Editoriale

Broglia a Ferlazzo: l’errore è stato nella ricerca del profitto a tutti i costi

L’ex ad di DDB risponde al creativo che lo accusa di lamentarsi oggi dei guasti prodotti alla creatività dall’ascesa delle finanza nella comunicazione, pur essendone stato uno dei protagonisti. La contro risposta non si è fatta attendere.
Imprenditoria e creatività, finanza e managerialità. Su questi concetti si è consumata l’evoluzione della pubblicità non solo italiana ma internazionale. Imprenditori che negli anni d’oro dell’advertising hanno ceduto ai grandi gruppi finanziari: la loro espansione, lo ‘scorporo’ in società indipendenti delle diverse funzioni, dal media al below the line. Una crescita che sembrava inarrestabile. Poi gli anni della crisi, con le trimestrali che non sentono ragioni di strategie, investimenti, e della valorizzazione del capitale umano. Tutto sacrificato sull’altare del massimo profitto da garantire agli azionisti. Allo stesso tempo il calo delle remunerazioni e il conseguente avvitamento della professione che ha perso passione ed entusiasmo. Con i recenti interventi di Giuseppe Usuelli, Daniele Tranchini, Pasquale Barbella, Andrea Concato, Emanuele Nenna, Carlo Broglia e Bruno Ferlazzoabbiamo aperto una discussione che quasi quotidianamente si arricchisce di nuovi contenuti e, perché no, anche di accesi confronti. E’ il caso di quello sollevato da Bruno Ferlazzo il 7 febbraio nel suo intervento 'Riportiamo l’innovazione in agenzia', in risposta a quello di Broglia ‘Troppa finanza ha ucciso la creatività’ (vedi notizie correlate). In sostanza, Ferlazzo chiede a Broglia dov’era in quegli anni in cui si consumava “il sacco della creatività”, e lo rimprovera di essere stato responsabile di quanto accaduto. Di seguito la ‘contro risposta’.

Caro Bruno,
io c'ero, eccome. Quando nel 1985 ho incontrato John Bernbach non gli ho venduto la mia agenzia ma ho creato una partnership nuova che mi ha visto azionista maggioritario fino al '93 e azionista con percentuali a due cifre fino alla fine del nostro rapporto. Pertanto non ho affatto subito il volere delle multinazionali ma ho contribuito con consapevolezza alla fondazione di tutte le società del nostro gruppo,scegliendo con cura i singoli responsabili come nel caso di Emanuele Nenna e di Isabella Rota quando fondammo il centro media OMD nell'aprile del 97.
Caro Bruno forse ti sei distratto, ma DDB non ha mai abbandonato il mondo della creatività. Fino alla fine degli anni ‘90 credo sia stata l'agenzia che ha vinto più ori a Cannes e in ogni contesto internazionale.
Tutte le discipline all'interno delle loro strutture hanno contribuito in quegli anni non solo a creare ulteriore ricchezza da reinvestire, ma anche a sviluppare nuova conoscenza. Tutto ciò si trasformava in energia creativa che, come tu ben sai, è l'unica cosa che dà le ali al pensiero e slancio all'immaginazione.
L'errore non è stato di ricercare nuove strade sviluppando i volumi, ma di costringere le stesse strutture a produrre i soliti profitti in un contesto di mercato e di risorse completamente cambiato. Questa è la ragione per cui dobbiamo rivedere il nostro modo di fare comunicazione e le strutture delle nostre imprese. Nel mio precedente intervento ho indicato una possibile soluzione, ma credo ce ne siano altre altrettanto valide.
Buon lavoro Bruno.