Inchieste

NC. I must? Integrare, contaminare, dialogare

Sono queste le parole d'ordine nell'era della multicanalità, che vede la popolazione spaccata in due nella fruizione digitale. La sfida per le agenzie è fare convivere 'il vecchio' e 'il nuovo' attraverso contenuti rilevanti, strategie targetizzate grazie ai dati e, soprattutto, instaurare una conversazione con il proprio pubblico. Pubblichiamo l'articolo relativo all'inchiesta 'Italians do it better' tratto dall'ultimo numero di NC -Nuova Comunicazione.

Sono 31,7 milioni gli individui sopra i 14 anni (60% della popolazione italiana) che hanno adottato un comportamento multicanale nelle diverse fasi del processo. Mentre sono 21 milioni (40% della popolazione) quelli che non si connettono a internet dal 2012.

È un panorama tutt’altro che omogeneo quello dei consumatori italiani che emerge dall’ultima ricerca su come sta cambiando in Italia l’approccio allo shopping e alla fruizione mediale, realizzata dall’Osservatorio Multicanalità promosso da Nielsen, School of Management Politecnico di Milano e Zenith Italy. Un quadro fatto di segmenti di consumatori che tendono a distinguersi sempre di più sia negli stili di acquisto sia nel consumo dei media.

L’indagine individua dunque due gruppi ormai nettamente separati, con una propria stabilità e caratterizzazioni specifiche.

Ancora, una seconda forte divisione si riscontra tra gli InfoShopper, che utilizzano la rete nel processo di acquisto solo per la raccolta di informazioni (11,1 milioni, il 21% della popolazione over 14 e il 35% di chi usa internet), e gli eShopper, che invece se ne servono in tutte le fasi del processo di acquisto (20,6 milioni, il 39% degli italiani e il 65% degli internet user).

Non solo. La frammentazione riguarda anche il consumo dei media, analizzato per la prima volta nella ricerca 2017 grazie a elaborazioni e stime realizzate da Nielsen a partire dai panel delle misurazioni Auditel e Audiweb. Emerge chiaramente come l’apparizione di nuove piattaforme televisive -Free to Air e Pay - in aggiunta all’utilizzo sempre più diffuso del digital abbia parcellizzato la fruizione dei mezzi di informazione: questo non ha significato l’abbandono della tv, bensì una dispersione dell’audience tra le diverse tipologie di canali televisivi e tra i vari canali digital.

Una visione sempre più consumer-centrica

Dopo la fotografia, delineata nelle pagine precedenti, sull’andamento del mercato pubblicitario nel 2018, eccoci dunque a un altro importante frame della industry, quello della fruizione multicanale in Italia, che interessa tutti i player del settore: in primis le aziende, che devono sviluppare strategie e iniziative in grado di costruire relazioni profonde, tenendo conto di questo gap.

“Per le aziende la sfida si articola su tre dimensioni - sostiene Salvatore Ippolito, amministratore delegato Agi -.

La prima è quella di passare da un sistema product-driven a uno consumer-driven che ponga il consumatore come origine del pensiero aziendale. La seconda è di transitare da un’economia della gestione a un’economia dell’innovazione costante, per stare al passo con l’evoluzione del mercato e delle sue componenti. La terza è la dimensione tecnologica, che abilita le prime due e permette l’incontro tra aziende e consumatori a livello potenzialmente individuale e l’erogazione di prodotti e servizi altamente profilati. E qui entriamo nel mondo dell’intelligenza artificiale e del machine learning. Siamo in una nuova economia con nuove metriche. Questa è la strada che porta alla personalizzazione”.

In particolare il digitale ha modificato profondamente la modalità di veicolazione, da un lato, e di fruizione dei messaggi, dall’altro.“Oggi, il messaggio deve essere capito e recepito immediatamente e si privilegia l’emozione, la semplicità - spiega Loris Zanelli, ad PubliOne -: ne emerge quindi la criticità di una comunicazione costruita come tanti segmenti tutti collegati a un medesimo filone strategico. Messaggi quasi ‘usa e getta’, creati,spesso, prendendo spunti dalla stagione, dalla cronaca, dalle ricorrenze del periodo, in grado di far vivere la marca in un’atmosfera di amicizia e di confidenza e che richiedono un aggiornamento continuo in termini tecnici e creativi e, talvolta, aggiustamenti anche di carattere strategico. Ma questa piccola rivoluzione ha anche dato modo ai brand di creare un rapporto molto più diretto con i possibili consumatori. Ora, grazie ai social network, gli utenti hanno la possibilità di creare un vero e proprio dialogo con le aziende”.

L’altra parola d’ordine nell’era della multicanalità è contaminazione fra touchpoint e media, in un dialogo costante fra brand e consumatore. Perché, come spiega Michele Cornetto, ceo & creative director

Tembo: “La customer experience ormai è sempre più immersiva e caratterizzata da un dialogo continuo tra marca e pubblici: è difficile immaginare campagne integrate che non coinvolgano anche i media tradizionali, le pr e gli eventi sul territorio”.

