Editoriale

Paradosso Sanremo

Marco Ferri riflette sulla polemica sorta intorno agli spot del Festival di Sanremo. "Bene, bene. Qui abbiamo la televisione che accusa la pubblicità, e la pubblicità che accusa la televisione. Tra i due litiganti, il terzo (lo spettatore) scappa via".

di Marco Ferri

Per giustificare la partenza moscia del Festival di Sanremo, Giorgio Panariello ha detto: "Quel che davvero ci rovina sono gli spot, che massacrano il ritmo, il pathos e la grinta". Apriti cielo. Valeria Monti, direttore generale UPA (Utenti Pubblicità Associati), l'associazione che riunisce le aziende che investono in pubblicità, respinge a Giorgio Panariello l'accusa agli spot, mossa da lui durante la conferenza stampa sulla prima serata del Festival di Sanremo: "I dati in nostro possesso -dice Monti- dimostrano che la frequenza delle interruzioni pubblicitarie per impaginazione e per composizione dei break è assolutamente simmetrica rispetto alla prima serata della scorsa edizione, che ha raccolto oltre 12 milioni e 218mila spettatori (share 54,80%) nella serata di apertura del Festival rispetto agli 9 milioni e 740 mila telespettatori (share 44,50%) di quest'anno. Accetto tutto, insomma, tranne che si addossi agli utenti pubblicitari la responsabilità per gli esiti inferiori alle attese del programma a cui noi abbiamo creduto e continuiamo a credere".

Bene, bene. Qui abbiamo la televisione che accusa la pubblicità, e la pubblicità che accusa la televisione. Tra i due litiganti, il terzo (lo spettatore) scappa via. Il che dimostra clamorosamente la progressiva diminuzione dell'efficacia del mezzo televisivo ai fini prettamente commerciali, cosa che si è già verificata in altri mercati occidentali. C'è però un paradosso in tutto questo: il conduttore del Festival di Sanremo dovrebbe sapere con quali risorse economiche viene finanziato il programma, gli ospiti e il suo stesso compenso. D'altro canto, il direttore generale di Upa dovrebbe sapere che ammettere il flop della prima serata equivale a dire ai propri associati che hanno speso male i soldi investiti nei break pubblicitari del programma in questione, proprio perché la serata ha registrato una fuga di ascolti. Morale: fare programmi di basso livello non ha mai aiutato la tv, oggi comincia a non far bene neanche alla pubblicità. Vuoi vedere che agli associati Upa converrebbe prestare meno attenzione all'Auditel e più interesse per le proposte di legge di riforma del sistema televisivo in Italia? Dice: ma è il mercato che deve regolare il sistema. Giusto: a proposito, il mercato non eravate proprio voi di Upa? Forse c'è proprio bisogno di un'altra tv. Per tutti, anche per chi investe in pubblicità.