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Inchiesta Crowdsourcing adv. Diaferia: 'Il vero nemico è tra noi'
Nella sua rubrica Space Available Here, Pasquale Diaferia interviene nell'ambito dell'inchiesta in corso su ADVexpress, invitando anch'egli le agenzie a focalizzarsi sul loro ruolo strategico e consulenziale. Sottolineando che il vero nemico non è Zooppa, poichè " la criticità nasce ormai dall’offerta sempre più vasta di servizi che tendono allo zero come remunerazione, e di conseguenza rischiano di appiattirsi anche come qualità?". ll vero nemico, osserva Diaferia " è all’interno della comunità dei manager d’agenzia e dei creativi. Inutile accusare clienti e piattaforme di crowdsourcing. Cominciamo ad ammettere che né l’associazionismo di impresa, né quello individuale sono riusciti a normarsi sul tema delicato delle remunerazioni. Diventerà più facile non accusare una piattaforma che fa il suo lavoro pubblicamente di impoverire oggi la professione, quando le agenzie per prime hanno aperto le danze dei dumping segreti quindici, forse venti anni fa. Ed oggi trascinano perfino i creativi indipendenti su questa china".
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Nell’ultimo intervento prima delle vacanze, segnalavo che occorrono "Meno Balotelli e più Belinelli” nel nostro mestiere: il talento giovane da valorizzare è quello capace di sacrificarsi e produrre risultati, non quello che che genera solo lamentazioni ed eccentricità, Allo stesso modo mi permetto di entrare nella discussione sulle piattaforme di crowdsourcing, generata da un pezzo di Emanuele Nenna lo scorsa settimana, (http://www.advexpress.it/interna.asp?sez=18&info=195368)
su chi sia il vero nemico tra la piattaforma che offre creatività a basso prezzo e le aziende che la ingaggiano.
La mia posizione personale sulle piattaforme tipo Zooppa è nota da tempo: non le considero né un problema, né una minaccia. In una condizione di libero mercato, non si può pensare che chi aggrega a costi contenuti talenti giovani, ma non solo, attraverso uno strumento tecnologico, sia un nemico. Fa parte della libera competizione. La mia personale risposta è sempre stata quella di segnalare ai clienti che me ne parlavano come alternativa: “Guarda che se non hai denaro per progetti complessi e di qualità, sono io il primo ad invitarti ad usare piattaforme di crowdsourcing”. In nove casi su dieci, lo stesso cliente che parlava di Zooppa poi sceglieva i miei servizi, a costi profondamente diversi.
Quindi non solo concordo con il responsabile italiano, Matteo Sarzana, che ritiene che le agenzie siano prevenute con Zooppa un po come i tassisti attaccano Uber per partito preso. Sono anche totalmente in linea con il suo invito: “Le agenzie si focalizzino sul ruolo strategico e consulenziale”. Come le aziende di trasporto pubblico ed i tassisti dovrebbero pensare di migliorare i propri servizi, non di chiedere l’eliminazione di Uber.
Infatti qui sta il cuore del problema. Da oltre un decennio le agenzie, nella loro maggioranza, si sono caratterizzate per un inseguimento delle gare non remunerate e per la ricerca del nome del cliente locale da annunciare sulla stampa ed ai propri cooordinatori europei, costi quel che costi. Anche il fatto di acquisire clienti non profittevoli a fee tendenti allo zero, ha generato come risultato finale un generico impoverimento dei reparti creativi: spesso affidati a stuoli di stagisti, anch’essi a costo zero. E qui immagino intravediate la continuità tra questo pezzo e quello dell’8 luglio.
Da un paio d’anni, il fenomeno è diventato non solo delle big agencies, ma anche dei consulenti creativi. Spesso ex dirigenti proprio di quelle agenzie contro le quali si ritrovano in gara. Solo negli ultimi quattro mesi, un paio di clienti mi hanno confessato, anche con un certo orgoglio, che aprivano rapporti con coppie creative per collaborzioni gratuite per il primo anno, o fee annuali sinceramente ridicoli: anche qui con una forte tensione verso lo zero. Meno costose di Zooppa, tanto per fare esempi concreti.
Peraltro, come criticare i clienti che scelgono agenzie e creativi che si fanno pagare pochissimo, quando non addirittura nulla? Perché considerare Zooppa il problema, quando la criticità nasce ormai dall’offerta sempre più vasta di servizi che tendono allo zero come remunerazione, e di conseguenza rischiano di appiattirsi anche come qualità?
Il vero nemico, insomma, è all’interno della comunità dei manager d’agenzia e dei creativi. Inutile accusare clienti e piattaforme di crowdsourcing, quando dalla stalla delle agenzie si sono fatti scappare i buoi ogni giorno, per anni. Cominciamo ad ammettere che né l’associazionismo di impresa, né quello individuale sono riusciti a normarsi sul tema delicato delle remunerazioni. Diventerà più facile non accusare una piattaforma che fa il suo lavoro pubblicamente di impoverire oggi la professione, quando le agenzie per prime hanno aperto le danze dei dumping segreti quindici, forse venti anni fa. Ed oggi trascinano perfino i creativi indipendenti su questa china.
Insomma, il ritorno alla normalità può avvenire solo se agenzie e creativi cominciano a recuperare i basics di questo mestiere. Personalmente, dal 2008 non partecipo più a gare, a meno di casi eccezionali (2 negli ultimi 7 anni): la decisione l’ho presa dopo aver perso un grande cliente che gestivo da 5 anni, in seguito alla proposta di un grande network che si offriva a fee creativo zero. Non indugio sul fatto che il presidente e il direttore creativo, protagonisti di quella curiosa offerta, oggi in un caso non lavori più, e nell'altro sia stato "inviato" all'estero. Manager di breve respiro, sono stati travolti dalla perdita proprio di quel cliente dopo meno di un anno.
Io penso che, per citare Hegarty, "cambiare costantemente il nostro messaggio confonda la nostra audience". Per questo ho comunque deciso che a quel gioco non giocavo: tuttora i clienti sanno che mi possono chiamare per i progetti più complessi e sfidanti, ma a condizione di un'assegnazione sulla base di metrics economici e professionali di livello. In caso contrario, sanno che il mercato offre soluzioni più economiche, meno complesse, probabilmente più utili per interventi mordi e fuggi che di lungo respiro. Sono solo un piccolo imprenditore creativo di questo mercato? Certo, ma nessuno mi può dettare le regole al ribasso: come avviene da almeno quattromila anni, è il venditore che fa il prezzo. Il compratore può solo proporlo, il ribasso. Non imporlo.
Quello che resta curioso è che chi invece offre prezzi stracciati, tempi compressi, interventi anche su microscopiche attività, siano proprio gli stessi attori che poi si lamentano della situazione di mercato e della presenza di Zooppa. Che peraltro, nella persona del suo country manager non evita il confronto con questi manager, anzi lo richiede.
(http://www.advexpress.it/interna.asp?sez=42&info=195407)
Quello che resta straniante è che chi si lamenta dei prezzi tagliati del crowdsourcing sono gli stessi che come modello di business ormai hanno solo i DN del media, non più alti fee di pensiero strategico e creativo: quello ormai si regala.
Il problema, insomma, non è agitare invano la bandiera della dignità della nostra professione. L'opportunità è ritornare ad offrire qualità ai clienti. L'atteggiamento è offrire serietà ai clienti. La proposta è ricordarsi che siamo un’industria che produce idee.
Non vendiamo layout e storyboard a prezzi stracciati (quello si, lo fa zoppa). Noi vendiamo pensiero.
(pasquale diaferia Twitter@pipiccola)