Il contenuto fa la differenza

In questo quadro quali sono le maggiori criticità e opportunità di questo scenario per le agenzie? E quali le strategie da adottare? “La sfida e l’opportunità alla fine restano le stesse di sempre - sostiene Daniele Tranchini, ceo La Fabbrica -: scegliere i canali (oggi li chiamiamo touchpoint) più efficaci per comunicare un dato contenuto a un dato target. Certo, oggi la scelta di canali a disposizione è vasta e la corretta costruzione di un piano di comunicazione è conseguentemente più complessa”.“La compresenza dei media e la crossmedialità mettono le agenzie davanti alla necessità di avere una visione ampia del mercato, trasversale allo scenario complessivo - è convinta Laura Corbetta, ceo Yam112003 -. Si deve avere ben presente il customer journey attraverso i diversi media e come esso va a specchiarsi in un funnel di marketing. Bisogna quindi lavorare in maniera sempre più connessa tenendo conto di tre driver principali di un buon approccio: comunicazione, marketing e business”.

Concorda con questo punto di vista Paolo Roncaglia, general manager Roncaglia Digital Marketing e azionista Gruppo Roncaglia, che sottolinea come “la principale criticità consista nella lettura del consumer journey, che trova oggi differenti formule di ingaggio e di conversione. Certamente bisogna avere una maggiore capacità di lettura dei comportamenti online e offline cercando di avere una maggiore sensibilità sui processi di definizione dei target; poi si tratta di essere capaci di avere all’interno delle proprie strutture competenze integrate, capaci di decodificare e interpretare i touchpoint comunicativi sfruttando al massimo le sinergie tra il mondo digitale e quello fisico, amplificando la dimensione fisica con tecniche in grado di abbinare le potenzialità delle tecnologie con l’impatto della prossimità”.

A monte di tutto, però, ci devono essere dei contenuti in cui i destinatari si identifichino e che abbiano per loro un valore.“Il ruolo dei brand è quello di mettere a disposizione dei propri clienti e prospect un set di contenuti adeguato a sostenere le scelte di coloro che abbracciano la filosofia della marca - spiega Claudio Ragni, founder & ceo Uncommon -. I contenuti per avere un valore devono avere due caratteristiche principali: la rilevanza e la statura.

Oggi chiunque può produrne: la tecnologia ha reso la creazione di contenuti assolutamente democratica, ma non tutti hanno lo stesso peso e la stessa capacità di guidare le scelte. In questo contesto, spetta alle aziende tornare ad acquisire,se non più il monopolio,sicuramente la leadership nella produzione di contenuti di qualità”.

C’è un altro concetto, poi, da tenere presente: la ‘personalità multipla dello shopper’. In momenti diversi e a seconda dei ruoli differenti che svolge nella vita, ogni persona è un consumatore diverso, con comportamenti e abitudini diverse.“Muoversi e avere successo in un contesto così complesso non è semplice - continua Ragni -, ma lo sviluppo di contenuti ad alto valore, rilevanti per i segmenti a più alto potenziale garantisce un ritorno sull’investimento ottimale, oltre che un aumento generale del valore del brand”.

E domani? Quale sarà l’evoluzione di questo scenario, in cui la fruizione mediale e la comunicazione dei brand sono ormai crosscanali per default? “Con il cambio generazionale e la fruizione degli strumenti digitali il tema della multicanalità sarà sempre più importante e ancora più determinante in un mondo ormai caratterizzato dai digital native - è convinto Paolo Romiti, amministratore delegato e presidente H2H -.

L’obiettivo delle agenzie dovrà, quindi, essere quello di definire i contenuti, ma anche e soprattutto inquadrare con efficacia le modalità con cui parlare ai clienti, valutando i canali più adeguati da utilizzare per coinvolgerli con i mezzi più appropriati”.

Un ruolo sempre più centrale sarà quello dei dati e dei numeri, da utilizzare per sviluppare creatività efficaci e targettizzate.

“La sfida è continuare a conciliare la reattività con la qualità, che non possiamo solo raccontare: deve essere certificata dai numeri, dai kpi raggiunti - aggiunge Sergio Müller, creative and planning director A- Tono -. La strategia è partire dai numeri, interpretarli per dare vita a creatività che emozionino le persone e le facciano agire, per misurare infine i risultati e stabilire se i nostri messaggi abbiano funzionato per decidere come correggerli e migliorare”.

Ma la comunicazione tradizionale continuerà a esistere e co-esistere con quella più nuova e digitale. Perché, come dice Diego Lifonti, presidente The Story Group:“La criticità è quella di tenere insieme il ‘vecchio’ e il ‘nuovo’, il tradizionale e il digitale, il mono-canale con il multicanale. È un tema culturale che richiede un mix di risorse giovani formatesi professionalmente negli ultimi cinque-dieci anni al massimo, con risorse di lungo corso nella comunicazione di brand e d’impresa. Come nella dinamica fra agenzie digital versus le agenzie di comunicazione tradizionali, non prevarranno né l’una né l’altra, ma solo soggetti nuovi nati dalla fusione delle due competenze e sensibilità”.

 

(Nella foto in alto: Per la piattaforma di gioco Sony PlayLink, H2H ha ideato e sviluppato ‘Gioca con PlayLink’, concorso flash sponsorizzato sulla pagina Facebook di Sony PlayStation Italia, con la partecipazione del Trio Medusa)