Magazine e20

Jungle: quando l'inaspettato è da podio

Vincitrice del premio dell’editore ‘Best Anniversary Award 2024’, l'agenzia si racconta attraverso le parole del ceo Lorenzo Fabbri sulla rivista e20

È stata l’agenzia Jungle ad aggiudicarsi il premio dell’editore ‘Best Anniversary Award 2024’. Un riconoscimento che ne celebra il decimo genetlìaco, ma anche l’approccio basato sulla contaminazione positiva tra brand e territorio e sulla ricerca dell’inaspettato. 

La società guidata da Lorenzo Fabbri nasce nel 2014 come un’agenzia dedicata alle attivazioni territoriali creative, sviluppate come progetti performativi o grandi installazioni: sin dai primi anni si è confrontata con grandi realtà legate al mondo della cultura e dell’entertainment televisivo (con clienti come il Mudec – Museo delle Culture di Milano, Palazzo Reale e tutto l’universo Sky), per poi aprirsi a industrie quali il fashion, il beauty e la musica, che oggi si configurano come gli ambiti su cui si muove più di frequente. 

In un decennio ha acquisito competenze, consolidato i processi interni e imparato nuovi linguaggi, mantenendo però intatta l’attitudine street con cui approccia ogni lavoro, oltre a una costante volontà di stupire il pubblico con soluzioni sperimentali, bold e inaspettate. 

Oggi, Jungle si propone come una new media agency, dove il concetto di media viene esplorato in forme sempre differenti: attraverso eventi branded, attività di street marketing, alberi di Natale, installazioni cittadine, progetti allestitivi in-store, graffiti pavimentali, takeover di chioschi urbani, ma anche attraverso la pianificazione media strategica, grazie alla unit interna ‘Off Media’.

L’agenzia conta al suo interno un organico di 30 persone, con una filiera creativa e produttiva estremamente verticale sulle progettualità field, sull’implementazione di allestimenti spettacolari e sull’ideazione di meccaniche di ingaggio, con una conoscenza puntuale dell’articolato sistema di regole che governa gli spazi urbani delle città italiane.

Abbiamo chiesto al ceo Lorenzo Fabbri di raccontarci la filosofia e i punti di forza dell’agenzia, anche attraverso i progetti vincitori al Bea 2024.

Il premio assegnatovi in occasione del Bea 2024 celebra il vostro decimo anniversario, Che cosa rappresenta per voi?

Quello del decennale è un anniversario che reputo veramente importante, perché cade in un momento decisivo di maturazione dell’agenzia. Negli ultimi mesi il team si è arricchito di una serie di nuove figure strategiche, in termini progettuali abbiamo raggiunto un livello qualitativo che solo qualche anno fa non avrei neppure sognato, e abbiamo avviato un processo di riorganizzazione interna che confido porterà alla definizione di una struttura ancora più solida e coesa.

La celebrazione di questo compleanno quindi non è solo la valorizzazione di un traguardo, ma un’occasione per ricordare quanto è stato fatto in questi anni in funzione di quella che sarà la prossima stagione di Jungle: un futuro che sicuramente poggerà le basi sul nostro dna, sul rapporto con le città ed il territorio, ma che immagino si modellerà e si trasformerà seguendo i cambiamenti e le evoluzioni che caratterizzeranno la società del domani.

Qual è la genesi del vostro nome?

Il primo livello di lettura di Jungle è sicuramente quello della giungla urbana da attivare con iniziative di marketing non convenzionale. Giungla però rimanda anche a un ambiente da studiare e interpretare: il termine viene utilizzato infatti spesso con accezione negativa, con la volontà di caratterizzare qualcosa di indecifrabile o inospitale – ma anche la complessità e il disordine alla fine hanno una logica, che se compresa può diventare estremamente interessante e funzionale.

L’agenzia ha da sempre una naturale connessione con il territorio, con gli spazi della città: una skill che ci portiamo dietro sin dagli inizi è proprio quella di saper leggere i movimenti e le abitudini degli animali che popolano questo ambiente (ovvero le persone, ndr), le trasformazioni che lo animano nel tempo, a volte contribuendo direttamente a questi cambiamenti. Jungle è intesa quindi anche come rete offline di dati e informazioni da raccogliere e analizzare, per attività tattiche in grado di intercettare in modo mirato target sempre diversi. Se poi ci mettiamo che nel 2014 ci sono stati anche i mondiali di calcio in Brasile (Brasile = Giungla, ndr) il risultato non poteva che essere questo…

Il vostro claim è ‘We Make The Unexpected’. Ci spiega questo approccio e come lo applicate nei progetti che realizzate?

‘We make the unexpected’ sintetizza perfettamente il nostro modus operandi: da una parte perché ogni progetto è sempre frutto di un intenso lavoro di squadra (we), e poi perché il concetto di ‘fare’ risulta estremamente centrato nell’iter progettuale dell’agenzia - che ha al suo interno anche una componente tecnica e laboratoriale che diventa spesso il valore aggiunto nelle attività più di matrice allestitiva.

