Editoriale
Space available here. Paolo Ettorre
E' stato quasi meglio che la notizia di Paolo mi sia arrivata dieci minuti dopo che era già stato messo on line il mio pezzo di settimana scorsa. Con sette giorni alle spalle hai il tempo di filtrare la reazione istintiva. Di meditare su ricordi che a caldo non saltano subito fuori. Paolo era uno che ti dava calci nel sedere. Uno che ti insegnava sopratutto quando ti stava facendo il culo. Non ne sono rimasti molti di capi d'agenzia di questo livello.
Adesso sono tutti finanziari, se va bene. Se va male, account ricattati dai finanzieri di Londra o New York. L'ultima volta che l'ho incrociato, indossava la maglia azzura della nazionale. Con i clienti e la Sipra si guardava Italia Australia al Martinez. L'ho presentato ai miei figli adolescenti. Erano felici di aver conosciuto uno più ragazzino del loro padre. "E mi sa che è uno importante" aveva aggiunto il più scafato dei tre.
Paolo è davvero tra quelli che in questo paese hanno valorizzato questo mestiere. Forse l'ultimo di quelli che lo facevano sul serio. Perché sapeva divertirsi. Via Lui, prepariamoci ad una generazione di CEO che si prendono sul serio. E non si sa neanche perché.