Editoriale

Globalizzazione delle RP: sogno o realtà?

Con questo intervento, Linda Bulgheroni, managing director di Weber Shandwick , inaugura la sua collaborazione con Advexpress. Tema di oggi: la globalizzazione delle campagne di relazioni pubbliche.

di Linda Bulgheroni, managing director Weber Shandwick

Con questo intervento, Linda Bulgheroni, managing director di Weber Shandwick , inaugura la sua collaborazione con Advexpress. Nella rubrica 'Vernice Fresca' proporrà le sue riflessioni sul mondo delle relazioni pubbliche.

Bulgheroni ha sviluppato 15 anni di esperienza nel settore delle relazioni pubbliche, occupandosi prevalentemente di comunicazione di prodotto. Nel '96 approda in Ketchum PR come Account Director dell'Area Consumer per poi passare in Shandwick Marketing Communication due anni dopo, dove diviene Responsabile della Practice Consumer. Fa seguito l'entrata nel Consiglio di Amministrazione di Weber Shandwick Italia e la delega per la supervisione delle Practice Entertainment e Design&Cultura dell'Agenzia.

 

Esistono oggi campagne di comunicazione che possono definirsi globali? La risposta è certamente affermativa. Il punto chiave è intendersi sulla definizione di campagna globale. Qualsiasi concetto di globalizzazione che trascuri l'importanza delle dinamiche locali, nazionali o regionali non ci porterà molto lontano. Superato è anche il pensiero del "Think Global, Act Local". Forse è più giusta l'affermazione di Tip O'Neill, ex portavoce della Camera dei Rappresentanti statunitense, che una volta affermò: " Tutta la politica è locale".

Per certi versi anche le Relazioni Pubbliche sono e resteranno locali. Ma fermiamoci a riflettere sul concetto di globalizzazione. Così come la Grande Depressione, la Guerra Fredda o altre espressioni che descrivono un periodo storico, l'Era della Globalizzazione racchiude in sé l'atmosfera politico-economica e culturale di oggi. Eppure il concetto di globalizzazione non è nuovo. Prendiamo ad esempio l'Impero Romano: i suoi confini andavano dalla Scozia all'Egitto, dal Portogallo alla Turchia. In questa regione così vasta esisteva una sola moneta, un solo sistema bancario, un unico sistema legale e le questioni commerciali e di stato venivano discusse in una sola lingua. Le tensioni e gli equilibri tra potere internazionale e locale sono quindi di vecchia data. Se il 19mo secolo e la prima metà del 20mo secolo sono stati dominati, talvolta tragicamente, dagli stati nazione, gli ultimi 50 anni hanno visto il sorgere di un nuovo soggetto globale: l'organizzazione multinazionale, o come alcuni esperti preferiscono chiamarla, l'organizzazione transnazionale.

Transnazionali sono le organizzazioni politiche (la Commissione Europea, l'OMS), non governative, economiche (il Fondo Monetario o la Banca Mondiale) e culturali (la BBC o Al Jazeera). Ciò che le accomuna è la volontà e la capacità di pensare ed agire su scala globale o al più regionale. Anche i grandi brand oggi "transnazionali" hanno per molto tempo mantenuto una forte connotazione Paese. La Coca-Cola ad esempio, è simbolo di americanità nel mondo, Mercedes è tedesca, Peugeot francese. Ma il Paese di origine è diventato sempre meno elemento distintivo nella brand equity di questi marchi globali, marchi che pensano e agiscono internazionalmente, hanno proprietà intellettuali e svolgono operazioni commerciali in tutto il mondo.

Il termine globalizzazione si riferisce molto semplicemente alla crescente interdipendenza e interconnessione del mondo – a livello politico, culturale, economico, ambientale o tecnologico (dalla pornografia su internet all'avanzare dell'influenza aviaria). Questo è vero indipendentemente dal pensiero politico che vede la globalizzazione come una forza liberatrice verso una crescente prosperità economica o come catastrofica forma di tirannia e nemesi del capitalismo avanzato. Altra cosa è intendere la globalizzazione come omologazione di comportamenti e di stili di vita. E' vero che in quasi tutto il mondo si portano i bambini a mangiare da McDonald's, si usa Microsoft Windows e l'élite veste Gucci. Ma questo significa che le persone di tutto il mondo si assomigliano sempre più? A mio parere questo non è vero e non sarà mai vero. La vera missione delle Relazioni Pubbliche a mio parere è proprio quella di aiutare le organizzazioni a colmare l'apparente dicotomia tra globale e locale.

Sfortunatamente non esiste una ricetta magica valida per ogni programma di comunicazione; esiste invece l'esperienza di un gruppo internazionale capace di lavorare insieme, di sintetizzare e valorizzare le professionalità locali. Fino a qualche anno fa, e talvolta ancora oggi, i professionisti della nostra disciplina, guidati dalla filosofia " Pensa Globale, Agisci Locale", pensavano a campagne globali progettate e coordinate a livello centrale, lasciando al locale la mera fase esecutiva di implementazione della campagna. Le più belle campagne di comunicazione, e di relazioni pubbliche, scaturiscono invece da ogni parte del mondo. E una volta ideate, queste campagne devono trovare varie forme ed espressioni per potersi adattare efficacemente alle esigenze dei diversi mercati. Il nostro lavoro si incentra sempre più sulla qualità delle nostre idee strategiche e creative. E per loro natura, le idee non hanno una patria. Non mortifichiamo i professionisti locali, non banalizziamo il contributo che la cultura e le conoscenze personali possono dare alla crescita della nostra disciplina nel mondo.