Editoriale
Space Available Here. Dell’eccellenza in Pubblicità, e del perché è inutile
Grazie al contributo del mio coautore più intelligente, Gianni Lombardi, ho scoperto che tutti gli anni che abbiamo passato a cercare di migliorare il nostro ambiente sono stati sprecati. Gianni infatti sostiene che "nel nostro ambiente da sempre l'attenzione è concentrata sul lavoro eccellente. I premi vanno agli eccellenti (si spera). Parlare di eccellenza è sempre molto macho o molto romantico. Ma l'eccellenza probabilmente è una conseguenza della situazione di un certo settore professionale, non ne è né la causa, né la cura.
Per sintetizzare, "vincere più premi internazionali" non è la ricetta per migliorare la situazione del mercato pubblicitario italiano. Al massimo, è la ricetta per migliorare la situazione di qualche agenzia in relazione al resto del mercato, che resta quello che è. Per chiarirci, il lavoro eccellente è la punta di una piramide. Per alzare la piramide di un metro, occorre aggiungere centinaia, a volte migliaia di metri cubi alla sua base. La base è costituita via via dai lavori sufficienti, quelli mediocri, quelli buoni e restringendo sempre più, quelli ottimi ed eccellenti.
Gli sforzi volontaristici per produrre lavori migliori, le alchimie più diverse per selezionarli meglio equivalgono a tirare l'erba per farla crescere più in fretta: troppo poco e troppo tardi. Inoltre, la qualità di un settore professionale, come la piramide, NON è fatta dalla sua punta, ma dall'insieme complessivo: tanto la punta quanto la base che sostiene questa punta. Più larga è la base, più alta la punta.
Il problema della pubblicità italiana è in parte di semplici dimensioni di mercato (inteso come numero di lavori prodotti, non come fatturato): circa un decimo del mercato inglese (soprattutto se depuriamo dalla TV, che in Italia è un fattore di distorsione perché drena molti budget che altrimenti andrebbero in altri canali a maggiore intensità di lavoro creativo e produttivo); in parte di formazione delle persone e di investimenti professionali: poche agenzie investono sui dipendenti e sulla loro formazione; in parte di deregulation selvaggia dei rapporti di lavoro: anche l'assoluta precarietà del rapporto di lavoro (anche fra agenzia e cliente, beninteso) e l'incertezza dei pagamenti non favoriscono un settore sano.
Quindi, paradossalmente, la stabilità dei risultati dei professionisti di talento, gli eccellenti, poggia sulla base dei mediocri: più sono i "mediocri", più elevata è la loro "media", più è facile per chi ha talento produrre lavori eccellenti. Questo può essere deludente per qualcuno, perché è più romantico pensare al genio eccellente che supera tutti gli ostacoli. Ma difficilmente il genio lavora nel vuoto.
E' lo stesso motivo per cui in Italia e Francia ci sono i vini migliori del mondo: perché ci sono Tanti Produttori di Vino, non perché qualcuno ha trapiantato qui i Venti Migliori Produttori. In tutti i casi, se la metafora della piramide è calzante, l'unico modo per alzare la punta è allargare la base, e renderla più solida".
A questo punto metto la mia firma in fondo a questo pezzo, che in realtà è di Gianni. La questione però supera l'autore: non è che il problema è stato lasciare la nostra industria nelle mani dei soliti Talentuosi Happy Few, ed adesso la crisi ce la becchiamo tutti?
Pasquale Diaferia pasquale@specialteam.it