (6° posto su 30 con un prelievo del 46%). Unioncamere Marche dice che nei primi 4 mesi del 2010 nella regione hanno chiuso 4.248 aziende con un saldo negativo, rispetto alle nuove aperture, di 767 unità.
Insomma, la crisi c’era, anche quando la si negava. La crisi c’è, anche se adesso gli si aggiunge l’attacco speculativo all’euro, che dovrebbe portare il governo a una manovra di 28 miliardi di euro. I più avvertiti sanno bene che 'manovra' è un eufemismo per dire tagli, e che tagli è a sua volta un eufemismo per dire tasse. La qualcosa impoverisce i singoli e le famiglie, gli congela la propensione ai consumi, che a sua volta fa inaridire il mercato, con la conseguente chiusura di aziende, e l’ulteriore ingrossamento delle fila della disoccupazione.
Se i consumatori comprano poco, la pubblicità non la ascoltano nemmeno. Se le aziende chiudono, la pubblicità non la pagano. Il mercato si sta incriccando. Sono, peraltro, risultati poco utili i tentativi di risolvere la questione con gli incentivi statali. Il mercato dell’auto ha dato l’impressione di promuovere una ripresa della pubblicità nei primi due mesi dell’anno. "Passata la festa, gabbato lo santo": in Europa ad aprile il mercato ha registrato -7,4% di immatricolazioni, mentre la più importante casa automobilistica italiana ha avuto un calo del 27,3%, con la conseguenza di perdere circa due punti di quota di mercato. Un brivido freddo lungo la schiena deve essere passato a coloro, che non appena un paio di settimane fa, dicevano che la pubblicità italiana si stava riprendendo. Forse molte cose devono cambiare. A cominciare dall’idea che per fare un buon new business ci vuole il fattore C. Quella C non vuol dire quello che abbiamo pensato finora. Quella C vuol dire semplicemente Crisi. Beh, buona giornata.