Inchieste

Deep Impact

Pubblichiamo il secondo articolo dell'inchiesta uscita sull'ultimo numero di NC e dedicata all'andamento del mercato della comunicazione negli ultimi 10 anni. Il mutato scenario della comunicazione ha imposto ai partner di affrontare nuove sfide, di ampliare le diverse competenze e di rivedere l’organizzazione interna per accogliere gli stimoli provenienti dall’esterno, rimodellando il proprio modus operandi sulla base dell’evoluzione in atto. Che si possa definire o meno rivoluzione, tutti, sia le agenzie sia i centri media, concordano su un punto: il cambiamento è tutt’altro che concluso.
Rivoluzione o evoluzione: questo è il problema. Perché parliamo di un mondo, quello della comunicazione, mai immobile, da sempre in costante movimento. Risulta dunque difficile capire fino a che punto quello che ha attraversato l’ultimo decennio sia un terremoto, o quanto invece si tratti dell’accelerazione di un processo già in corso, comunque inevitabile.
“Ogni processo evolutivo importante - esordisce Guerino Delfino (in foto a sinistra), presidente e amministratore delegato Ogilvy Italia - è segnato da piccole, grandi rivoluzioni, indispensabili e inevitabili al tempo stesso. È ciò che accade anche nella comunicazione: cambiano sia il ‘cosa’, ovvero il contenuto, sia il ‘come’, cioè le modalità di trasmissione del messaggio. La rivoluzione è nel digitale, nel nuovo tipo di pensiero, nella relazione paritetica tra consumatore e brand, nella digitalizzazione delle attività di advertising...”.

Gli fa eco Massimo Costa (in foto a sinistra), presidente e amministratore delegato Y&R Brands Italia e country manager Wpp: “La comunicazione sta vivendo una rivoluzione tanto rilevante da poter essere paragonata a quella di Gutenberg. In gioco c’è la possibilità di raggiungere grandi quantità di persone in tempi brevissimi, le quali, a loro volta, possono mettersi in contatto fra loro direttamente in tutto il mondo. L’anima di questa rivoluzione è, ovviamente, internet, con tutte le sfaccettature”.

Più cauto Giuseppe Cogliolo, amministratore delegato McCann Erickson: “Non parlerei di rivoluzione, ma di arricchimento dei punti di contatto tra i brand e i propri clienti/consumatori. Del resto, nella storia degli ultimi decenni l’avvento di un nuovo media e di una nuova modalità di accesso all’informazione non ne ha mai soppiantato un altro”.

Velocità, trasformazione dei ruoli e avvento di modalità relazionali e interattive sono i concetti che si ritrovano nella parole di Daniele Peccerillo, ceo Gruppo DDB: “Direi che si può parlare di un’evoluzione molto veloce nella direzione del consumatore, ossia che mette al centro il consumatore stesso. Internet ha cambiato il modo di comunicare delle aziende, trasformando le forme di interazione. Se prima si procedeva in modo unidirezionale da uno verso tutti, adesso, attraverso i social media, si sono affermate forme bidirezionali, che attribuiscono al consumatore la possibilità di esprimere opinioni e punti di vista anche in riferimento alle marche e ai loro prodotti. Non è un caso che le campagne che hanno più successo sono quelle che riescono a coinvolgere il consumatore, intrattenendolo”.

Giorgio Brenna
, chairman Leo Burnett, parla invece di una rivoluzione lenta e graduale: “Mentre la rivoluzione classica ha subito effetti immediati, questa ha, invece, conseguenze più diluite nel tempo, ma ancora più devastanti”.

Diffusa è anche l’opinione di chi ritiene non solo difficile ma anche inopportuno distinguere fra i due concetti. Comunque lo si voglia definire, il cambiamento ha conseguenze che investono tutta la comunicazione: di quelle relative ai mezzi abbiamo lungamente parlato nell’articolo precedente. Resta ora da vedere in che modo e in che misura gli operatori riescano a fare i conti, quotidianamente, con uno scenario in movimento.

