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NC Awards 2025. L’intelligenza artificiale generativa non è più il futuro, è il presente della creatività. D'Amico (Ciaopeople): “La genAI non cancella l'ideazione, ma la costringe a reinventarsi. Serve una nuova cultura del lavoro e della tecnologia”
Che l’intelligenza artificiale generativa stia cambiando il mondo della comunicazione è ormai un dato di fatto. Ma a cambiare davvero non è solo il “cosa” viene prodotto, bensì il “come” e, ancora di più, il “perché”. In un talk ricco di spunti e riflessioni, tre professionisti di primo piano del settore, Luca Lanza, Partner di A.I.GEN. (Advanced Intelligence Generation) e Partner & Consultancy Practice Director di Kettydo+; Simone Adami, Direttore Creativo e Partner di FM; Francesca D’Amico, Marketing & Communications Director di Ciaopeople, hanno analizzato l’impatto della GenAI sulle rispettive realtà e sul settore creativo in generale.
Ad aprire il confronto è per il quale la trasformazione in atto è culturale prima ancora che tecnologica: “Siamo passati dal chiederci cosa può fare l’AI per noi al chiederci come stiamo cambiando noi, usandola”.
Con la famosa campagna Mulino Bianco, A.I.GEN. ha aperto un percorso che oggi è diventato sistemico. Grazie a una data platform che raccoglie informazioni da oltre 20 anni — dalle recensioni georeferenziate ai dati di consumo — è possibile simulare l’efficacia di una campagna prima ancora di lanciare il messaggio sul mercato. “Utilizziamo la geo-statistica e il machine learning per creare synthetic personas, profili simulati ma realistici, che ci aiutano a predire il comportamento di determinati target. In questo modo, passiamo da audience statiche a cluster dinamici, e da intuizioni a decisioni supportate da dati”.
Ma l’AI non si limita più solo alla fase esecutiva: interviene all’inizio del processo, e cambia radicalmente il modo in cui si concepiscono le idee. “Serve una nuova cultura del dato e della creatività assistita. Per i creativi, il dato deve diventare insight, e l’intelligenza artificiale uno strumento di potenziamento strategico”.
A sottolineare la centralità dell’approccio umano è Francesca D’Amico, Marketing e Communication Director del gruppo editoriale Ciaopeople. Anche qui, l’AI è ormai integrata in diverse fasi della produzione: project management, content creation, analisi dei trend, traduzioni e video. “Ma il tool che usiamo oggi, probabilmente, non sarà lo stesso tra tre mesi. Per questo motivo puntiamo a costruire una cultura interna che sia solida, flessibile ed etica allo stesso tempo”.
Francesca pone l’accento su una questione fondamentale: l’intelligenza artificiale è, in un certo senso, uno specchio dell’umanità. “Riflette il meglio e il peggio di noi. Dobbiamo usarla con consapevolezza. Anche perché la nostra vera forza di essere umani non è la velocità, ma la profondità: l’intuizione, l’intelligenza emotiva, la capacità di dare senso alle cose”.
In questo contesto si inserisce FridayAI, un programma interno di formazione che Ciaopeople dedica ai propri professionisti, per accompagnarli nella transizione verso un uso strategico e umano della GenAI. “Formiamo designer, videomaker e marketer a utilizzare questi strumenti come veri e propri alleati, non come sostituti. L’obiettivo non è solo produrre di più, ma pensare meglio”.
Simone Adami, Direttore Creativo e Partner di FM, porta infine la prospettiva di chi lavora ogni giorno con contenuti visivi, in dialogo continuo con agenzie, clienti e aziende. “La regola base resta una: creare contenuti belli. Ma oggi, grazie alla GenAI, il livello medio di qualità si sta alzando. Sempre più persone possono produrre contenuti visivamente validi. Il vero differenziale, allora, diventa il punto di vista umano”.
FM utilizza GenAI già dal 2022. All’inizio, con timore. Poi, con metodo: “Abbiamo costruito pipeline simili a quelle della produzione 3D, spezzando i processi e mantenendo il controllo umano su ogni fase. Perché se vuoi usare la GenAI in ambito pubblicitario, devi essere in grado di governarla”.
Anche Adami insiste sulla responsabilità etica. “Abbiamo creato un protocollo interno per tutelare gli attori: usiamo volti reali, scansioni 3D e modelli digitalizzati con il consenso delle persone. È un modo per non demolire mercati, mestieri e le professioni che ci hanno accompagnato fino a qui”.
L’altro grande tema affrontato nel panel è quello del cambiamento di territorio professionale. “Non sta solo cambiando il modo di lavorare, ma anche il contesto in cui ci muoviamo”, afferma Adami. “La GenAI sta allargando il campo d’azione di molte figure: un montatore oggi non è più solo un montatore, ma anche un regista. Possiamo simulare intere campagne prima ancora di girarle. Possiamo testare collezioni di moda che non esistono, prodotti digitali prima della produzione fisica. È una rivoluzione”.
Come ha osservato Luca Lanza, non è solo una questione di tecnologia: “Il rischio più grande è pensare che l’AI serva solo a essere più veloci e a spendere meno. La verità è che dobbiamo ripensare completamente il nostro ruolo nel processo. L’automatismo elimina la routine: il nostro valore deve spostarsi sulla strategia, sulla visione, sulla capacità di guidare”.
La sfida più grande, dunque, è umanizzare l’AI. E guidarla. Francesca D’Amico lo dice chiaramente: “Il nostro tempo biologico non è quello della macchina. Dobbiamo difendere il nostro spazio di contemplazione, perché solo chi riflette sa dare senso a ciò che produce. Serve tempo, serve profondità. Serve cultura”.
Concludendo il panel, è emersa una consapevolezza condivisa: l’intelligenza artificiale generativa non cancella la creatività, ma la costringe a reinventarsi. Le aziende, i creativi, i comunicatori devono essere pronti a rimettersi in gioco. A formarsi, a cambiare, a rallentare per andare più lontano.
Perché come ricordava lo scrittore coreano Byung-Chul Han, viviamo nell’epoca dell’angoscia da velocità. Ma è solo nella profondità che si trova il vero valore.
DR