Inchieste

Il ‘nuovo mondo’ del social advertising

Il fenomeno dei social network ha conosciuto una crescita di pubblico senza precedenti, raggiungendo nel corso di quest’anno cifre da capogiro. Lo stesso non si può dire per la pubblicità, che ancora deve trovare la sua strada. Il nuovo numero di NC ha dedicato al tema un’inchiesta composta da quattro articoli. Pubblichiamo il primo.

Se un media cresce del 100% in un anno in termini di audience, ma la raccolta pubblicitaria aumenta dell'1% , evidentemente c'è qualcosa che non va. O stiamo parlando di un media inadatto a veicolare contenuti pubblicitari, o non si è ancora scoperto come sfruttarlo in modo corretto. Questo è ciò che accade nel 'nuovo mondo' dei social network, portali web pensati e realizzati per mettere in contatto le persone e consentirgli di condividere contenuti, che in 12 mesi hanno conosciuto un successo di pubblico senza precedenti.

Traffico alle stelle

Secondo i dati ufficiali di comScore, su 20,3 milioni di internauti italiani, i visitatori unici dei social network a ottobre 2008 sono stati 13,2 milioni. Tra le 'reti sociali', un caso emblematico in termini di crescita è quello di Facebook, progetto nato nel 2004 da un'idea dello studente di Harvard Mark Zuckerberg. All'inizio del 2008 gli italiani iscritti a questo network erano circa 100.000, prima dell'estate erano più di mezzo milione, a settembre erano raddoppiati e nel giro di altri due mesi sono arrivati a 4,2 milioni. Nel nostro Paese, in termini di popolarità, a Facebook seguono Splinder.com (con 3.9 milioni di visitatori unici), Netlog.com, con 3,1 milioni, MySpace, con 2,3 milioni e Badoo, a quota 2,2 milioni di utenti unici.

In Europa, a fronte di 276 milioni di internauti, gli utilizzatori di social network a ottobre 2008 sono stati 202 milioni, con in testa Facebook (56 milioni di visitatori unici), seguito da Vkontakte.ru (18 milioni) e Flickr (18 milioni ). Anche al livello mondiale Facebook è il social network più popolare, dopo lo storico sorpasso a danno di MySpace, nel mese di giugno, con 132 milioni di visite uniche contro 117.

"All'interno del Web 2.0 - afferma Ombretta Capodaglio, marketing manager Nielsen Online - questo è innegabilmente il momento delle community, che hanno più che triplicato i propri utenti in un anno, grazie alla nascita di nuovi siti e al successo di quelli esistenti. In particolare, il segreto di Facebook è il fatto di essere sobrio, elegante e non invasivo, adatto anche a un'utenza più adulta e professionale, ma allo stesso tempo divertente e apprezzato dai giovani per la presenza della chat, delle 'applicazioni' e dei passatempi che consentono molta interattività tra gli utenti".

Secondo un'indagine condotta dal Sole 24Ore sugli utenti di Facebook, i motivi dell'utilizzo di questo social network sono: ritrovare amici (per il 60% degli utenti), espandere le proprie conoscenze (per il 22%), utilizzare i giochi e applicazioni (8%). Un utente su dieci si collega anche due ore al giorno (con punte fino a nove) e non manca uno zoccolo duro di utilizzatori business (10% ) che quasi sempre affiancano Facebook ad altri network come Linkedin.

Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti da Nielsen Nrg, inoltre, social network come MySpace.com sono la destinazione online preferita dagli utenti di età tra i 15 e i 24 anni per ricercare informazioni sui film in uscita nei cinema.

Ma chi sono gli utenti dei social network? Chi pensa si tratti si scolaretti alla ricerca dei compagni di classe si sbaglia. Su Facebook, per esempio, c'è anche il Sole 24Ore, che ha realizzato un'applicazione per consentire di visualizzare l'anteprima dei contenuti del proprio sito all'interno di una pagina personalizzata. Non si pensi, dunque, che le masse di utenti dei social network non abbiano valore. L'anno scorso, per fare suo un minuscolo 1,5% del capitale di Facebook, Microsoft ha trattato su un valore attorno ai 15 miliardi di dollari, offrendo inoltre un finanziamento di 246 milioni di dollari in cambio del diritto di gestire la pubblicità in esclusiva. MySpace è stato acquistato nel 2005 da Rupert Murdoch per 580 milioni di dollari. Lo stesso Facebook, infine, ha messo sul piatto 500 milioni di dollari per acquisire Twitter, un social network in rapida ascesa. La cifra però, è stata ritenuta inadeguata e quindi rifiutata. Evidentemente i margini di crescita, soprattutto grazie allo sviluppo della raccolta pubblicitaria, sono ancora molto ampi.

