Interviste

Impatto del Coronavirus sull'adv. Fanfani (TBWA\Italia): “Niente catastrofismi e senso di responsabilità, più cultura digitale e un atteggiamento positivo permetteranno di ripartire più velocemente”

Se non saranno adeguatamente tutelate, i rischi maggiori di un lungo periodo di stop sono quelli corsi dalle Piccole e Medie Imprese, spiega ai microfoni di ADVexpress il CEO e Group Country Manager del Gruppo TBWA\Italia. Ma fra smart working, home banking ed eCommerce, la cultura digitale degli italiani sta crescendo e questo sarà un bene. Il ruolo delle agenzie è di essere attive e propositive sulle risposte da dare in termini di comunicazione sia verso gli stakeholder interni alle aziende, sia verso i consumatori. Facendo attenzione al linguaggio e ai messaggi che devono essere più che mai adattati al contesto.

Il senso di responsabilità mostrato dai dipendenti dell’agenzia e più in generale da gran parte degli italiani è, secondo Marco Fanfani, Ceo e Country Manager del Gruppo TBWA\Italia, la leva da cui pensare fin da ora per ripartire al termine di una crisi che il nostro Paese ha affrontato per primo e che ci permetterà di giocare un ruolo significativo anche a livello globale.

 

Qual è il modello di lavoro adottato da TBWA in questa fase di emergenza? Avete creato delle task force ad hoc per affiancare in modo ancora più efficace i clienti? Come proseguite le attività e le sinergie con l'internazionale?

Siamo stati una delle prime agenzie a sperimentare lo smart working, tre anni fa: oggi più di ieri la tecnologia ci dà una mano, funziona, e ci troviamo ad averne dilatato l’uso senza alcun impatto sul progress del lavoro quotidiano. Ciò di cui sono particolarmente orgoglioso è la reazione delle persone che stanno dimostrando un grandissimo senso di responsabilità.

Sul fronte dei clienti le realtà non sono tutte uguali e non tutti hanno adottato immediatamente la stessa modalità operativa, ma in generale anche da parte loro la reazione è stata positiva e si stanno adeguando.

Dal punto di vista internazionale, al di là dei numerosi segnali di vicinanza  all’Italia che stiamo ricevendo, TBWA ha creato un’unità di crisi partita al momento dello scoppio dell’epidemia in Cina: proprio ieri abbiamo partecipato a una conference call mondiale con i CEO e CFO di tutte le nostre sedi, e vista la situazione italiana – siamo 10 giorni avanti – ci siamo trovati a svolgere quasi un ruolo di tutor verso gli altri i paesi europei nel far capire che cosa sta succedendo e nel dare indicazioni e suggerimenti.

 

Parlando di operatività, in questo momento le aziende sono chiamate ad essere parte attiva della ripresa e a supportare i consumatori: come si stanno muovendo in termini di investimenti, progetti, messaggi pubblicitari, strategie? Quali operazioni consigliate loro di mettere in campo e quali i mezzi più efficaci?

Da parte dei clienti c’è la richiesta di iniziative ad hoc e stiamo facendo molti brainstorming per vagliare le diverse possibilità: ma come dicevo le problematiche cambiano da cliente a cliente, quindi non possono esserci risposte che valgono per tutti. Il nostro ruolo è quello di essere attivi e propositivi sulle risposte da dare in termini di comunicazione sia verso gli stakeholder interni alle aziende, sia verso i consumatori.

Mi sembra sia abbastanza evidente che al momento, basta accendere la televisione, ci siano molti messaggi pubblicitari ‘fuori contesto’: pensiamo a campagne come quelle per i superalcolici dove si fa festa… Abbiamo avuto qualche caso di campagna sospesa o per meglio dire posticipata, ma fortunatamente, fra tutti i nostri lavori pianificati sui media in questo periodo non si sono registrati particolari casi di distonia. Ma ripeto: è chiaro che il contenuto dei messaggi e il linguaggio adoperato in questo periodo debbano essere più che mai contestualizzati.

