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Vaccarono (Google): Nell'era del branding 3.0, lavoriamo per portare in rete il made in Italy
Si chiama 'Brand Re-Imagined' l'appuntamento organizzato da Google oggi, 22 ottobre, a Milano, per discutere con aziende, agenzie creative e centri media in merito alle modalità con cui i marchi italiani possono adattare il proprio stile di comunicazione alle nuove forme di espressione e alle piattaforme digitali, ormai diventate un fattore critico di successo per ogni strategia di branding.
Un momento di confronto per utile a comprendere quali sono le nuove opportunità offerte dal digitale, grazie al quale le aziende possono coinvolgere le persone in modo più profondo, esprimere al meglio la propria personalità e i propri valori, parlare direttamente con i consumatori e creare community.
Come ha dichiarato Fabio Vaccarono, country director Google Italy, ai microfoni di ADVexpressTv, il branding oggi è entrato nella fase 3.0. Dopo la fase 1.0 dominata dai meccanismi tradizionali di costruzione della marca, nella fase 2.0 l'arrivo di Internet ha cambiato le regole del gioco, moltiplicando le possibilità di interazione e di condivisione. Oggi anche questa era è superata: Internet non rappresenta più un mezzo o un settore a se stante, ma è un enabler, un ecosistema trasversale da cui tutti siamo permeati. Un esempio per tutti: gli italiani trascorrono l'80% del tempo davanti alla tv con un Internet browser aperto. Questo significa anche che per le aziende diventa molto più difficile riuscire a catturare l'attenzione del consumatore.
L'impressione che si ha osservando il mercato italiano è che, se da un lato sta maturando la consapevolezza che il consumatore, il sistema mediale e le marche stiano cambiando a un ritmo vertiginoso, dall'altro le aziende tendono ancora a sottovalutare il consumatore, che invece è spesso più 'avanti' di loro.
Innanzitutto, come ha spiegato Vaccarono ai nostri microfoni, oggi i consumatori sono più istruiti e hanno un approccio molto più smaliziato alla comunicazione: siamo passati dalla dominazione dell'offerta all'epoca dell'iper-domanda, in cui sale la richiesta di partecipazione da parte degli utenti, che vogliono essere coinvolti dalle aziende e vogliono poter esprimere la propria opinione. Non solo. Altri due fenomeni testimoniano quanto nell'era attuale i brand debbano confrontarsi con un consumatore diverso rispetto al passato: l'esplosione del mobile e la crescente diffusione dei video online.
In Italia l'uso degli smartphone è quasi raddoppiato in due anni, raggiungendo un tasso di penetrazione del 41%, mentre quello dei tablet è più che raddoppiato nell'ultimo anno, passando dal 6% di penetrazione dell'anno precedente al 15%. Per quanto attiene ai video online, nel nostro Paese, secondo dati Audiweb/Nielsen, circa 20 milioni di persone guardano ogni mese fino a 2 miliardi di pagine su YouTube. A livello globale,ogni minuto vengono caricate oltre 100 ore di video su YouTube, ogni mese sono 6 miliardi le ore di video viste sulla piattaforma e 1 miliardo gli utenti unici, senza contare che circa il 40% del traffico YouTube arriva da dispositivi mobili.
Questo significa che è sbagliato parlare ancora di digital divide? Secondo Vaccarono, è innegabile il fatto che l'accesso alla rete in Italia non sia vissuto come una priorità così come in altri Paesi (nei Paesi scandinavi, ad esempio, solo il 3% della popolazione non può navigare in rete, ndr.) tuttavia è altrettanto vero che sono 38 milioni gli italiani che dichiarano di poter accedere alla rete (dati Audiweb).
Anche per quanto riguarda le aziende, non mancano gli esempi virtuosi di presidio della rete e comunque i brand stanno cambiando il loro modo di dialogare con i consumatori. A livello globale, tutti e cento top brand analizzati da AdAge sono su YouTube e una ricerca promossa da Pixability dimostra che il 99% dei Best Global Brands ha adottato YouTube come proprio canale di comunicazione video e la crescita di anno in anno è del73%. Venendo all'Italia, 35 dei primi 50 top brand italiani considerano Youtube una componente importante delle loro campagne video.
In questo panorama, quale la strategia di Google in Italia? Come ha affermato Vaccarono ai microfoni di ADVexpressTv, sono tre le direttrici intorno alle quali si costruisce l'approccio di Google. In primis, l'azienda lavora allo scopo di portare in rete il made in Italy, che con Internet può contare su una vetrina senza precedenti; in secondo luogo Google si è posta l'obiettivo di contribuire a colmare il gap tra le eccellenze produttive del Paese e l'economia digitale, lavorando alla digitalizzazione dell'ecosistema. Come dimostrato dalle ricerche, le PMI, che costituiscono gran parte del tessuto industriale italiano, se sono presenti in rete hanno più successo nell'export, inoltre dall'economia digitale può contribuire in modo importante al PIL.