Un mercato da inventare

Secondo la ricerca annuale Online Customer Engagement Report condotta da Econsultancy e cScape, nei prossimi anni gli investimenti sui social media cresceranno in modo sensibile. L'aumento degli investimenti dovrebbe essere dettato dal fatto che circa il 51% delle aziende ha dichiarato che la crisi economica ha fatto sentire più viva la necessità di aumentare l'engagement dei consumatori. I reparti marketing stanno dunque programmando di investire in aree Web 2.0 e social media nel 2009, con il 41% di essi interessati ai feedback degli utenti, il 37% interessati a user generated content, il 36% ai blog, e il 36% a far apparire il proprio marchio all'interno di social network.

Secondo i 500 top manager intervistati dalla ricerca di Avanade in tutto il mondo, le aziende che hanno introdotto l'utilizzo dei nuovi media sociali hanno riscontrato un miglioramento delle relazioni con i clienti (nel 66% dei casi), della reputazione aziendale, (per il 64%), nonché un incremento delle vendite (per il 40%).

"La nostra missione è mettere in contatto le persone, per un mondo più connesso e più trasparente - ha affermato il già citato ventiquattrenne chief executive di Facebook Mark Zuckerberg -. Per riuscirci abbiamo un modello di business 'sostenibile', che sta funzionando bene se già più di 120.000 aziende hanno scelto di fare inserzioni sul nostro sito. E tra queste, spiccano due terzi delle imprese statunitensi".

La percentuale dei click su display advertising confronto al totale delle visite su Facebook, però, è solo dell'1%. Inoltre, sta di fatto che nonostante i molti buoni propositi, solo il 45% delle imprese ha già in atto una strategia di comunicazione ben definita e pianificata sui social network. I consumatori insomma stanno utilizzando questi nuovi media più che mai, ma gli investimenti pubblicitari esitano a impennare. Nonostante i nuovi network lanciati nel 2008, eMarketer ha rivisto le proprie proiezioni per i ricavi pubblicitari in questo settore.

La stima degli investimenti sui social network in Usa nel 2008 attualmente è di 1,2 miliardi di dollari, contro gli 1,4 miliardi previsti a maggio. Gli investimenti raggiungeranno secondo le stime 1,3 miliardi nel 2009, contro gli 1,8 previsti sempre a maggio. Il ridimensionamento riguarda anche i leader di mercato. Secondo le prime stime MySpace nel 2008 avrebbe dovuto realizzare una raccolta pubblicitaria pari a 755 milioni, ma questa stima è stata ridimensionata del 22,5%, fermandosi a 585 milioni. Facebook avrà una raccolta stimata di 210 milioni di dollari nel 2008, il 29,8% in meno della prima previsione di 265 milioni .

Secondo una ricerca online di GfK tra marketing manager di importanti aziende, il 55% ha affermato di non voler attualmente inserire siti di social network nel proprio media plan. Solo il 10% ha affermato di utilizzare attualmente Facebook e MySpace nei loro piani di marketing. La più grande obiezione a riguardo è relativa al target di questi siti, per lo più teenager, e all'utilizzo che ne viene fatto, ovvero condivisione di testi e materiale video. I manager insomma non sono ancora interessati a comunicare inserendosi in questo flusso di contenuti 'personali', poco controllabili e poco misurabili, preoccupati del fatto che la pubblicità accanto a user generated content possa essere 'contaminata'. Se dal punto di vista dell'audience, dunque, per i social network è un momento d'oro, lo stesso forse non si può dire per quanto riguarda l'appeal nei confronti delle aziende. Ecco allora, alcuni aspetti su cui lavorare.

Creatività, misurazione e fan-sumers

Nonostante Mark Zuckerberg abbia affermato che la sua compagnia rimarrà concentrata sull'allargare la base degli utenti piuttosto che il fatturato, Facebook negli ultimi tempi negli Usa si è aggiudicata tutti i migliori venditori di pubblicità sul mercato, periodicamente ospita team di specialisti del settore, e infine spedisce proprie squadre presso i centri media. La ricerca creativa di nuovi spazi e nuove modalità di comunicazione da offrire alle aziende è insomma molto attiva.

Tra le più importanti novità recentemente lanciate c'è Facebook Ads, un sistema di advertising che si basa sull'idea di inserire la pubblicità nel flusso di informazioni del network. Il servizio consente agli advertiser di targhettizzare la loro comunicazione in base alle caratteristiche del profilo del singolo utente e alle relazioni tra gli utenti. Grazie al sistema Beacon, inoltre, gli advertiser possono monitorare le performance delle loro campagne e l'attività degli utenti di Facebook rispetto alle proprie pubblicità.

Negli Usa Facebook sta inoltre ideando un nuovo format, ai confini tra marketing e social network, chiamato Engagement Ads. La nuova pubblicità compare quando una persona si 'logga' al social network, e invita a compiere una azione, come commentare il trailer di un film o spezzoni di show televisivi. Se l'utilizzatore completa l'azione, la 'notizia' dell'azione sarà spedita e condivisa con tutto il gruppo di amici, assieme al relativo contenuto che si vuole promuovere e diffondere.