La sfida del nuovo consumatore e del digitale
Avvento del digitale, centralità del consumatore, nascita di mezzi non convenzionali: i cambiamenti degli ultimi dieci anni hanno modificato l’assetto e l’approccio al mercato delle agenzie, attrezzatesi per cogliere sfide e opportunità offerte dal nuovo che avanzava. “Da un punto di vista creativo è stata un’infinita boccata di ossigeno, dopo anni in cui sembrava che tutto si fosse cristallizzato sulla pagina di un giornale, i fogli di un’affissione, la traccia di una radio o la pellicola di uno spot - commenta Vicky Gitto, direttore creativo esecutivo e vicepresidente esecutivo Y&R Brands -. Credo che la vera rivoluzione sia stata creativa nel senso più ampio del termine”.

La nuova posizione del consumatore nella società e, dunque anche nelle strategie dei brand, è il primo elemento propulsore di questo processo di innovazione. Come spiega Jane Reeve, ceo JWT/RMG Connect: “Il nuovo ruolo dell’individuo è la vera grande innovazione degli ultimi anni: l’utente è il re, è lui che sta al centro con i suoi bisogni, interessi, motivazioni, desideri e disaffezioni. Egli ha ridefinito anche le sfere di influenza, facendo emergere criticità che forse prima passavano in secondo piano”.
In un tale quadro, internet e il digitale hanno un ruolo di primaria importanza, in quanto enfatizzano e favoriscono la centralità del consum-attore.
“Il digitale ha determinato la necessità di cambiare radicalmente le regole d’ingaggio nel dialogo con il consumatore, che, essendo oggi più potente del passato, va approcciato con molta più attenzione e umiltà - spiega Mario Attalla, amministratore delegato Grey Italia -. La fedeltà è sempre meno garantita e non passa necessariamente attraverso il prodotto, ma piuttosto dalla relazione”.

E proprio sul concetto di ‘relazione paritetica’ torna Delfino (Ogilvy Italia), il quale riconosce nel social la chiave di un nuovo rapporto tra marca e utente. “Il consumatore è, indubbiamente, al centro, e questo porta le aziende da una parte e le agenzie dall’altra a dover rivoluzionare le modalità di relazione e di trasmissione delle informazioni. Il ‘nuovo’ sta nel cruciale passaggio dal tradizionale posizionamento al concetto di ‘prendere posizione’, dalla Big Idea al Big Ideal. I digital device sono nelle mani del consumatore e oggi sostituiscono la televisione, nel senso che consentono di creare veri e propri palinsesti personali, dove le trasmissioni e i contenuti non seguono una logica push, ma si arricchiscono di elementi di gaming, intrattenimento, cultura. Le marche, se vogliono comunicare in modo efficace, devono inserirsi in questi palinsesti personali”.

“L’online permette di instaurare contatti diretti, che suscitano risposte immediate da parte degli utenti - interviene Peccerillo (Gruppo DDB) -. Certo, però, bisogna essere disposti anche a recepire gli eventuali commenti negativi che i consumatori possono esprimere”.

Data per assodata la supremazia del digitale nel ridefinire le logiche relazionali tra i consumatori e tra questi ultimi e le aziende, vi sono, nel panorama ormai vastissimo dei mezzi, altri strumenti che generano interazione, che attivano il contatto e che quindi, al pari del digitale o integrati a esso, garantiscono efficacia. “Nel nuovo contesto - continua Peccerillo (Gruppo DDB) - si assiste a una forte parcellizzazione delle opportunità di contatto con il consumatore, molto più alta rispetto al passato. Oltre al digitale, ritengo sia importante sottolineare l’importanza strategica del punto vendita e delle operazioni di marketing activation. Queste ultime, anche quando realizzate in modalità ‘one shot’, come per esempio, un flash mob in una piazza o una strada, possono svolgere un ruolo fondamentale, soprattutto se rinforzate da un’adeguata comunicazione via web”.

