
Inchieste
Inchiesta NC. Italians do it better. Per le agenzie indipendenti, aggiornamento e investimenti i must per essere competitive. L'indipendenza un grande plus
INTRODUZIONE
“Ciò che da sempre fa la differenza è la visione e la capacità di innovare degli italiani, ma i grandi gruppi spesso si trasformano in gabbie perché ogni azione deve essere allineata alle direttive di qualcuno che spesso non conosce nemmeno la realtà diretta del Paese. Una realtà indipendente offre l'opportunità di spaziare a 360 gradi, mentre all'interno di aziende molto strutturate è molto più difficile cambiare direzione in modo repentino ed esprimersi liberamente”.
Non potevamo scegliere una frase più eloquente di questa per iniziare la decima edizione dell’inchiesta annuale dedicata alle agenzie italiane indipendenti, soprannominata provocatoriamente ‘Italians do it better’: e lo è non solo per il suo contenuto, da sempre ribadito ogni anno dagli intervistati, ma anche e soprattutto perché a pronunciarla sono due professionisti del mercato della comunicazione, Vicky Gitto e Roberto Battaglia, fino a qualche mese fa legati a grandi sigle del gruppo Wpp, che hanno scelto volontariamente la strada dell’indipendenza aprendo la Gitto Battaglia 22. Un segno forte, questo, di un trend del mercato che in dieci anni - da quando NC se ne occupa in modo dedicato con questa inchiesta - non solo non accenna a diminuire, ma, complice anche la crisi dei grandi gruppi internazionali, sembra destinato a crescere ulteriormente. A monte, uno scenario in rapida e continua evoluzione, che soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento del digitale, ha rivoluzionato il mercato della comunicazione. Come ogni anno, dunque, andremo ad affrontare le tematiche più calde del settore dal punto di vista di quelle realtà nostrane che hanno fatto dell’indipendenza dai grandi network e dell’italianità la loro bandiera. Partiremo dalle parole chiave di oggi del mercato, big data e intelligenza artificiale, che pongono i player del settore davanti alla necessità di essere continuamente aggiornati e, allo stesso tempo, di investire in competenze e tecnologie.
Un aspetto, questo, che le strutture interpellate nell’inchiesta non vivono come una criticità - nonostante non abbiano budget comparabili a quelli dei grandi network - ma che anzi possono gestire in totale autonomia, proprio perché indipendenti. Quale sarà il loro ruolo nel prossimo futuro? Su questo le strutture non hanno dubbi: sicuramente quello da protagoniste.
AGENZIE PADRONE DI SE STESSE
Cisco dixit: Intelligenza artificiale e machine learning, insieme a Internet delle cose e 5G, ultra HD, realtà virtuale e blockchain, saranno fra i trend tecnologici del 2019 (fonte Cisco Visual Networking Index (VNI)). Un dato, questo, di cui i player del settore devono tener conto, e soprattutto le agenzie, che devono essere in grado di gestire intelligenza artificiale e big data per offrire ai clienti progetti di comunicazione efficaci. Perché, come dice Paolo D’Ammassa, ceo Connexia: “Il cambiamento rappresenta sempre un’opportunità per chi lo intercetta per tempo ed è capace di evolvere rapidamente”. “Bisogna partire sempre da un’idea - precisa Cesare Casiraghi, direttore creativo Casiraghi Greco& - e pensare a tutto tondo, cercare ogni volta il punto di partenza ideale, senza preconcetti, con una capacità di reazione importante, dove il fattore numerico è solo uno dei tanti elementi del marketing mix”.
Ma che cosa implica tutto ciò? Prima di tutto, la capacità di trovare un equilibrio fra artificiale e umano. Come spiega chiaramente Stefano Mocellini, founder & ceo Diana Corp: “C’è molta più attenzione ai dati, è innegabile. Ed è un bene. Ma la comunicazione conosce ragioni che i numeri non conoscono: lo spunto creativo e il gusto non devono passare in secondo piano, coperti dall’illusione che basti l’analisi numerica a spiegare tutto. L’eccesso di storytelling ha portato risultati discutibili, è vero, ma l’intenzione iniziale non era sbagliata. Va bilanciata con dati di realtà, se no si rischia di passare da un eccesso all’altro e di confondere i mezzi con l’unico vero fine: migliorare la propria comunicazione, renderla più efficace”.