Infine, il digitale rappresenta anche una soluzione al problema della disoccupazione giovanile, che in Italia ha raggiunto la preoccupante percentuale del 40%. Come ha sottolineato Vaccarono, Internet rappresenta una buona possibilità per assorbire i giovani nel tessuto produttivo: basti pensare che per ogni posto di lavoro disintermediato da Internet se ne crea 1.8 nella transizione e nella nuova economia.
La sempre maggiore presenza sul web delle aziende va di pari passo con la crescita degli investimenti pubblicitari in rete. Come ha spiegato Vaccarono, oggi tutti i settori merceologici, con diversi gradi di intensità, destinano una quantità di risorse crescente a Internet. Le aziende dell'automotive e della moda sono tra le più attive in questo senso: ad esempio si sta diffondendo sempre più il fenomeno dello showrooming, che comporta che il processo di acquisto parta dal luogo fisico, dove il consumatore identifica il prodotto che vuole comprare, per poi concludersi in rete, dove lo stesso prodotto viene ordinato su portali ad hoc, che permettono di usufruire di condizioni più vantaggiose.
Nel nostro Paese la rete attualmente catalizza circa il 20% degli investimenti pubblicitari totali e, secondo il country director di Google Italy, questa quota continuerà a crescere nel corso degli anni. Tuttavia, la trasversalità che caratterizza Internet in futuro renderà sempre più complesso stabilire l'ammontare degli investimenti destinati al web: come considerare infatti ad esempio i budget assorbiti dalla tv collegata in rete? In questa logica, ha ipotizzato Vaccarono ai nostri microfoni, non è escluso che la voce Internet sparisca dalle rilevazioni Internet sugli investimenti pubblicitari dei vari mezzi.
Pur animata da nobili propositi, la presenza di Google in Italia ha fatto nascere anche alcune polemiche: in particolare alcuni sostengono che la multinazionale sia restia a pagare le tasse. Vaccarono sul tema è piuttosto tranchant: Google versa regolarmente le tasse in tutti i Paesi in cui è presente, ha sottolineato il manager, poi è ovvio che le norme di regulation fiscale giocano un ruolo importante nella capacità di un Paese di attrarre investimenti. In ogni caso, se le norme attualmente vigenti sul tema fanno discutere, i politici sono liberi di cambiarle e Google, ha assicurato il manager, sarà pronta ad adeguarsi a ogni cambiamento.
Serena Piazzi
Come ha dichiarato Fabio Vaccarono, country director Google Italy, ai microfoni di ADVexpressTv, il branding oggi è entrato nella fase 3.0. Dopo la fase 1.0 dominata dai meccanismi tradizionali di costruzione della marca, nella fase 2.0 l'arrivo di Internet ha cambiato le regole del gioco, moltiplicando le possibilità di interazione e di condivisione. Oggi anche questa era è superata: Internet non rappresenta più un mezzo o un settore a se stante, ma è un enabler, un ecosistema trasversale da cui tutti siamo permeati. Un esempio per tutti: gli italiani trascorrono l'80% del tempo davanti alla tv con un Internet browser aperto. Questo significa anche che per le aziende diventa molto più difficile riuscire a catturare l'attenzione del consumatore.
L'impressione che si ha osservando il mercato italiano è che, se da un lato sta maturando la consapevolezza che il consumatore, il sistema mediale e le marche stiano cambiando a un ritmo vertiginoso, dall'altro le aziende tendono ancora a sottovalutare il consumatore, che invece è spesso più 'avanti' di loro.
Innanzitutto, come ha spiegato Vaccarono ai nostri microfoni, oggi i consumatori sono più istruiti e hanno un approccio molto più smaliziato alla comunicazione: siamo passati dalla dominazione dell'offerta all'epoca dell'iper-domanda, in cui sale la richiesta di partecipazione da parte degli utenti, che vogliono essere coinvolti dalle aziende e vogliono poter esprimere la propria opinione. Non solo. Altri due fenomeni testimoniano quanto nell'era attuale i brand debbano confrontarsi con un consumatore diverso rispetto al passato: l'esplosione del mobile e la crescente diffusione dei video online.
