Editoriale

Ferlazzo: riportiamo l’innovazione in agenzia

Bruno Ferlazzo, direttore creativo di lungo corso, interviene nel dibattito sullo stato della comunicazione italiana, e critica l’intervento di Carlo Broglia, ‘reo’ di avere contribuito a favorire l’ingresso della finanza in pubblicità. Ma ne condivide la soluzione: riportare la creatività al centro del sistema.
L’intervista video fatta da ADVexpressTv a Giuseppe Usuelli (McCann) ha generato un dibattito che riteniamo interessante sul presente e sul futuro della comunicazione pubblicitaria italiana. Daniele Tranchini, Pasquale Barbella, Andrea Concato ed Emanuele Nenna hanno dato il proprio contributo di pensiero. Oggi interviene il creativo di lungo corso, Bruno Ferlazzo, su quanto scritto di recente da Carlo Broglia (vedi correlata del 27/01/2011). Il suo è un intervento decisamente critico rispetto al passato e rispetto a chi, Broglia compreso, ha fatto in modo di agevolare l’ingresso della finanza nel mercato della comunicazione.
Il dibattito è interessante anche per questo, perché si contrappongono idee e letture diverse del passato per meglio capire come affrontare il futuro. Un futuro che, secondo il direttore creativo di estrazione art, non può non vedere tornare sotto il tetto dell'agenzia le diverse competenze e discipline, ‘scorporate’ da quando la finanza ha preso il potere anche nella comunicazione. E in questo, almeno, Ferlazzo concorda con Broglia.

Qualche parola di presentazione per Ferlazzo che, prima di On Comunicazione dove ricopre la carica di direttore creativo, ha diretto, negli anni ’80 e ’90, i reparti creativi di Publicis, Lowe-Pirella-Goettsche, JWT/Conquest oggi Red Cell, e BBDO Italy. Nel 2001 fonda con Luca Barabino la NewRed & Ferlazzo, l'agenzia di pubblicità controllata dal gruppo Barabino & Partners, di cui fino a febbraio 2009 è partner e direttore creativo.
A parte numerosi premi nazionali, ha ottenuto anche alcuni importanti riconoscimenti internazionali:
Leone d'Oro a Cannes (1988) e Leone d'Argento (1989), Clio Awards New York Film Festival (1989), Eurobest (1990), Epica (1991), rispettivamente per Europe Assistance, Tonno Maruzzella, Fido Gatto, Carta Sì.


A proposito dell'articolo a Broglia dal titolo "la troppa finanza ha ucciso la creatività" mi viene da chiedergli:

"Ma dov'era quando il mondo della finanza mise gli occhi sulle agenzie di pubblicità scoprendo la loro alta remunerabilità? Dov'era quando nacquero i centri media, svuotando le agenzie della ricchezza/ossigeno che permetteva loro la sperimentazione creativa? Dov’era quando si affacciarono le tv private - non faccio nomi - con le loro offerte imperdibili. Dov'era quando Martin Sorrell passò dalle intenzioni ai fatti dando il ‘la’ ad un processo che nel volgere di pochi anni ha profondamente svilito il nostro mondo, equiparando le agenzie di pubblicità con qualunque altra società di servizi?"

Se la memoria non mi inganna, quando ciò avveniva Broglia aveva già saltato il fosso lasciando  il mondo della creatività - non conoscevo questo particolare della sua carriera! - per passare
con indubbio successo proprio al mondo degli affari e della finanza, a lui molto più congeniale.

Assieme ad un folto gruppo di alti dirigenti di multinazionali della pubblicità è stato uno dei protagonisti di quei cambiamenti di allora che, con l'acquisizione e la vendita di strutture diverse realizzavano rapidi guadagni ma senza nessuna visione di ciò che di negativo avrebbe prodotto a lungo termine.
Un vero e proprio sacco della creatività per mano della finanza.

Per sgombrare il campo da equivoci, chi accusa la crisi economica dell’occidente e l’evoluzione epocale della tecnologia come le cause prime “dell’impoverimento” delle agenzie di pubblicità probabilmente dimentica che nel secolo scorso il nostro comparto aveva già affrontato momenti di grandi difficoltà economiche così come la nascita di nuovi strumenti di comunicazione avevano prodotto cambiamenti epocali nella società. Pensate alla grande crisi del ’29. Pensate alla rivoluzione del cinematografo. E pensate all’avvento della radio e della televisione, una vera e propria rivoluzione.

Ebbene, le agenzie portarono al proprio interno quelle conoscenze e così fu ancora una volta  la creatività che permise alle agenzie di affrontare e superare le difficoltà governando i nuovi strumenti. Così come la televisione attraverso la creatività diventò uno straordinario mezzo  di comunicazione. E così sarà sempre di più, anche per il web e i “ nuovi” new media che arriveranno.

Il problema delle agenzie è l’essere rimasti fuori dall’innovazione lasciando fuori dalle agenzie  questi nuovi straordinari strumenti in mano ad altri che non avevano nessuna esperienza e cultura di comunicazione, la base razionale che esalta la creatività. Che fa la differenza e produce ricchezza.

Quindi su una cosa sono d’accordo con Broglia: la soluzione è riappropriarsi della creatività riportando all’interno dell’agenzia le varie competenze delle diverse discipline. Tornare a formare i giovani sapendo scegliere chi è davvero portato a questo lavoro: per non avere finti art director, bravissimi con i computer. O web design, maghi delle connessioni ma arroganti ignoranti della comunicazione. E assieme a loro, riportare in agenzia anche i media che facciano lavorano anche l’intuito e l’intelligenza e non solo i numeri.

Peccato che tutto questo i grandi manager della pubblicità l’abbiano capito troppo tardi.