Sotto il segno dell’integrazione
Se dunque la parola d’ordine è coinvolgimento, allora diventa prioritario utilizzare tutte le leve a disposizione per raggiungere l’obiettivo, facendole interagire fra loro. “Non amo l’espressione ‘comunicazione integrata’ - continua Delfino (Ogilvy Italia) -: è vecchia, superata. Presuppone ancora una dinamica relazionale ‘top down’, in cui la marca va a pescare il consumatore-target laddove si trova. È un concetto pre-digital, ormai ampiamente assimilato, reso inattuale proprio dalla diffusione dei mezzi digital. La comunicazione, oggi, è olistica, in un’ottica in cui non è la marca che comanda, bensì il consumatore che decide il rapporto con i brand”.

Quasi inesistente dieci anni fa, l’integrazione fra i diversi strumenti di comunicazione è diventata nel tempo una strategia sempre più diffusa e accettata da aziende e agenzie. Certo, il percorso è tutt’altro che concluso, e sarebbe ingenuo fare di tutta l’erba un fascio.
“Ci sono aziende che hanno già adottato vere e proprie strategie integrate e altre che faticano - precisa Attalla (Grey) -. È la conseguenza di un universo consumatori spaccato in due: da una parte vi è la massa maggioritaria delle fasce più tradizionali e conformiste, e dall’altra ci sono le avanguardie che hanno comportamenti e consumi molto diversi, più difficili da conquistare, mantenere e alimentare”.

Di necessità virtù
La sfida che i partner di comunicazione devono affrontare è dunque importante. Perché, come spiega Cogliolo (McCann Erickson), “i ‘touch point’ sono aumentati e l’adv idea si è trasformata in una communication idea. Il nostro lavoro rimane quello di ‘creare connessioni’ tra marche e persone, di costruire legami affettivi, o perlomeno consuetudini di consumo, e per fare questo dovremo sempre raccontare storie, suscitare emozioni”.

Diverse le dinamiche che si sono instaurate all’interno delle agenzie di comunicazione. La centralità, fino a ieri indiscussa, della coppia creativa copy-art, ad esempio, è stata messa in discussione, con la conseguente affermazione di team composti da diverse professionalità, che operano all’insegna del continuo scambio di stimoli, idee e conoscenze.
Questa idea è ben espressa da Jane Reeve (JWT/RMG Connect): “Se prima si poteva dire di saper fare un lavoro, oggi tale espressione è l’anticamera della sterilità. L’essere disposti ad apprendere nuove competenze, se qualche anno fa era una dote richiesta soltanto in determinati momenti della carriera, oggi è una vera e propria forma mentis da raggiungere e coltivare”.
Da parte loro, ciascuna delle agenzie ha affrontato a modo proprio le sfide dell’evoluzione-rivoluzione.

Nel caso di Y&R decisivo è stato il cambio di sede in Via Tortona 37, in cui convivono tutte le realtà del gruppo (Y&R, Burson Marsteller, Landor, Wundermann, VML), che lavorano a stretto contatto, in una logica completamente integrata. Si tratta, infatti, non solo di un semplice spostamento di uffici, bensì di una razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse, in un’ottica più che mai sinergica. Spiega il concetto Costa (Y&R Brands Italia e Wpp): “Le distinzioni tra comunicazione nuova e tradizionale hanno perso completamente di significato. Più la comunicazione è integrata, e meglio è. Non a caso, noi, in via Tortona, abbiamo realizzato una sede impostata proprio per seguire, concretamente, i principi dell’integrazione. Fare una comunicazione davvero olistica significa anche mettere in piedi gruppi di lavoro che sistematicamente si muovono in modo sinergico e trasversale tra le varie anime del Gruppo, superando qualsiasi distinzione o barriera interna”.

In Leo Burnett il mutamento è iniziato cinque anni fa, con l’arrivo al timone di Giorgio Brenna, ed è stato ‘esplosivo’ negli ultimi due anni. “Importante per noi è gestire le risorse umane dal punto di vista delle attitudini personali, e non solo delle professionalità - spiega Brenna -; abbiamo demolito le linee di demarcazione fra le varie specializzazioni, in un’ottica di condivisione. E poi consideriamo il target sempre più come persone, con il metodo ‘human kind’ lanciato tre anni fa”.

