Interviste

Coronavirus e impatto sull’adv. Spadini (Havas Media Group Italia): “Mantenere lo ‘spirito’ del lavoro anche se smart, capire il cambiamento, rafforzare il valore dei brand: così ripartiremo più velocemente”

Nell'intervista rilasciata ad ADVexpress il Ceo sottolinea che in questo difficile contesto il ruolo del gruppo è quello di identificare le opportunità che si possono sfruttare, in maniera sana, per rafforzare il valore dei brand agli occhi della società, facendoli diventare sempre più ‘meaningful’. Dal mercato, guardando all'orizzonte, si aspetta "un grande rimbalzo ‘a V’", anche considerando che "i clienti stanno posticipando le decisioni di investimento e per ora nessuno le ha cancellate".

Il modello di lavoro dell’intero di Havas Media è da tempo quello del “Village”: un'unica sede condivisa da tutti i reparti anche fisicamente. Come vi siete organizzati internamente per non ‘diluire’ questo spirito di squadra?
La prima cosa che cambierà profondamente è il modello di leadership. Un po’ come se dall’essere ‘generali’ sul campo di battaglia e vicino ai soldati, passassimo a telecomandare un drone da una base che magari non è neppure nello stesso continente… In secondo luogo, la gestione della sicurezza delle persone è essenziale ma non basta: l'agenzia deve dimostrare di prendersi cura delle proprie persone. In questo momento di particolare stress, non pensiamo solo a dotarle di pc portatili, ma anche erogare benessere, sostegno e supporto". Ciò premesso, in Havas Media i primi test sullo smart working sono stati fatti nel 2015, e grazie allo straordinario lavoro del nostro staff HR – 4 persone dedicate, che hanno un ruolo fondamentale in agenzia – oggi tutte e 180 le nostre persone lavorano da remoto. L’accortezza è quella di mantenere in vita, magari con una nuova forma, tutte le attività già in essere per incrementare lo spirito di appartenenza. Qualche esempio: l’incontro di aggiornamento settimanale si è trasformato in una serie di video-call a piccoli gruppi in cui bevendo il caffè facciamo il punto sul business; prosegue e sarà ampliato anche il piano di welfare aziendale, avviato 4 anni fa, che in base ai risultati ottenuti eroga premi una tantum; non si fermerà il programma culturale che prevedeva biglietti per cinema, mostre e teatri e oggi diventa ‘virtuale’; e molte alte iniziative: un concorso fotografico, attività dedicate alla cura della persona, video tutorial e iniziative di CSR. Insomma, il Coronavirus non cambia lo ‘spirito’ del lavoro e non interrompe questo percorso virtuoso.

Venendo al lato clienti, come si comportano le imprese in termini di investimenti, progetti, strategie media? Quali i vostri insight in questi ambiti?
Il primo passo indispensabile è capire come sta cambiando, è cambiata e cambierà la dieta mediatica degli italiani. Venerdì abbiamo mandato a tutti i clienti una newsletter dedicata all’approfondimento degli ascolti televisivi e dell’uso del digital nell’era del virus, proprio per offrire loro un punto di vista ragionato e ragionevole e aiutarli a programmare le prossime attività.
Il nostro ruolo è identificare le opportunità che si possono sfruttare per il bene dei brand, in maniera sana, in uno scenario che ci mette di fronte a fenomeni nuovi come la clamorosa crescita dell’audience televisiva: +17,9% il tempo dedicato alla Tv, +25 l’AMR, il ritorno di fasce di target – giovani e alto scolarizzati in primis – che da tempo erano molto diminuite, grandissima attenzione alle news ma anche a tutto il resto… E tutto questo con grandi differenze fra regione e regione.
Anche sul digitale la crescita è importante: registriamo un +127% nelle page views dei siti di informazione più autorevoli, dove anche lì non ci si ferma alle sole news ma si va oltre, guardando pagine di spettacoli, viaggi, gastronomia, e così via. Per Out Of Home e Radio la situazione è certamente meno positiva, ma non la definirei ‘drammatica’. L’Esterna in particolare – che grazie alla nostra piattaforma AdCity conosciamo bene – aveva da poco superato l’ultima crisi reinventandosi completamente, soffre l’oggettivo calo di traffico che va indubbiamente a scapito dei numeri della sua audience: ma questo non sminuisce agli occhi degli investitori il valore acquisito dal mezzo. Discorso simile per le Radio: è cambiata la curva di ascolto e sono spariti i picchi del ‘drive time’, ma i loro siti stanno registrando crescite nel numero degli accessi fino a oltre il +50%. Le emittenti stanno lavorando sui contenuti per creare anche loro il giusto mix fra informazione e ‘altro’, e soprattutto per migliorare la relazione, l’interazione e l’engagement con e del consumatore. Anche per loro, quindi, il discorso è lo stesso: cambiano i numeri, ma non cambia e anzi si esalta il valore del mezzo.

