Editoriale
Space available in Cannes: Bobby Charlton
(Cannes).Auditorium Debussy pieno in ogni ordine di posti, con delegati che vengono da
tutti i paesi del mondo.
Ti aspetti uno speech di David Droga, piuttosto che
una conferenza di Alex Bogursky. E invece appare Sir Bobby
Charlton, uno degli ex calciatori più famosi del mondo, e per 50 minuti
incanta la platea su come costruire il futuro del brand calcistico più famoso
del mondo: il Manchester United.
Sì, proprio quelli che il Milan ha recentemente battuto in Champions.
Vengono qui in forze davanti ai più grandi utenti del mondo, e sciorinano cifre
da paura, oltre che manager di grande profilo. Una lezione di capacità di fare
business anche in questo campo, dove siamo pur campioni d'europa per club e del
mondo per nazioni. Dopo le solo 8 short list in 5 categorie, un primato che
nemmeno la Thailandia può invidiarci, veniamo scippati anche sul nostro terreno
elettivo.
Segno che saremo bravi sul campo, ma quando si deve fare business, usare il marketing e la creatività, essere professionisti, ecco che ritorniamo ad essere serieB.
Forse il problema sta tutto qui. Perché Milan ed
Inter, i più grandi club italiani hanno lunga e gloriosa
storia, grandi campioni, milioni di tifosi in giro per il mondo (MU ne ha 75, ma
anche noi non siamo da meno). Ma il Manchester United ha un database con
registrati più di 4 milioni di questi consumatori, con i quali dialoga in
continuazione, attraverso il suo sito web e la sua tv satellitare, secondo i
principi del direct marketing.
Ma il Manchester solo in Corea del Sud ha 750
mila tifosi non inglesi che fanno la spesa con la carta di credito del club.
Poi non chiediamoci perché siamo così poco considerati qui a Cannes, anche come pubblicitari. Ci facciamo lasciare al palo perfino sull calcio. Gli inglesi vincono i Grand Prix e mostrano con orgoglio Bobby Charlton.
Noi fatichiamo sui bronzi, ed in giuria non abbiamo neanche un Luciano Moggi.