L’inaspettato invece credo sia l’oggetto del desiderio di ogni creativo, sempre alla ricerca della soluzione mai vista o sorprendente: nelle operazioni field questo risultato è spesso frutto di abbinamenti fuori contesto, in cui l’innovazione consiste proprio nel posizionare un’activation là dove mai ci si sarebbe aspettato di trovarla. Di esempi ovviamente ce ne sarebbero centinaia: una mongolfiera fatta volare in centro città, panetterie o fioristi trasformate in spazi media, il takeover di una stazione di benzina, etc.

Tra i vostri fiori all’occhiello anche ‘GreenGraffiti’. Ce ne parla?

‘GreenGraffiti’ è sicuramente la prima soluzione unexpected che abbiamo partorito (prima di noi di graffiti pubblicitari a terra non se ne vedevano parecchi…), e negli anni si è trasformato in un vero e proprio servizio, un media Ooh utilizzato sia da brand sia da Pubbliche Amministrazioni in giro per l’Italia.

L’idea alla base di questo strumento è semplice. L’affissione classica prevede per sua stessa natura la produzione di una valanga di rifiuti: i manifesti vengono sostituiti con la logica della quattordicina, e le centinaia di tonnellate di carta che ogni mese vengono rimosse dalle tabelle se va bene finiscono direttamente al macero. Con ‘GreenGraffiti’ superiamo questo problema, evitando di produrre il supporto e imprimendo il messaggio direttamente sulla superficie dei marciapiedi: è come se per la realizzazione dei manifesti si utilizzasse solo l’inchiostro, senza servirsi di poster o cartelloni.

Inoltre, la pittura utilizzata è a base completamente naturale e biodegradabile, la rimozione avviene con sola acqua, e su ogni messaggio viene applicato un layer di Pureti, una sostanza che attiva un processo di fotocatalisi rendendo il graffito un presidio mangia-smog, in grado di distruggere le polveri sottili e di produrre contestualmente ossigeno. Si tratta di un media già autorizzato da una serie di Comuni italiani: da Milano a Torino, da Napoli a Genova. All’appello purtroppo manca ancora Roma, ma il 2025 è l’anno del Giubileo, sai mai che possa arrivare il miracolo. 

Avete vinto anche un bronzo per l’evento ‘McArthurGlen - The District of Joy’ realizzato per Serravalle Designer Outlet. Quali i suoi punti di forza?

Partendo dal presupposto che vincere un bronzo in un contest popolato da progetti giganti rispetto al nostro è stato già un risultato oltremodo unexpected, devo ammettere che la rassegna ‘The District of Joy’ rappresenta forse uno dei casi studio che meglio si qualificano come contaminazione tra brand e città. 

La particolarità di questa iniziativa non sta tanto nella tipologia degli eventi organizzati (workshop teatrali, concerti, speech), o nel fatto che fossero concomitanti con il Pride milanese, ma nel modo in cui questi sono stati concepiti e progettati. Per la prima volta da quando lavoro in questo mondo ho visto una marca interessarsi veramente al territorio e costruire un’attività branded in grado di valorizzare le specificità delle realtà locali: il palinsesto della rassegna è stato disegnato infatti con il coinvolgimento attivo di buona parte delle istituzioni culturali che popolano l’area di Milano Sud, che hanno contribuito sia alla definizione che alla messa a terra del programma, diventandone in questo modo ambassador e promotori. Non capita così spesso di trovare clienti così lungimiranti e aperti alla sperimentazione…

Parlando di numeri, quali risultati avete raggiunto nell’ultimo anno? Quali prospettive e nuovi progetti per il 2025?

Compiere gli anni significa crescere, ed effettivamente il triennio post-Covid è coinciso con un periodo di crescita che, ahimè, i due anni di pandemia avevano bruscamente interrotto. Nel 2023 abbiamo maturato un +7% rispetto all’anno precedente, mentre nel 2024 dovremmo attestarci su un +20% rispetto al ’23, con marginalità in linea con gli obiettivi prefissati. 

Per l’anno appena cominciato non abbiamo ancora definito i traguardi da raggiungere, né per singola area né quelli complessivi di agenzia, ma sulla base dei discorsi in essere possiamo ipotizzare una curva che dovrebbe mantenersi positiva. D’altra parte, per via dei grandi progetti del Natale, il nostro inizio anno molto spesso si sovrappone alla fine di quello precedente: abbiamo da poco terminato il disallestimento degli Alberi di Dior e Sephora in Galleria Vittorio Emanuele II e Piazza San Babila a Milano, e smantellato il villaggio di installazioni luminose su viale Ceccarini a Riccione.

Marina Bellantoni