In JWT/RMG Connect, realtà nata nel novembre del 2009 dall’integrazione fra l’agenzia pubblicitaria e quella di relationship marketing, è stata istituita una experience unit, che ha fra gli obiettivi quello di individuare, analizzare e filtrare ogni innovazione tecnologica e digitale, studiandone le possibili applicazioni. Anche per Grey, del resto, l’attuale struttura è frutto di una riorganizzazione abbastanza recente: nel 2006 si stabilisce al management Mario Attalla, che insieme al direttore creativo Francesco Emiliani riposiziona e rilancia l’agenzia sul mercato.
Risale, invece, a ormai undici anni fa la nascita di McCann Worldgroup, al cui interno esiste una forte leadership nell’expertise digitale.

“Il modello di business sta cambiando - interviene Delfino (Ogilvy Italia) -. I clienti chiedono sempre maggiore consulenza, per cui le agenzie devono formare e coltivare gli specialisti della nuova comunicazione, persone, cioè, in grado di mettere insieme gli aspetti emozionali della comunicazione agli elementi quantitativi. L’unione di queste due anime sta diventando cruciale. Poi c’è il digitale, che ha imposto una totale revisione dell’offerta di servizi delle agenzie. Basti pensare a come Ogilvy è cambiata negli ultimi dieci anni, inserendo, ampliando e studiando a fondo concetti come il social crm, social branding, crm online... È di cinque anni fa la nascita della divisione 360° Digital Influence”.

Anche le centrali media si sono trovate ad affrontare le sfide del mercato, cambiando radicalmente il proprio approccio: il risultato più lampante è stato il crescente allontanamento dal ruolo iniziale di strutture adibite al planning e al buying e la conseguente evoluzione in agenzie di comunicazione in senso più ampio.
Come spiega Vittorio Bonori, ceo ZenithOptimedia: “Il ruolo delle agenzie media è profondamente cambiato negli ultimi dieci anni e la trasformazione è solo agli inizi. Il concetto di partnership con le aziende muterà fisionomia e sono certo che le agenzie media saranno sempre più determinanti nella generazione dei risultati di marketing e comunicazione delle aziende. Di fronte a questo ‘salto tecnologico’, il gruppo Publicis ha investito con largo anticipo in ambito digitale”.

In Mindshare, il cambiamento ha toccato il cuore stesso della struttura, cioè il reparto strategico che non solo si va sempre più digitalizzando, ma che sta anche ampliando le proprie competenze, integrando le capacità di analisi e di progettazione multipiattaforma.

Per Maxus, l’ultima realtà nata nel GroupM, il concetto di rivoluzione è nel suo stesso Dna. “Maxus nasce in Italia due anni fa dalla fusione di due realtà, Maxus Bbs e Mc2 - spiega Federico De Nardis, managing director Maxus - per offrire ai clienti una soluzione alternativa e più snella a quella delle grandi strutture nate negli anni ’80-’90. Il network vuole rispondere alla domanda delle aziende che necessitano di approcci innovativi e, soprattutto, di competenze digitali”.

Un futuro movimentato
Dieci anni ricchi di cambiamenti hanno già lasciato un segno profondo. Ora è tempo di guardare al futuro, che sarà, per tutti gli intervistati, all’insegna del coinvolgimento del pubblico, di una maggiore socialità e relazione e, soprattutto, di una sempre più concreta convergenza fra i mezzi. Come spiega Reeve (JWT/RMG Connect): “Guardiamo con molto interesse le ulteriori evoluzioni di una ‘socialness’ sempre più pervasiva, per il valore che questa dimensione aggiunge sia all’esperienza degli utenti che al modo di relazionarsi delle aziende”.