Una delle novità di MySpace, è invece Self-Serve , la nuova piattaforma di pubblicità che consente agli inserzionisti di creare messaggi pubblicitari in grado di portare visitatori sulle proprie pagine. L'azienda può gestire in autonomia il proprio business pubblicitario creando il messaggio, scegliendo un budget da dedicare alla campagna e decidendo i tempi di esposizione. Inoltre è possibile segmentare il target per sesso, età, località geografica e specifici interessi. Il costo di ogni campagna è basato esclusivamente sui reali click generati. Infine non bisogna dimenticare che le aziende, in ogni caso e su ogni social network, possono creare dei loro profili 'personali'. Questo tipo di iniziativa, apparentemente così semplice, modifica radicalmente il modo in cui la pubblicità viene percepita dagli utenti. Le persone infatti, possono aggiungere nel loro profilo un collegamento alla pagina della propria marca preferita, esattamente come fanno con gli amici, creando relazioni di 'fan-ship'. Certo, il successo di questo tipo di social advertising, basato sul coinvolgimento degli utenti anche attraverso la creazione di profili 'personali' di aziende, è ancora tutto da verificare. Anche se c'è gia chi parla di una nuova forma di utenti: i 'fan-sumers'. Detto questo, va da sé che per valutare l'impatto di una campagna realizzata nell'ambito di un social network le tradizionali metriche di analisi della pubblicità (impression, click, ecc...) non sono più sufficienti.

In questo nuovo ambiente, per attirare investimenti e offrire 'certezze' alle aziende, è necessario provare a quantificare la forte capacità virale della comunicazione tra i consumatori. Ad esempio lo studio Never-Ending Friending, realizzato in collaborazione da Fox Interactive Media e da Carat Usa Isobar, ha introdotto una nuova metrica, chiamata 'Momentum Effect ', per quantificare la forza del passaparola tra i consumatori che partecipano al social network. Essa registra quando un utente 'linka' la pagina del brand nel suo profilo personale o fornisce delle informazioni sul brand a un amico. Da questo studio è emerso che le campagne pubblicitarie nei social network riescono a creare maggior valore a favore del brand proprio sfruttando proprio la capacità di diffusione virale.

Obama Management

Per concludere, torniamo alle domande iniziali. I social network sono dei mezzi idonei a veicolare messaggi pubblicitari? Aziende e comunicatori, saranno in grado di rivoluzionare i propri paradigmi per sfruttare le potenzialità di questo nuovo fenomeno mediatico? Ted McConnell, general manager-interactive marketing and innovation di Procter&Gamble ha recentemente espresso i propri dubbi sul potenziale di Facebook come strumento di marketing, specialmente dal punto di vista dell'advertising. Il tema del suo discorso alla Digital NonConference è stato centrato soprattutto sul contesto, ovvero sul fatto che le aziende, dal punto di vista della comunicazione, non hanno una ragione di essere su Facebook dal punto di vista pubblicitario. Insomma, secondo McConnell in termini pubblicitari il social network 'non è un media', e le aziende rischiano di essere degli intrusi che parlano fuori contesto.

"Un media – ha affermato McConnel – è qualcosa che puoi comprare e vendere. Un media contiene contenuti predefiniti. Un media contiene spazi bianchi. I consumatori stessi nei network non stanno cercando di generare un media, essi stanno cercando di parlare con qualcuno".

La soluzione è dunque riconoscere le peculiarità di questo mezzo, elaborando nuove strategie ad esso pertinenti. E non è detto che questo atteggiamento non possa portare già oggi a grandi e inattesi successi. Mai sentito parlare di Obama management? Ci riferiamo a uno stile di conduzione della comunicazione aziendale ispirato alle stesse tecniche usate dal senatore dell'Illinois per arrivare alla Casa Bianca. Primo: non limitarsi semplicemente a navigare su Internet, ma utilizzarlo. Avere un sito aziendale è scontato, un po' meno sentire gli amministratori delegati parlare in prima persona della loro azienda su un social network. Secondo: rivelare ai clienti le strategie aziendali. Obama ha fatto proprio questo quando ha inviato a milioni di elettori un sms col nome del suo vice, prima ancora che lo sapessero i media. I sostenitori-clienti in questo modo si sentono privilegiati e ripagano. Non solo. Oltre a Barackobama.com e al sito antigossip Fightthesmears.com usato per smentire le voci di corridoio, il futuro presidente dialogava con le minoranze su BlackPlanet (afroamericani), AsianAve (asiatici), Glee (omosessuali) o MiGente (latinoamericani). In altre parole: raggiungere le nicchie, parlare la lingua dei clienti, non avere paura dei rumor che possono rovinarvi l'immagine, anzi, metterli in piazza.

Al tempo di Internet non basta mettere online un video aziendale, ingessato e istituzionale: l'obiettivo è inondare la rete di filmati che parlano dei prodotti, creati dagli stessi consumatori. E poi basta con slogan e pubblicità studiati a tavolino: le persone, è noto, si fidano molto di più del giudizio di un amico che di quello di esperti di marketing.

Matteo Vitali