Editoriale

Vernice fresca. Ritorno da Miami

Pubblichiamo il nuovo contributo di Linda Bulgheroni , managing director di Weber Shandwick. Tema: alcuni spunti di riflessione dal Global Leadership Meeting di Weber Shandwick. "Sapevo che si sarebbe parlato di social media, l'insieme di strumenti di testo, immagini, audio, video e piattaforme utilizzate per costruire contenuti e condividerli".

Miami, 10-13 settembre 2006, Global Leadership Meeting di Weber Shandwick. Arrivo preparata e curiosa. Già sapevo che in questa occasione si sarebbe parlato, tra l'altro, di social media, l'insieme di strumenti di testo, immagini, audio, video e di piattaforme diverse utilizzate per scambiarsi opinioni, esperienze e per costruire contenuti e condividerli. Ma lo confesso: non avevo mai visto a un social media press release. Sarà stata per colpa dei tanti neologismi "appiccicati" in slang americano (podcasting, wikis, bulletin boards, eVites, RSS, social bookmarking...), ma l'ascolto per me si è fatto da subito complesso e dopo mezza giornata ero già "shakerata".

Eppure, se non fosse stato per le tante telefonate di lavoro dall'Italia che mi riportavano alla più rassicurante quanto noiosa realtà di ogni giorno, avrei dato maggior spazio in quei giorni sia a qualche riflessione in più sul futuro del marketing PR sia a quel mix di diverse e inconsuete emozioni che stavo provando (orgoglio multinazionale, gratificazione del nuovo, ma anche un po' di sano scetticismo...). Mi sono sentita da subito orgogliosa di far parte di un gruppo che sta contribuendo a segnare la storia della comunicazione nel mondo. A Miami ho visto segnali di forte rinnovamento professionale; qui ho incontrato un management giovane e informale, ma preparato e rigoroso, appassionato, ma mai "invasato". Colleghi neri, bianchi, indiani, ispanici. Insomma, ho visto una nuova frontiera di professionisti affiancare la vecchia guardia con forte coesione culturale e metodologica ma con evidenti diversità di approccio che sicuramente conferiscono preziosa ricchezza all'organizzazione tutta.

Al di là dell'affascinante approfondimento sui diversi strumenti e le nuove dinamiche relazionali, mi ha appassionato anche scoprire la più recente alternativa al SEO - Search Engine Optimization (attività per il posizionamento nei motori di ricerca). Si chiama Social Media Optimization e va a integrare le strategie di visibilità nei motori di ricerca con conseguente impatto positivo e autorevole tra opinioni e conversazioni di utenti, consumatori, influenti, autori e mediatori di contenuti. Pur non interessando direttamente la nostra disciplina, il Social Media Optimization offre spunti di riflessione sulla rilevanza dell'impatto che i social media hanno sulla reputazione, area elettiva delle relazioni pubbliche. Sebbene io condivida l'entusiasmo e l'interesse per questo nuovo mondo mediatico sempre più sociale che sta rivoluzionando la comunicazione intera, è bene riportare il fenomeno nella sua dimensione reale e puntualizzare alcune aree d'ombra. Secondo PQ Media, nel 2005 la pubblicità sui social media è cresciuta del 198,4% e per quest'anno si stima un ulteriore incremento del 145%. Sono crescite a tre cifre, che si giustificano proprio in virtù dei piccoli numeri ancora raccolti da questo mercato, caratterizzato, peraltro, da grandi concentrazioni dell'industria dell'Hi-Tech.

Advertising Age ha recentemente analizzato il comportamento dei cittadini adulti statunitensi nei confronti delle nuove forme di distribuzione dei contenuti su Internet. I risultati sembrano confermare più dubbi che certezze. Secondo i dati forniti da Jupiter Research, soltanto il 7% degli americani adulti scrive sui blog; il 22% li legge; l'8% ascolta i podcast; il 5% utilizza i feed RSS. Le evidenze in tal senso sono tante e anche analizzando la popolazione più giovane i numeri sembrerebbero sorprendentemente ancora molto bassi. Navigando in Rete mi sono poi imbattuta in un certo Karl Long, il quale ha stilato una lista delle cinque più importanti implicazioni che i social media hanno sul lavoro delle agenzie di comunicazione. Ho trovato molto interessanti i risultati cui è giunto Long e che consiglio di leggere con attenzione a tutti coloro si occupano di comunicazione.

Long sostiene, tra l'altro, che il fallimento di alcune campagne dovrebbe essere non soltanto accettato ma addirittura incoraggiato. Sono d'accordo sul fatto che gli uomini di marketing oggi siano ancora non molto coraggiosi e che i nostri clienti spesso appaiono poco disposti a "rischiare" sperimentandosi su territori nuovi. Al cliente, però, non può essere chiesto uno sforzo di learning by doing. O meglio: tale sforzo costituisce una vera eccezione, poiché presuppone un rapporto di partnership con il consulente che va oltre l'ordinario e un'assai chiara condivisione delle reciproche aspettative. Sono tornata da Miami certamente più ricca e con un pacchetto formativo per il nostro staff organizzato dalla School of Work di Weber Shandwick, il team internazionale che curerà i corsi di approfondimento sulla tecnologia applicata alle relazioni pubbliche. E' un pacchetto interessante che non mancherò di seguire e proporre ai miei colleghi.