Non si rivela particolarmente ottimista Costa (Y&R Brands Italia e Wpp), che critica il prevalere, nei clienti, di un’ottica di breve, ovvero di una mentalità manageriale ancora troppo ancorata a progetti tattici, nonché la difficoltà di innovare: “Il futuro in Italia? Molto triste: abbiamo pochi giovani, non ci sappiamo rinnovare, abbiamo modelli di business vecchi e obsoleti, clienti spesso poco interessati agli investimenti a lungo termine; il rapporto con loro è poco impostato sulla partnership, e molto sulla dinamica cliente-fornitore. Per invertire la rotta, servirebbe una classe dirigente, nelle aziende, capace di muoversi con progetti strategici a medio-lungo termine. Le agenzie, da parte loro, dovrebbero essere disposte a rinunciare al new business, pur di mantenere i margini”.

L’identikit delle agenzie, in ogni caso, è destinato a mutare ancora. Innanzitutto nella conferma del loro ruolo strategico: “Il mondo digitale avrà bisogno, in misura crescente, di integrare gli aspetti quantitativi a quelli creativi e questa è la nostra grande sfida”, interviene Delfino (Ogilvy Italia).

Ne è convinto anche Peccerillo (Gruppo DDB): “Le agenzie dovranno sicuramente riorganizzarsi e cambiare il proprio modello di business, attribuendo maggiore importanza al digitale e agli approcci strategici focalizzati sulla valorizzazione della linea complessiva della marca, piuttosto che sulla singola campagna”.

In secondo luogo, anche dal punto di vista strutturale: “Si affermeranno i grandi gruppi in grado di offrire un servizio out standing per clienti locali e internazionali - pensa Gitto (Y&R Brands) -, mentre dall’altra parte si apriranno spazi per realtà emergenti di dimensioni ridotte, in grado di offrire grande professionalità dedicata a progetti specifici. Tutte le vie di mezzo tenderanno a sparire”. Infine, il mutamento investirà il concetto di servizio. Ne è convinto Cogliolo (McCann Erickson), che spiega: “Semplificare l’interfaccia nella gestione dei clienti, offrire soluzioni orchestrate da parte di un unico interlocutore, affiancare l’imprenditore e il management in un ruolo di coach, ragionare di più in termini di risultati di mercato e di business. Non è il ritorno all’agenzia a servizio completo degli anni ’80, ma credo che il pendolo oscillerà in quella direzione”.

A-Tono: creatività al servizio della tecnologia
Un punto di vista diverso, ma ugualmente esemplificativo dell’evoluzione dell’ultimo decennio, è quello di A-Tono, agenzia specializzata in mobile marketing e digital communication, anch’essa alla vigilia del decimo compleanno. “La nostra agenzia ha percorso la strada che ha visto l’affermazione del mobile come personal media - spiega Giuseppe Caspani, managing director A-Tono -. Fin da subito, abbiamo offerto soluzioni e contenuti adatti al mezzo e alle sue specifiche peculiarità, con un approccio ‘creatology’, ovvero in grado di delineare in chiave creativa la comunicazione sui nuovi media”.

Forte di un modello organizzativo di azienda-agenzia, A-Tono continua a cavalcare le novità offerte dal mercato, fra cui la geolocalizzazione e il QR-Code. Al contempo, guarda con attenzione agli sviluppi creativi. In quest’ottica, di recente ha fatto il suo ingresso in agenzia come direttore creativo Sergio Muller, proveniente da Rapp Collins.
“Ancora oggi, sopravvive presso alcune aziende lo stereotipo del mobile come mezzo solo per giovani - continua Caspani -. Ma la diffusione dell’internet mobile sta spostando l’attenzione sulle infinite possibilità di questo personal media, che permette una comunicazione continuativa fra azienda e consumatore, e fra gli stessi consumatori”. Il problema, però, è spesso quello dell’offerta di contenuti utili da parte degli operatori, a cui si aggiunge la mancata conoscenza, da parte del cliente, delle specificità del mezzo.
Il futuro del mobile e del digital marketing sarà comunque in crescita. “Tecnologia, marketing e creatività saranno le parole chiave di domani”, conclude Caspani.

Ilaria Myr