Interviste

NC - Nuova Comunicazione. Aldo Biasi: “Non è più tempo per le boutiques creative"

In un futuro molto prossimo non ci sarà più spazio per nazionalismi e localismi nella comunicazione: ne è convinto il presidente di ABC, che considera necessaria un’evoluzione delle strutture locali indipendenti in organizzazioni globali. La creatività e lo stile italiano saranno rappresentati non più dalle agenzie, ma dagli individui che sapranno esportarli. Pubblichiamo l'intervista tratta dall'inchiesta 'Italians do it better' contenuta nel numero (57) di dicembre-gennaio 2016, della rivista NC - Nuova Comunicazione.
In un mondo sempre più globale, in cui il web ha abbattuto ogni frontiera, i localismi e i nazionalismi sono ormai superati. E nel prossimo futuro sarà sempre di più così. Le aziende diventeranno sempre più globali e le agenzie dovranno adeguarsi, diventandolo anch’esse. Non ci sarà più spazio per i localismi, non ci sarà più spazio per le agenzie italiane. Scordiamoci l’italianità”. Sono parole chiare e tranchantes quelle che Aldo Biasi, presidente Aldo Biasi Comunicazione, usa per descrivere quello che sarà il futuro delle agenzie italiane indipendenti. Un discorso, il suo, che contiene una riflessione molto profonda sul domani della comunicazione, e che nasce da una grandissima esperienza in questo settore. Non si tratta, però, di una marcia indietro rispetto a una scelta - quella di essere indipendenti - fatta ormai più di 15 anni fa con la creazione dell’agenzia che tutt’oggi presiede, ma è invece una responsabile presa di coscienza che se si vuole sopravvivere in un mondo in cui non esistono più confini, e in cui bisogna rimettersi in gioco continuamente, come spiega in questa intervista.

La moltiplicazione di mezzi e la conseguente necessità di nuove competenze pone una domanda. C’è ancora spazio per le ‘boutiques creative’,come sono molte delle agenzie italiane, o c’è invece bisogno di strutture più ampie e complete dal punto di vista delle competenze?

Negli anni Novanta si usava dire ‘piccolo è bello’. Una teoria alla quale, dall’alto del mio metro e sessantacinque, non potevo non aderire. Sono nate così, prima la Sanna & Biasi, poi la Aldo Biasi Comunicazione. La prima collegata a una internazionale, la seconda assolutamente indipendente e tanto italiana da rifiutare, nel nome, definizioni anglofone. Tutto questo per evidenziare che nella cosiddetta ‘boutique creativa nostrana’ ho creduto sino in fondo, investendo tempo, denaro e lavoro e ottenendo, non lo nascondo, ottimi risultati e grandi soddisfazioni. Adesso però ci credo molto meno, e in particolare credo che ci sarà sempre meno spazio per la ‘boutique nostrana’. Salvo, invece, la parola ‘creativa’, perché è su questo termine che si giocheranno in futuro le vere differenze tra le diverse organizzazioni di comunicazione. Succederà come quanto è avvenuto nel mondo della moda dove le boutiques hanno chiuso a favore di sistemi quali H&M o Zara o di nuove realtà che si stanno facendo largo grazie a internet.

Ciò significa che le agenzie italiane indipendenti come la sua non avranno più senso di esistere?


Intendo dire che dovranno trasformarsi in organizzazioni globali di comunicazione, per poter rispondere a una domanda sempre più ‘aperta al mondo’ dei clienti. In Italia, questo processo sarà più difficile, perché nel tempo abbiamo creato boutiques creative molto locali, e pur intuendo già allora che c’era bisogno di un respiro globale, non siamo riusciti ad agire di conseguenza, per mancanza di risorse economiche, dimensionali e di talenti. Inoltre, è un fatto che troppo spesso le aziende nazionali scelgono per comunicare all’estero delle realtà già globali, appartenenti alle grandi holding, non dando così a quelle indipendenti locali la possibilità di crescere fuori dai nostri confini.

E l’italianità?

Dimentichiamocela. In verità dobbiamo dimenticarci in generale dei nazionalismi, che sono un retaggio del secolo scorso. Certo, alcuni rigurgiti nazionalistici esistono - basti pensare alla Catalogna o alla Scozia che vogliono l’indipendenza -, ma si tratta di reazioni a un’evoluzione del mondo in senso globale. Tutto ciò vale anche per la comunicazione. Ci sarà spazio solo per individui di grande talento, perché no, anche italiani, e moderne organizzazioni di respiro planetario. La creatività e lo stile italiano saranno rappresentati dagli individui che li esporteranno, non dalle agenzie. La defunta ‘boutique’ lascerà, come sua unica eredità, la ‘creatività’.

Parliamo di competitività e competizione: oggi che le agenzie di dimensioni medio-piccole si ritrovano sempre più spesso a gareggiare con le agenzie delle grandi holding per gli incarichi, che cosa fa la differenza? Su che terreno si gioca la competizione?

Il mio sogno sarebbe che la competizione fosse squisitamente sulla creatività. Quello che accade, invece, è che molte gare sono dei pro-forma, in quanto il vincitore è già stabilito a monte, oppure l’incarico viene assegnato a chi offre il prezzo più basso. Non è mai ‘vinca il migliore’, ma ‘vinca quello che costa poco’.

