Inchieste
Gentiloni-Catricalà: centri media contro il tetto alla pubblicità
Ha assunto tuoni infuocati, in questi giorni, su tutte le pagine dei
giornali, la polemica esplosa in seguito alle dichiarazioni del Presidente
dell'Antitrust Antonio Catricalà in merito al Disegno di
legge Gentiloni. Riepiloghiamo brevemente i fatti.
Nel corso del programma 'In Mezz'ora' di Lucia Annunziata, il presidente ha sferrato un duro attacco al Disegno di Legge del Ministro delle Comunicazioni, affermando che: "Non si può porre un tetto al fatturato pubblicitario di un'azienda, altrimenti le si impedisce di crescere". Il riferimento è alla norma del decreto che introduce un nuovo tetto alle risorse pubblicitarie, pari al 45%. Attualmente Mediaset detiene una quota del 66,38%, la Rai del 28,79%. Immediate le reazioni degli esponenti dei maggiori partiti: critico il Centrosinistra, plaude il Centrodestra.
Ieri, come riportato dai principali quotidiani di oggi, mercoledì 31 Gennaio 2007, intervenendo alla Commissione Trasporti della Camera, Catricalà ha ribadito il suo giudizio negativo sul limite del 45% alla raccolta, "In quanto – ha detto – possibile freno alla crescita interna". Aggiungendo: "Non è sufficiente rilevare un determinato livello di quota di mercato, ma è necessaria un'analisi approfondita, caso per caso, di tutta una serie di elementi ulteriori, quali, ad esempio, l'esistenza di barriere all'ingresso di nuovi operatori". E ancora: "Devo segnalare che un sistema che si basi solo su una misura che viene a penalizzare in qualche modo un 'competitor', anche se dominante, può con quella misura creare problemi al mercato". Infine, per il Garante, il tetto posto ai fatturati pubblicitari comporta la possibilità di una riduzione dell'offerta di spazi e un orientamento delle aziende verso altre forme di comunicazione, come la stampa o in generale il below the line.
Sulla questione, Advexpress ha raccolto le opinioni di alcune esponenti dei maggiori centri media del mercato.
Walter Hartsarich: 'Il mercato è libero'
"Credo che la posizione di Catricalà sia assolutamente corretta – è la netta opinione di Walter Hartsarich, presidente e ceo Aegis Media Italia - non si possono mettere dei limiti alla crescita delle aziende, soprattutto se quotate in Borsa come Mediaset, per cui si potrebbero avere risvolti negativi. Il mercato è libero, deve crescere secondo le sue esigenze. Si pensa che una parte delle risorse liberate possa andare su altri mezzi, ma non sarà così. Gli investitori pubblicitari seguono altre logiche, c'è un target di cui tenere conto, e il nostro lavoro è trovare i mezzi più efficienti ed efficaci per raggiungerlo. Se una parte di risorse saranno sottratte alla tv, non è detto che andranno ad altri mezzi come la stampa o la radio. Piuttosto, si assisterà a una riduzione degli investimenti sui mezzi classici, e alla scelta di altri veicoli di comunicazione, come gli eventi o gli ambient media, che consentano di toccare direttamente il consumatore. Una tendenza già evidente nel communication planning, che da tempo si orienta verso logiche integrate".
