Editoriale
Space available here. Dati strutturali
I margini di guadagno sono ridotti, dice Marco Testa presentando qualcosa che assomiglia ai vecchi dati strutturali Assocomunicazione. Dopo anni, un presidente indipendente dribbla il diktat del criptaggio delle multinazionali. I numeri svelati dicono che 4 miliardi di euro (il 75% del mercato) valgono 825 milioni di fatturato, cioè il 20% dell'investimento. Se il 17,65% allora non è morto, come mai non si guadagna più come una volta?.
Il problema è che le agenzie creative fatturano il 60% dei ricavi con un numero di addetti superiore del 500% rispetto ai centri media. 171 milioni prodotti da pochi dipendenti e molti computer, contro i 539 delle agenzie, poco più del doppio con 5 volte gli addetti, per tacer di collaboratori e free lance, nonostante le drastiche cure dimagranti.
Un altro centinaio di milioni arriva da promozioni, one to one e digitale. Chi fa gli story, le gare e tutto il resto, fatica a fare profitto. I centri media guadagnano giustamente perché hanno il portafoglio dei clienti. E si sono pure conquistati una reputazione superiore a chi le campagne le fa. Con il tacito assenso dei finanziari che controllano il banco. Come faccia un sistema che privilegia il contenitore sul contenuto a stare in piedi, ve lo potrebbe spiegare privatamente solo chi sta nell'altro 25% del mercato, fa il creativo, non ha interessi nel media planning and buying e firma questa rubrica.
Ma il vero tema è un altro: a queste condizioni qual è il potere di attrazione di questo lavoro per i giovani talenti creativi, quelli che ci dovrebbero garantire il futuro? Meglio il commercio di sostanze stupefacenti, poca fatica e profitti assolutamente più interessanti. Cosa che peraltro sta avvenendo. Nel frattempo la qualità media di reparti creativi nazionali continua ad abbassarsi.