“È fuori dubbio che oggi tecnologia e dati costituiscano degli asset imprescindibili - aggiunge Giulia Roncaglia, direttore generale Gruppo Roncaglia -, ma devono affiancarsi e integrarsi con la strategia creativa, che resta un elemento determinate nella performance delle strategie di comunicazione. In altre parole, la leva del nostro settore rimane sempre la ‘human intelligence’”.
Concorda con questo punto di vista anche Giulio Merlo, ceo Gruppo Merlo, agenzia specializzata in eventi che di recente si è aperta anche alla comunicazione a 360°, che spiega: “Queste trasformazioni di settore hanno comportato un’evoluzione di approccio alla realizzazione dello storytelling attraverso l’utilizzo dei dati per individuare i giusti target e monitorare i risultati. Importante è non lasciare che il risultato dell’analisi dei dati condizioni e/o limiti la creatività necessaria alla realizzazione di uno storytelling originale”.
Per chi, poi, si occupa di brand identity, come Univisual, è necessario qualcosa di più importante della tecnologia, “allo scopo - spiega il ceo Gaetano Grizzanti - di riuscire a definire una ‘personality’ coerente, a prescindere dal pubblico, dal media in cui opera e dai dati che segmentano un cluster. Bisogna prestare attenzione ad apparire sempre autentici, perché il rischio è una tendente omologazione che può rivelarsi negativa”. Mentre, per le agenzie digital, spiega Riccardo Jelmini, amministratore delegato Digitalgo, “le interazioni con i clienti sono cambiate e così anche il modo in cui questi clienti interagiscono con i brand. I brand hanno perciò il dovere di rispondere a questi cambiamenti attraverso nuove soluzioni digitali in grado di poter rendere l’experience dei propri clienti il più facile e semplice possibile”. La sfida per le agenzie rimane quella di sempre: intercettare la giusta categoria di utenti, facendo scoprire il brand a chi ancora non lo conosce e dall’altro rafforzare il legame di chi lo conosce già attraverso un processo d’identificazione e d’interazione. “Il nostro contributo è quello di mettere a disposizione una serie di soluzioni creative e innovative al servizio dell’azienda - commenta Giulio Merlo (Gruppo Merlo) - per trasferire le analisi nelle più efficaci strategie di comunicazione e d’ingaggio verso i consumatori, sia in chiave di acquisizione che di fidelizzazione”.
Aggiornamento e investimenti i must
In un tale contesto, le agenzie devono, da un lato, essere continuamente aggiornate, acquisendo nuove competenze, e, dall’altro, investire nelle tecnologie necessarie per presidiare questi ambiti. “Effettivamente la nuova specializzazione della AI (Artificial Intelligence) crea una nuova onda che arricchisce il nostro lavoro e deve essere cavalcata dotandosi di nuove persone, tempo, investimenti - spiega Elena Schiaffino, co-founder and head of sales Engitel -. Noi abbiamo scelto di farlo in partnership con università e competenze non solo scientifiche, ma anche umanistiche. C’è ancora molto da studiare e molti miti da sfatare. Le aziende non sono pronte per questa ennesima rivoluzione e i fornitori devono aiutarle al cambiamento in primis”. Nel caso di Digitalgo, invece, la scelta è stata quella di dotarsi internamente delle competenze necessarie, attraverso la creazione di un team dedicato alla AI che, come spiega l’amministratore delegato Riccardo Jelmini “si occupa proprio di business intelligence e dati e di soluzioni AI che offriamo ai nostri clienti in particolare nella fase di pre-sales (chatbot informativi) e post-sales (servizi di caring oppure piattaforme di messaggistica con cui i clienti possono interagire)”.
D’altro canto, investire in formazione e, soprattutto, in tecnologie, può risultare per alcune realtà indipendenti un poco problematico, non disponendo dei grossi budget dei grandi gruppi internazionali. O forse no?
