Inchieste
Iabichino (Ogilvy & Mather Italia): Creatività oggi significa inventiva. E l'ADCI ha bisogno di un presidente come Guastini
La scomparsa di Michele Ferrero pone al centro del dibattito il significato della parola creatività. Per il direttore creativo esecutivo dell'agenzia del Gruppo Wpp l'associazione dei creativi ha bisogno di un presidente che abbia voglia di rendere giustizia alle brutture che questo lavoro sta incontrando, che sia neutrale nei confronti delle agenzie, internazionali o indipendenti.
.jpg)
Cosa significa oggi la parola creatività, quali finalità deve avere, serve solo o soprattutto a fare vendere, a costruire una brand equity, una relazione con i consumatori, tutto questo o c’è dell’altro ancora?
Il primo a rispondere è Paolo Iabichino, direttore creativo esecutivo del Gruppo Ogilvy & Mather Italia. Già autore di un testo che ha fatto scuola sulla comunicazione pubblicitaria moderna, Invertising, e del più recente Existential Marketing I consumatori comprano, gli individui scelgono, Iabichino è stato due volte giurato al Festival di Cannes ed è membro dell’ADCI.
Senza mezzi termini il direttore creativo di Ogilvy respinge al mittente, cioè al sottoscritto, l’accusa di snobismo (leggi news). “Ma c’è davvero qualcuno che ancora pensa che noi creativi si stia tutto il tempo con le dita nel naso, a sognare la Croisette sputando bile per non essere ancora stati compresi dalla mancanza di coraggio dei nostri clienti?
Peraltro, è bene ribadire che le famigerate pubblicità di cui parli sono state fatte anche loro da colleghi creativi. E credo che nessuno di noi si possa permettere il lusso di snobbarle di fronte ai risultati ottenuti dalla migliore realtà imprenditoriale che questo Paese abbia mai conosciuto.
Accusare di snobismo tutti coloro che lavorano nei reparti creativi, rischia di farci passare come viziatelli di fronte alle pubblicità che hanno costruito un successo così sfacciatamente meritato”.
Il mio riferimento era a una mentalità, forse a una generazione di creativi, che oggi non esiste più per colpa non soltanto della crisi (averne di Ferrero!) ma per il drammatico cambiamento che la
comunicazione in pochissimi anni ha fatto registrare...“Infatti. Sarebbe l’ora di liberarci una volta per tutti da quella patina di rampantismo surreale che ci trasciniamo dietro da quando uno splendido titolo come ‘Milano da bere’ è diventato sinonimo di un certo snobismo di categoria che la maggior parte di noi ha perso con l’ultimo ricambio generazionale”.
Iabichino lancia un appello: “Facciamo che smettiamo un po’ tutti di guardare alla classe creativa di questo mestiere come si guarda a dei reduci impantanati tra rinnovamento, recessione e crisi esistenziali?
Facciamo che si torna a pensare che dentro le agenzie, quelle grandi, quelle piccole o dentro gli studi dei freelance le idee sono ancora quelle che muovono il nostro mestiere. E davvero, Salvatore, credimi se ti dico che i creativi almeno quelli che frequento io non possono permettersi di snobbare le pubblicità di un prodotto che vende. Perché abbiamo imparato che se i nostri clienti vendono è anche grazie alle nostre idee”.
Torniamo alla domanda iniziale. Cosa significa la parola creatività oggi?
“Creatività oggi è inventiva, parola più ampia del termine creatività perché ha che fare con l’innovazione. E’ un cambio di paradigma, qualcosa di molto più solenne. Ferrero, appunto, ne è l’esempio più calzante dal punto di vista imprenditoriale. La nostra creatività oggi è costretta ad essere inventiva perché sono cambiate le regole del gioco, è cambiato il contesto socio culturale in cui ci muoviamo. E’ un nuovo scenario antropologico direi, che mostra comportamenti diversi, mai visti prima. Per questo ci serve inventiva che non possiamo piùchiamare creatività”.
E sempre in merito di creatività parliamo anche dell’associazione che riunisce i creativi Italiani, l’ADCI. Alla luce dei recenti fatti che hanno catalizzato l’attenzione delle riviste specializzate, ritieni che Guastini sia l’uomo giusto a guidarla, come chiederà all’assemblea dei soci il prossimo 7 marzo?
“In questo momento non vedo in Italia qualcun altro capace di farsi carico del lavoro che Guastini è stato capace di fare in questi anni . Sicuramente ha un difetto, è una persona passionale e, forse, poco diplomatica. Questo suo modo di essere ogni tanto sfocia in irruenza. Ma in questo momento abbiamo bisogno un po’ di irruenza per rimettere in bolla una industry che ha sacrificato il proprio slancio
creativo sull’altare delle istanze finanziarie. Istanze che riguardano tutti, intendiamoci, grandi sigle e piccole, internazionali e indipendenti.
Contrariamente a quanto si è soliti ripetere il dumping viene spesso praticato anche da strutture piccole che accettano logiche finanziarie vessatorie pur di rimanere in piedi. So per certo che Massimo non è persona schierata a favore o contro le sigle internazionali”.
Il bubbone esploso con il caso Pagani e le conseguenti dimissioni di Boscacci spingono i soci a chiedersi che tipo di presidente li deve rappresentare e a cosa serve l’ADCI...
“Certo, le dimissioni di Boscacci hanno messo Massimo di fronte al grande interrogativo, se è lui davvero l’uomo giusto per guidare il club, e cosa deve essere l’ADCI. Io penso che se non c’è consenso da parte della nostra comunità intorno alle posizioni di Guastini su questa vicenda c’è davvero da chiedersi che senso abbia l’ADCI. Il Club ha bisogno di una persona come Guastini, o come lui o uno come lui, insomma di uno che abbia voglia di rendere giustizia alle brutture che questo lavoro sta incontrando. Il presidente in carica lo sta facendo con un consiglio che crede nelle sue idee e che lo segue, con la voglia di essere neutrale nei confronti delle agenzie, internazionali o indipendenti che siano, e di difendere il valore della creatività come il vero argomento di vendita di questo mestiere”.
Salvatore Sagone