È spesso un tema di marketing, non tanto di comunicazione: ci sono molti casi in cui, indipendentemente dal tono di voce o dal soggetto utilizzato, gli investimenti perdono di senso per problematiche relative al mercato. Molte campagne push oggi rischiano di essere inefficienti.

Lo stesso vale per progetti corporate di CSR che richiedono ancora più attenzione: non è questo il momento di ‘farsi belli’ se non si è coerenti, veri, credibili, intelligenti, significativi e strategici, perché il rischio è che si trasformino in un boomerang e diventino pericolosi.

Non vedo controindicazioni nell’utilizzare humour e nel dare una nota di leggerezza quando si comunicano concetti importanti: purché, di nuovo, lo si faccia con cognizione di causa e senza andare fuori luogo.

 

Qual è la vostra vision sull'impatto del Coronavirus sul mercato pubblicitario e in generale sull'economia del Paese? E' possibile fare previsioni? Quali i settori più coinvolti e quali misure/modelli di business adottare per reagire?

Sono di carattere ottimista, quindi cerco prima di tutto di vedere gli aspetti positivi, e il primo che mi viene in mente è la grande crescita dell’alfabetizzazione, del comportamento e della cultura del digitale. All’interno di TBWA, ma vale anche per moltissimi altri italiani, abbiamo verificato che anche se i giorni al mese di smart working diventano molti le cose vanno avanti comunque. Lo stesso discorso vale per l’eCommerce o l’home banking: c’è una spinta in questa direzione che lascia ben sperare nel superamento dell’arretratezza culturale che caratterizzava il nostro paese.

Dal punto di vista economico e pubblicitario non sappiamo ancora quando finirà questa crisi, che in realtà è la prima che io ricordi ad avere un carattere ‘costrittivo’ sui comportamenti delle persone. La reazione potrebbe essere quella del dopoguerra: un atteggiamento positivo nei confronti di tutto. È chiaro che l’impatto sui vari PIL europei rischia di essere pesantissimo, e non mi stupirei di un calo del PIL in Italia nell’ordine del 5% e anche più.

I settori critici li conosciamo, dal turismo alla ristorazione, ma bisognerà vedere cosa succederà anche in comparti bloccati per cause esterne, come le aziende che rischiano di trovarsi con rotture di stock e magazzini vuoti nell’attesa di forniture dal mercato cinese.

Occorrerà poi vedere come reagiranno e cosa succederà negli altri paesi – le stime di Goldman Sachs sugli Stati Uniti sono devastanti – ma di nuovo, cercando in tutto questo qualche aspetto positivo l’Italia potrebbe uscirne prima e meglio.

 

Guardando all'orizzonte vedete dunque i segni di una possibile recessione? Quali consigli vi sentite di dare all'Italia per ripartire?

Da quando faccio questo lavoro di crisi ne sono state attraversate molte, l’ultima nel 2008. Ma se pensiamo a quanto qualcuno ha guadagnato investendo in borsa negli ultimi 10 anni, a partire dal 2009, abbiamo l’ennesima prova che in ogni crisi ci sono anche opportunità.

Da un lato, la tempesta potrebbe essere più violenta di quanto immaginiamo: come quando si alza il vento e il mare diventa forte si devono ammainare le vele, così ora occorre tenere i nervi saldi e non essere catastrofisti. Non sarà facile superarla indenni, ma la ripresa arriverà, è fuori questione. Il rischio più grosso che vedo all’orizzonte riguarda le piccole e medie imprese, perché per molte di loro due mesi di fermo totale potrebbero portare a una selezione darwiniana e in questo caso la risalita a ‘V’ non sarà così rapida.

Consigli? Torno a quanto detto inizialmente e prendendo spunto dal piccolo campione delle persone che lavorano in TBWA ma anche da quello che stiamo vedendo in questi giorni: il senso di responsabilità e il commitment dimostrato dalla quasi totalità del ‘corpo sociale’ è ciò su cui il nostro paese potrà e dovrà puntare.

 

Tommaso Ridolfi