“Da un punto di vista economico uno studio indipendente si può gestire con più autonomia e consente una maggiore libertà di movimento - sono convinti Vicky Gitto e Roberto Battaglia, founding partner della nuova agenzia indipendente Gitto Battaglia 22 -. Non siamo obbligati ad acquistare dati, lo facciamo solo se è necessario o se ci viene richiesto. A questo proposito abbiamo attivato partnership con istituti di ricerca e società media che possano fornirceli. Abbiamo fatto un grande lavoro di scouting per trovare partner di qualità che potessero metterci a disposizione su richiesta quanto non abbiamo. D'altra parte, non siamo focalizzati sulla delivery di servizi, ma sulla visione di progetto, dunque non ci interessa nemmeno avere tutto 'in casa'”.
Concorda con questo punto di vista Gianfranco Piccolo, founder Gps Brand Communication, che aggiunge: “L’evoluzione tecnologica non può essere ignorata da nessuna agenzia o consulente. Le strutture più piccole spesso hanno l’obbligo di essere più avanti ancora. Ovviamente esiste il tema dei costi e dell’accessibilità di chi non ha dietro un network internazionale. Tra le soluzioni possibili ci sono delle partnership tra agenzie indipendenti e non direttamente concorrenti. Ma è anche vero che il mercato offre innovazioni e applicazioni che possono essere accessibili anche a strutture piccole e che possono avere il vantaggio di essere tagliate su misura non solo sulle esigenze dell’agenzia, ma soprattutto su quelle del cliente”.
A tutto ciò si aggiunge il vantaggio che l’indipendenza dà nelle relazioni con i clienti. Ne è convinto Pasquale Borriello, amministratore delegato Arkage, che spiega: “Come agenzia indipendente siamo in grado di parlare congiuntamente con due strutture che nel marketing si trovano agli estremi opposti: la comunicazione e le ricerche di mercato. I nostri consulenti rompono i silos organizzativi e creano un ponte tra i primi (umanisti) e i secondi (statistici e matematici). Spesso ci rendiamo conto che questi due team non sempre riescono a comunicare e diffidano l’uno dell’altro. Noi parliamo entrambe le lingue e ri-orientiamo le loro ‘visioni parziali’ verso idee di business ancora più efficaci e innovative”. “Digitalgo è indipendente dai grandi gruppi e questo ci permette di essere più lean e agili sia nel rapporto con i nostri clienti che nei processi di creazione delle soluzioni - aggiunge Riccardo Jelmini, ad Digitalgo -. Abbiamo team cross-funzionali in grado di poter apportare un valore a ogni progetto, proprio perché non siamo ingessati in processi e burocrazia, sia in Italia che nelle country dove siamo presenti in Europa, Sud America e Middle East”.
L’essere indipendenti, insomma, non solo non costituisce una criticità, ma è anzi un grande plus, che rende di fatto le agenzie padrone delle proprie scelte e strategie, sia nell’ambito degli investimenti in tecnologie che in competenze specializzate. Sintetizza bene questo concetto Giulia Roncaglia (Gruppo Roncaglia): “Essere indipendenti è più un vantaggio, perché non solo ci permette di avere la flessibilità necessaria a mutare e implementare rapidamente i nostri asset sulla base dei mutamenti del mercato, ma anche di proporre idee sempre nuove e sempre un passo avanti rispetto ai ‘colossi’ del settore, che invece hanno una filiera decisionale più lunga e si muovono con più lentezza”.
In un tale scenario, il contributo dell’imprenditoria italiana indipendente della comunicazione è fondamentale e tale resterà nel prossimo futuro: del resto, lo dimostra il mercato stesso, con la nascita di nuove - prima fra tutte la già citata Gitto Battaglia 22 - che, pur con posizionamenti diversi, hanno l’obiettivo comune di restituire valore alla marca. “In questo anno sono nate o si sono rilanciate diverse sigle indipendenti, con tagli consulenziali magari diversi ma con lo stesso focus RI-dare un valore alla marca - commenta Gianfranco Piccolo (GPS Brand Communication) -. Da troppo tempo, in Italia, osserviamo un approccio alla comunicazione non capace di dare alla brand la giusta dimensione e il giusto profilo. Troppe scelte tattiche che hanno troppo spesso dimenticato il ruolo della vision, della mission della marca. Pertanto, penso che proprio dalle agenzie indipendenti nascerà (finalmente) la cultura della Brand Communication vs un Adv spesso solo muscolare”.
Ilaria Myr