Eccoci dunque ad affrontare il delicato tema del ‘dumping’. A chi sostiene che sono le agenzie più piccole a praticarlo, lei cosa risponde?

Rispetto a una multinazionale siamo, di fatto, più cari, e mi sembra giusto perché le buone idee, così vitali per una marca che vuole vincere, vanno pagate. Molte aziende italiane, però, equivocando, approcciano le strutture medie ritenendo di poter ottenere tanto a poco… e quando presenti loro il conto restano sconvolti! A questo punto entrano in gioco le multinazionali. Sono loro che, sul mercato nazionale, fanno, di fatto, dumping: spesso, approfittando dell’ingenuità dell’impresa italiana, il più delle volte a conduzione familiare, offrono basso talento creativo nascondendolo sotto il tappeto dei servizi, della dimensione, della super-offerta media e, ovviamente, del prezzo promozionale. Così facendo si depotenzia il valore dell’idea: cosa che è, in prospettiva e per quanto argomentato prima, un clamoroso autogol.

In questo quadro, qual è il ruolo della Aldo Biasi Comunicazione?

Qualunque forma di comunicazione si adotti e qualunque media si voglia utilizzare, c’è e ci sarà sempre bisogno di un’idea. È la capacità creativa, unita alla dimostrata competenza, che ci rende appetibili consentendoci di vivere e crescere. Per affrontare le sfide del futuro, però, sarà necessario che anche la nostra agenzia sisviluppi maggiormente nell’area digitale. Due anni fa abbiamo creato la struttura interna dedicata We-B, che conta ora tre persone, ma che dovrà senza dubbio crescere per lavorare sul web in modo ancora più efficace. La Rete è una ‘bestia’strana, fatta di tre elementi che si fondono insieme: contenuto, media e idea. La sfida è sapere gestire questa ‘creatura’ con competenze allo stesso tempo tecniche, creative e strategiche. Per fare ciò, però, è necessario evolvere in un gruppo più grande, che abbia al proprio interno le professionalità per coprire i diversi aspetti della comunicazione, come video, fotografia, ecc… Entrare in una holding internazionale? L’ho anche preso in considerazione, ma sono convinto che i grandi gruppi rispondano ancora alla logica di agenzie pubblicitarie degli anni ‘90. Le prossime agenzie saranno invece totalmente un’altra cosa, in cui la produzione video coesisterà con quella dei contenuti e il lavoro sul web, e dove non esisterà più una figura come il copywriter, che ha confini nazionali, o l’account, che già oggi non si sa più come definire. Chi mi sa dire esattamente oggi cosa fa un account?

Come è andato il 2015 per la sua agenzia?

Abbiamo chiuso in pari rispetto all’anno scorso: un risultato certo non eccellente, ma accettabile, se si considera la difficoltà dell’anno. Abbiamo acquisito e sviluppato sul digitale nuovi clienti molto interessanti, come Guna, l’azienda di produzione e commercializzazione di medicine naturali e di origine biologica, e Petti, produttore di conserve di pomodoro, e continuato il nostro lavoro per gli altri marchi, come Olio Farchioni, Coswell, che ci ha assegnato anche altri marchi, Aisla - Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica e Conad.

Ci può citare due case history interessanti sviluppate quest’anno dall’agenzia?

Per Guna la nostra divisione digital WE-B ha messo a punto un piano di attività teso ad aumentare la leadership del brand nel mondo digitale. Il posizionamento è stato sintetizzato nel claim ‘Scienza senza violenza’, che condensa in tre essenziali parole la mission di Guna, basata sul rispetto dell’armonia tra corpo e ambiente, su prodotti farmaceutici tesi a prevenire le malattie, regalando all’organismo il proprio naturale equilibrio.Abbiamo ideato e costruito il nuovo sito Guna Italia, Guna International e Guna Pro dedicato ai professionisti del settore, e sviluppato la comunicazione su Facebook, Twitter e Google. In particolare, lo scheletro del sito è stato radicalmente ridisegnato in modo da consentire delle dinamiche di consultazione più dirette e fluide, specialmente per chi opera in modalità e-commerce. Anche la sezione News, assumendo una configurazione da hub, diventa un luogo di transito permanente e privilegiato per tutti coloro che navigano in vista di quel mondo articolato e intenso,sbrigativamente etichettato come ‘medicina alternativa’ online. Inoltre, abbiamo curato il lancio di Guna Sport, il prodotto dietetico per sportivi, e la campagna stampa. Un altro progetto interessante è quello relativo al lancio in comunicazione delle passate, polpe, pelati e doppio concentrati Petti, che abbiamo acquisito tramite assegnazione diretta. ‘Il pomodoro al centro’ è il claim della campagna integrata mirata a focalizzare l’attenzione dei consumatori sulle caratteristiche della linea: qualità della materia prima (100% pomodori toscani) e antica tradizione della lavorazione del prodotto (preparato solo a bassa temperatura). La campagna è declinata in tv,sui canali Rai, online e outdoor.



Ilaria Myr