Interviste

Aldo Cernuto su Fertility Day: "E' mancato un insight forte ed è emerso uno 'Stato maestrina' che impone a tutti diritti e doveri come pagare il 740'

Questa l'opinione del CEO dell'agenzia Cernuto Pizzigoni & Partners in merito alla campagna che tante critiche ha sollevato in questi giorni sui social. "E'impensabile pianificare una campagna, soprattutto su un tema sociale e su un argomento come questo, senza aver tastato a dovere la possibile reazione della gente. Se la campagna avrà successo sarà in gran parte perché i social media l'hanno ben recepita. E viceversa".

Nell'ambito del giro di microfono tra i creativi inaugurato da ADVexpress per raccogliere riflessioni e pareri sulla campagna Fertility Day al centro  di un vero e proprio polverone sui social in questi giorni (leggi news1 e news2), ecco la voce di Aldo Cernuto (nella foto), CEO  della Cernuto Pizzigoni & Partners , che si aggiunge a quella di Andréa Stillacci (leggi news), fondatore, a Parigi,dell'agenzia Herezie. 

"Nell'impossibilità di un'analisi seria su un tema che richiede studio, ed evitando di duplicare cose giuste dette da altri, mi permetto solo qualche pensiero sparso" esordisce il manager e creativo.

"L'idea di una simile campagna non mi trova in assoluto sfavorevole. Non concordo con il tweet di Saviano ("Il #fertilityday è un insulto a tutti: a chi non riesce a procreare e a chi vorrebbe ma non ha lavoro. E il 22 mi rovinerà il compleanno.") perché secondo questo principio anche la Festa del Lavoro risulterebbe insultante (non capisco poi cosa c'entri il suo compleanno: in fondo è grazie a un fertility day di 36 anni fa se il 22 ne festeggia uno). La campagna ormai è stata fatta così, punto e basta. Sento dire che gli si vogliono apportare delle modifiche, ma, anche rifacendola da zero, sarà ben difficile recuperare. Considerate le tante critiche e i pochissimi consensi è più facile pensare che qualche fantasia genitoriale sia svanita che sopraggiunta": 

Un'osservazione sul nome del progetto: "Sul fatto che l'evento meritasse ben altro nome al battesimo, sono pienamente d'accordo. Non solo per la scelta dell'inglese, ma anche per il richiamo inappropriato al tema della fertilità, quasi che chi ne è privo potesse - grazie all'evento - recuperarla. Un nome più accorto, in primo luogo, avrebbe probabilmente innescato una differente percezione".

"L'assunto di base è che una simile campagna, rivolta a chi è in età di procreare, debba in primo luogo trattare questo pubblico da adulto. Sembra scontato, eppure mi sembra l'aspetto che più è mancato. Significa comprendere i motivi profondi, magari anche inconfessati, che trattengono le coppie dall'avere figli e risalire a un insight forte, preciso e soprattutto diretto esclusivamente a chi è già dell'idea di procreare. Qui invece sembra venir fuori lo Stato "maestrina" che -ponendosi al di sopra dei cittadini e insensisibile verso esigenze e impossibilità dei singoli - parla indistintamente a tutti, dettandogli doveri, impegni e scadenze come se si trattasse del pagamento del 740".

Sul piano più tecnico, riflette Aldo Cernuto: " è impensabile pianificare una campagna, soprattutto su un tema sociale e in particolare su un argomento come questo, senza aver tastato a dovere la possibile reazione della gente. Se la campagna avrà successo sarà in gran parte perché i social media l'hanno ben recepita. Se invece l'accoglieranno sfavorevolmente è quasi certo che andrà male. Il fatto è che -da tempo- non siamo più proprietari dei messaggi che elaboriamo. Non lo siamo noi agenzie, non lo sono i clienti e meno di tutto lo è un'istituzione pubblica, verso la quale l'atteggiamento critico -soprattutto online- è prevedibilmente massimo".

"L'accorgimento indispensabile  è la verifica sull'ampia condivisibilità del messaggio. Nel senso di accettazione, naturalmente, ma soprattutto di voglia di diffonderlo. Ed è qui che oggi vedo la più grande difficoltà del mestiere di comunicatori".