Interviste

#BRANDtoBE con Ludovica Federighi ( Head of FUSE): "I marchi non devono perdere l'occasione di essere attori importanti della ricostruzione. Il brand storytelling per fare la differenza alla ripartenza"

Prosegue con la riflessione della Head of FUSE la rubrica, a cura dell'OBE, che ha l'obiettivo di fare il punto sul futuro del Brand Entertainment attraverso la voce ‘polifonica’ degli associati. La manager della sigla parte di OMG sottolinea, tra l'altro, la responsabilità che i marchi che operano in Italia, e le agenzie di comunicazione come Omnicom, avranno nel supportare in maniera significativa la rinascita del nostro territorio.

Da vent’anni lavori su progetti riconducibili al Branded Entertainment. Ne hai viste di tutti i colori. Condividi con la nostra community la soluzione realizzata per uscire da un empasse, da una situazione critica?

«Lo storytelling sui valori aziendali è da sempre una soluzione ai problemi complessi che un Brand si trova a fronteggiare. Questo vale per ciascuno di noi, non solo per le aziende. Vale per gli Stati, per i politici, per i talent... Il saper raccontare una storia è da sempre la soluzione a situazioni complicate, perché proprio quando non conosciamo qualcosa abbiamo bisogno di dargli un nome, di capirla, appunto, di raccontarla con parole o immagini che possano aiutarci a trasformare le nostre insicurezze in qualcosa che possiamo gestire.  Il Brand storytelling è adesso più che mai importante, e può darci strumenti di comunicazione completamente nuovi. Pensiamo agli artisti musicali, che si trovano a non poter svolgere per mesi una delle poche attività per loro davvero redditizie cioè i live shows, e con velocità incredibile trasferiscono il loro storytelling fatto di musica ed esperienze personali, le loro emozioni, il loro mondo, sui social. Il palinsesto di IG e YT si è arricchito negli ultimi due mesi di racconti straordinari , dove i maggiori talent musicali sono diventati i protagonisti assoluti (pensate a Jovanotti, Tiziano Ferro, Cremonini); forse non hanno recuperato i guadagni perduti (la maggior parte delle attività di questi artisti è realizzata pro bono, in favore di associazioni o anche solo per aiutare le loro community a trascorrere qualche ora senza pensare al dramma in corso), ma il loro personal brand ha guadagnato mille punti in closeness, in fiducia, in amore, direi, da parte dei propri fan, e non solo: artisti giovani hanno guadagnato un numero altissimo di nuovi estimatori, artisti datati si sono integrati in progetti importanti che hanno dato loro una nuova visibilità (penso ai Backstreet Boys nel progetto di Fox condotto da Elton John), talent innovativi hanno modificato strutturalmente la produzione per adattarsi alla quarantena (vedi Cattelan con la versione social di EPCC). Penso anche a chi ha saputo riscoprire la forza dei propri valori utilizzando la potenza di un mezzo antico ma tornato imperiosamente nelle nostre vite, la tv: Papa Francesco che prega da solo in una Piazza San Pietro deserta, con la pioggia battente, i rintocchi delle campane e le sirene delle ambulanze è uno dei momenti più incredibili dello storytelling cattolico. I brand non sono stati così pronti, hanno accusato il colpo e sono rimasti immobili e timidi per molto tempo, timorosi di possibili ritorni negativi di immagine, incerti sul da farsi.  In questi casi, la velocità di reazione può fare la differenza, e la voglia di dare davvero una mano, la convinzione concreta di poter fare la differenza sono state la chiave di una comunicazione potentissima. I Brand non devono perdere l'occasione di essere attori importanti della ricostruzione che dovrà necessariamente seguire a questo disastro, e per farlo devono parlarci, raccontarci cosa vogliono fare, intrattenendoci, aiutandoci a capire e a gestire le nostre paure, come fa chi davvero sa usare i social. Questo può sembrare adesso un investimento inutile: sarà invece l'unica arma di differenziazione quando potremo di nuovo tornare a vivere (e a spendere)».

 

Di recente hai condiviso, su LinkedIn, un contenuto relativo alla valorizzazione del territorio da attuare alla fine di questo periodo. La riscoperta dello spazio come può diventare un’occasione per i brand?

«Fra poco, speriamo, dovremo cominciare a ricostruire un Paese sofferente, e il nostro turismo è uno dei settori che sta subendo perdite disastrose. I Brand che operano in Italia, e le agenzie di comunicazione come Omnicom, avranno la responsabilità di supportare in maniera significativa la rinascita del nostro territorio. Qui non si tratta più solo di fare marketing efficace, ma di capire il ruolo più vero e profondo che l'attività di una azienda può e deve avere nel tessuto sociale ed economico della nostra società. Le aziende dovranno prendere coscienza di questo ruolo, e agire di conseguenza, impostando non solo la propria produzione, ma anche la propria comunicazione per aiutare la ripresa. Un suggerimento: il nostro Paese è molto amato all'estero, i talent, italiani e stranieri, hanno dato prova di grande proattività e  potrebbero essere più disponibili a collaborare con le aziende che si impegneranno per far rinascere il Paese della Moda, del Design, dell'Arte e della grande cultura enogastronomica. Potrebbero nascere belle collaborazioni».

 

Fuse, con Omnicom Media Group, ha promosso #IoLoFaccioACasa. A questo hashtag sono associati contenuti digitali creati da 10mila influencer. Perché questa offerta di successo può diventare un’opportunità per le aziende?

«#IoLoFaccioACasa è una delle molte iniziative che sono nate per aiutare i cittadini a impegnare il loro tempo in modo costruttivo durante la quarantena, e siamo stati felici di dare una mano, insieme a tante altre aziende del settore. I brand possono fare molto, appoggiandosi a iniziative come questa o creandone di nuove. C'è un pericolo. Il rischio woke-washing in queste occasioni è altissimo: quando si sposano iniziative come questa il Brand deve fare un passo indietro e mettersi realmente a disposizione del progetto. È giunta l'ora di agire in modo da cambiare la percezione negativa che troppo spesso le persone (sì, persone , la parola 'consumatori' ha ormai preso un'accezione quasi oscena, non trovate?) hanno dei Brand, facendo i conti con una delle narrazioni più efficaci scritte durante la pandemia da David Grossman: “E forse anche i mass media, presenti in modo quasi totale nelle nostre vite e nella nostra epoca, si chiederanno con onestà quale ruolo abbiano giocato nel suscitare il generale senso di disgusto che provavamo prima dell’epidemia. Nel darci la sensazione che gente dagli interessi fin troppo palesi ci manipoli, facendoci il lavaggio del cervello e derubandoci del nostro denaro”».