Eugenio Bona: "Difficilmente gli investimenti andranno a media diversi dalla tv"
Secondo il presidente di Media
Italia , la
questione chiama in causa diversi fattori. "Innanzitutto - dichiara Bona -,
bisogna considerare che il 'tetto pubblicitario' di cui parla
Gentiloni verrebbe imposto a uno dei protagonisti del mercato come
Mediaset, che ha un'utilità specifica e rappresenta un grande valore in
termini di audience. Nel caso in cui Mediaset fosse costretta a diminuire il suo
fatturato, questo potrebbe causare problemi ai clienti, perchè le aziende
dovrebbero dirottare su altri mezzi gli investimenti finora destinati a
Publitalia. Di fatto, chi sceglie la televisione ha necessità di andare in
comunicazione su questo mezzo e faticherà a direzionare i budget su media
diversi come, ad esempio, la stampa. Certo, c'è la possibilità che le aziende,
nel caso il decreto diventi legge, scelgano reti alternative come La7 o le
televisioni satellitari, ma bisogna ricordare che ogni media ha un profilo
diverso. In ogni caso, se si verificasse questa ipotesi, i centri media
avrebbero molto più lavoro...". Che scenario prevede dunque, Bona? "A parte
il naturale spostamento dei budget dalle reti nazionali a quelle satellitari e
sui nuovi media - precisa Bona - credo che difficilmente i
clienti trasferiranno in modo poderoso i propri budget dalla televisione ad
altri mezzi. Penso che il dominio della televisione generalista reggerà ancora a
lungo. Comunque è logico chiedersi quale sarebbe esattamente l'entità
dell'eventuale diminuzione di fatturato se a Sipra e Publitalia fosse
imposto il nuovo tetto pubblicitario".
Marco Muraglia: "Attenzione all'efficacia dei mezzi".
"Credo che da un lato sia necessaria una
regolamentazione a un mercato che da tempo si è evoluto; dall'altro, mi sembra
che non abbia molto senso mettere dei paletti in questo modo - dichiara il
presidente e ad Muraglia, Calzolari & Associati -.
La quota indicata mi sembra infatti un po'
arbitraria. Certo, un tetto del 45% alla raccolta pubblicitaria potrebbe causare
dei problemi al mercato". Bisogna capire innanzitutto se sarebbe possibile far
convergere in modo efficace su altri mezzi e su altri canali le risorse
investite sulle reti generaliste. In altre parole, le aziende normalmente
pianificano in televisione per comunicare una marca o un prodotto a target
specifici. Nel caso in cui fosse necessario spostare gli investimenti altrove,
sarà difficile intercettare lo stesso pubblico di riferimento. Ogni mezzo,
infatti, ha le sue peculiarità in termini di target e diverse possibilità
in termini di risultati di vendita. Noi centri media vedremo in quale direzione
si muoverà questo decreto e ci muoveremo di conseguenza".
Ernesto Pala: 'Tetto alla raccolta, una forzatura'
"Faccio una premessa – spiega Ernesto Pala, ceo di
ZenithOptimedia. È corretto che un governo si occupi dei problemi
dell'informazione e, al suo interno, della televisione. È anche corretto che un
ministro possa darsi l'obiettivo di regolamentare il mercato, ponendo ad esempio
limiti all'affollamento pubblicitario nella televisione, per una questione di
rispetto verso i cittadini, o individuando un numero massimo di reti per ciascun
editore. Detto questo, mi trovo però d'accordo con Catricalà: nessun governo può
prendersi la briga di limitare la raccolta pubblicitaria di un singolo editore.
Ognuno deve poter vendere la propria merce al prezzo che ritiene opportuno, è il
mercato che consente a un editore di raccogliere o meno una certa quantità di
pubblicità. Se un domani Publitalia non fosse in grado di dare al mercato le
audience che garantisce oggi, non verrebbe mai premiata dagli stessi risultati
di raccolta. Evidentemente la concessionaria ha trasmesso al mercato la certezza
di un valore aggiunto associato ai propri prodotti.
"Un altro punto che si
dovrebbe discutere – prosegue Pala – è l'eventuale destinazione degli
investimenti sottratti alla televisione. Non è detto che andrebbero dirottati, ad
esempio, sulla stampa: chi non ha puntato sul mezzo fin dall'inizio,
evidentemente non lo considerava strategico. Se poi si ritiene che ponendo un
limite alle reti di Berlusconi, la pubblicità vada ad altre emittenti, non è
così scontato. Gli investimenti vanno dove ci sono le teste. Non è detto che
un'azienda investa su La7, a meno che questa non raddoppi la sua audience. Per
tutti questi motivi, vedo un eventuale tetto alla raccolta pubblicitaria come
una forzatura che non mi sembra corretta. Faccio fatica a capirla e ad
accettarla".
Claudia Albertoni, Elena Colombo