Le aziende sono chiamate ad essere parte attiva della ripresa e a supportare i consumatori. Quali operazioni consigliate loro di mettere in campo e quali i mezzi più efficaci?
Noi dobbiamo consigliare ai clienti come investire al meglio le loro risorse: a fronte dell’andamento dei mezzi di cui abbiamo parlato, oggi si può creare awareness con un rapporto fra costo e copertura irripetibile, ma è necessario farlo con attenzione. La gestione dei linguaggi e dei contenuti diventa una discriminante: meglio mettere in secondo piano per qualche tempo le raccolte punti o le iniziative di performance, privilegiando piuttosto una call to action verso l’eCommerce o verso il sito aziendale per operazioni corporate, valoriali e di CSR. In altre parole, dando una prova molto concreta del loro valore per la società, che è quello che in Havas definiamo la ‘meaningfulness’ di un brand.

Qual è la vostra vision sull'impatto del Coronavirus sul mercato pubblicitario? Quali le possibili reazioni?
Come succede ogni volta, alla fine di una crisi ci si trova trasformati. Prendiamo un dato: negli ultimi giorni il traffico sulla rete TIM è praticamente raddoppiato perché le persone si collegano anche per lavorare e per fare acquisti, prendendo così confidenza e acquisendo familiarità che rimarranno anche dopo l’emergenza. Altro esempio: stando più tempo a casa molte persone stanno dedicando più di una riflessione a cosa fare dei loro risparmi, e ciò potrebbe essere particolarmente significativo per il settore finanziario e assicurativo il cui mercato non è compromesso dal virus.
Diverso per i comparti più penalizzati, in cui però le aziende possono cogliere l’attimo per costruire equity, come l’automotive: il parco veicoli italiano ha un età media di circa 8 anni, e questo può essere un buon momento per iniziare a pensare a una nuova auto, avviando un processo di acquisto che non si concretizza in solo 2 settimane! Ecco dunque che costruire awareness ed
entrare oggi nella considerazione delle persone diventerà fondamentale nel momento in cui si potrà tornare ai ‘porte aperte’.


Uno sguardo all'orizzonte. Timori e ansie per una possibile/probabile recessione? E dal lato opposto, consigli all'Italia per ripartire?
Non credo che arriveremo a una recessione: mi aspetto piuttosto una ripartenza simile a quella che i nostri genitori e i nostri nonni hanno vissuto nell’ultimo dopoguerra. Un grande rimbalzo ‘a V’, per tre ragioni: 1. in Europa l’Italia è stata la prima ad affrontare la crisi, sarà anche la prima a uscirne; 2. i clienti stanno posticipando le decisioni di investimento, e per ora nessuno le ha cancellate; 3. stiamo dimostrando quotidianamente di essere un popolo che ha nel Dna la gioia di vivere.
Questo è il momento di riflettere, non solo per non tagliare e non spingere a vuoto, ma come dicevo per rafforzare il valore dei brand agli occhi della società facendoli diventare sempre più ‘meaningful’.
Prima riusciremo a dare un senso a tutto questo, prima ripartiremo. E sarà un’occasione per l’intero settore di dimostrare la sua capacità di visione.

TR