In Italia l'uso degli smartphone è quasi raddoppiato in due anni, raggiungendo un tasso di penetrazione del 41%, mentre quello dei tablet è più che raddoppiato nell'ultimo anno, passando dal 6% di penetrazione dell'anno precedente al 15%. Per quanto attiene ai video online, nel nostro Paese, secondo dati Audiweb/Nielsen, circa 20 milioni di persone guardano ogni mese fino a 2 miliardi di pagine su YouTube. A livello globale,ogni minuto vengono caricate oltre 100 ore di video su YouTube, ogni mese sono 6 miliardi le ore di video viste sulla piattaforma e 1 miliardo gli utenti unici, senza contare che circa il 40% del traffico YouTube arriva da dispositivi mobili.
Questo significa che è sbagliato parlare ancora di digital divide? Secondo Vaccarono, è innegabile il fatto che l'accesso alla rete in Italia non sia vissuto come una priorità così come in altri Paesi (nei Paesi scandinavi, ad esempio, solo il 3% della popolazione non può navigare in rete, ndr.) tuttavia è altrettanto vero che sono 38 milioni gli italiani che dichiarano di poter accedere alla rete (dati Audiweb).
Anche per quanto riguarda le aziende, non mancano gli esempi virtuosi di presidio della rete e comunque i brand stanno cambiando il loro modo di dialogare con i consumatori. A livello globale, tutti e cento top brand analizzati da AdAge sono su YouTube e una ricerca promossa da Pixability dimostra che il 99% dei Best Global Brands ha adottato YouTube come proprio canale di comunicazione video e la crescita di anno in anno è del73%. Venendo all'Italia, 35 dei primi 50 top brand italiani considerano Youtube una componente importante delle loro campagne video.
In questo panorama, quale la strategia di Google in Italia? Come ha affermato Vaccarono ai microfoni di ADVexpressTv, sono tre le direttrici intorno alle quali si costruisce l'approccio di Google. In primis, l'azienda lavora allo scopo di portare in rete il made in Italy, che con Internet può contare su una vetrina senza precedenti; in secondo luogo Google si è posta l'obiettivo di contribuire a colmare il gap tra le eccellenze produttive del Paese e l'economia digitale, lavorando alla digitalizzazione dell'ecosistema. Come dimostrato dalle ricerche, le PMI, che costituiscono gran parte del tessuto industriale italiano, se sono presenti in rete hanno più successo nell'export, inoltre dall'economia digitale può contribuire in modo importante al PIL.
Infine, il digitale rappresenta anche una soluzione al problema della disoccupazione giovanile, che in Italia ha raggiunto la preoccupante percentuale del 40%. Come ha sottolineato Vaccarono, Internet rappresenta una buona possibilità per assorbire i giovani nel tessuto produttivo: basti pensare che per ogni posto di lavoro disintermediato da Internet se ne crea 1.8 nella transizione e nella nuova economia.
La sempre maggiore presenza sul web delle aziende va di pari passo con la crescita degli investimenti pubblicitari in rete. Come ha spiegato Vaccarono, oggi tutti i settori merceologici, con diversi gradi di intensità, destinano una quantità di risorse crescente a Internet. Le aziende dell'automotive e della moda sono tra le più attive in questo senso: ad esempio si sta diffondendo sempre più il fenomeno dello showrooming, che comporta che il processo di acquisto parta dal luogo fisico, dove il consumatore identifica il prodotto che vuole comprare, per poi concludersi in rete, dove lo stesso prodotto viene ordinato su portali ad hoc, che permettono di usufruire di condizioni più vantaggiose.
Nel nostro Paese la rete attualmente catalizza circa il 20% degli investimenti pubblicitari totali e, secondo il country director di Google Italy, questa quota continuerà a crescere nel corso degli anni. Tuttavia, la trasversalità che caratterizza Internet in futuro renderà sempre più complesso stabilire l'ammontare degli investimenti destinati al web: come considerare infatti ad esempio i budget assorbiti dalla tv collegata in rete? In questa logica, ha ipotizzato Vaccarono ai nostri microfoni, non è escluso che la voce Internet sparisca dalle rilevazioni Internet sugli investimenti pubblicitari dei vari mezzi.
Pur animata da nobili propositi, la presenza di Google in Italia ha fatto nascere anche alcune polemiche: in particolare alcuni sostengono che la multinazionale sia restia a pagare le tasse. Vaccarono sul tema è piuttosto tranchant: Google versa regolarmente le tasse in tutti i Paesi in cui è presente, ha sottolineato il manager, poi è ovvio che le norme di regulation fiscale giocano un ruolo importante nella capacità di un Paese di attrarre investimenti. In ogni caso, se le norme attualmente vigenti sul tema fanno discutere, i politici sono liberi di cambiarle e Google, ha assicurato il manager, sarà pronta ad adeguarsi a ogni cambiamento.
Serena Piazzi