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Inchiesta Crowdsourcing adv. Nenna a Sarzana : "non c'è un nemico, ma un pericolo: la tentazione di risparmiare per vedersi crollare tutto addosso"

Con la controrisposta del vp Assocom e Ceo Now Available al general manager Europe di Zooppa  prosegue su ADVexpress il dibattito sul crowdsourcing advertising che presto avrà eco anche all'IF! Italians Festival, organizzato da ADCI e Assocom il 2,3 e 4 ottobre al Teatro Franco Parenti di Milano. In questa sua lettera Nenna sottolinea come il vero pericolo per l'industry non siano le community come Zooppa ma la modalità cherry piking nell'assegnazione dei progetti alle agenzie e l'orientamento al risparmio nella selezione delle idee da parte delle aziende a scapito delle stesse imprese, delle agenzie e di tutto il mercato. "Se l'equity di un brand non viene più considerato qualcosa di rilevante, che può e deve generare ritorni nel medio-lungo periodo, se la si considera qualcosa di cui si può fare a meno, se si entra in un loop che prevede che conti solo l'esecuzione di una buona idea (e non il processo che l'ha generata e che ne può generare altre -coerenti- alla bisogna), allora a farne le spese non è solo il piccolo mondo delle agenzie: è il mercato intero".
Si alimenta ulteriormente il dibattito sul crowdsourcing advertising in corso sulle pagine della nostra testata dopo la lettera inviata da Emanuele Nenna, vp Assocom e Ceo dell’agenzia Now Available al direttore di ADVexpress (leggi news). Dopo le dichiarazioni da noi raccolte da Ambra Brandi, communication marketing manager BU Lifestyle di Fiera Milano (leggi news), le riflessioni inviateci da Anna Cappellini, head of strategy di Userfarm, (leggi news), l'intervista a Matteo Sarzana, dal 1 settembre general manager Europe di Zooppa (leggi news), ecco la controrisposta di  Nenna alle parole dello stesso Sarzana.  Il manager, ricordiamo, nell'intervista su ADVexpress,  sottolineava come, in un momento di mercato in cui da parte delle aziende c'è una grande richiesta di contenuti, Zooppa sia una delle tante e nuove  fonti per raccogliere spunti e idee. A volte anche per le agenzie stesse che ovviamente, in questo nuovo scenario, sono chiamate a riappropriarsi del ruolo strategico originario. 


Ecco di seguito la risposta di Emanuele Nenna, che, peraltro, raccoglie con piacere la proposta di Sarzana di un confronto proponendo come occasione l'IF!, Italians Festival, organizzato dall'ADCI e da Assocom il 2,3 e 4 ottobre al Teatro Franco Parenti di Milano.


Caro Matteo,

Ho letto il tuo intervento all'interno del dibattito che si sta accendendo sul tema della creatività e dei modi per comprarla/produrla. Una premessa per fare chiarezza: la mia posizione non è assolutamente quella della battaglia di retroguardia, o di difesa corporativa di uno status quo intesa a boicottare (caso che risulterebbe peraltro vano) il progresso della tecnologia e della società.

Personalmente sono ideologicamente un sostenitore di Uber, delle start-up innovative, e della scuola del "sei tu che devi adeguarti ai tempi e non il contrario". In più non ho niente contro Zooppa in sé, che ho considerato fin dall'inizio come un'idea, e io amo le idee. E amo quelle innovative e imprenditoriali più delle altre.

E concordo con te anche su un altro punto: il ruolo delle agenzie deve essere strategico e non tattico.

Ma il mio punto di vista è che nella comunicazione tutto dovrebbe essere strategico. La cosa che capita più spesso recentemente (Zooppa a parte) è che i clienti utilizzino una modalità cherry piking nell'assegnazione dei progetti alle agenzie, senza considerare il vantaggio di stabilire una relazione continuativa con il proprio partner di comunicazione. Vantaggio che c'è, non solo per le agenzie, ma anche per i clienti. Sicuramente in termini di efficienza: cambiare fornitore a ogni giro si fa per risparmiare, ma alla lunga non si capitalizza sull'esperienza, si ricomincia sempre da capo e alla fine si spende di più.  lo dimostrano svariate ricerche internazionali. Ma anche - ed è ciò che più mi disturba, e che vorrei combattere- in termini di risultati. L'insieme delle tante campagne di un cliente (e con campagne intendo dallo spot all'evento al minisito al POP) ne compongono l'equity. Se l'equity di un brand non viene più considerato qualcosa di rilevante, che può e deve generare ritorni nel medio-lungo periodo, se la si considera qualcosa di cui si può fare a meno, se si entra in un loop che prevede che conti solo l'esecuzione di una buona idea (e non il processo che l'ha generata e che ne può generare altre -coerenti- alla bisogna), allora a farne le spese non è solo il piccolo mondo delle agenzie: è il mercato intero.

I clienti non avranno ritorni dalle loro campagne e ridurranno gli investimenti.
I gruppi di comunicazione disinvestiranno sui talenti a favore di lavori più basati sui numeri e sulla finanza.
I giovani talenti avranno sì la possibilità di fare mille gare on line, ma faranno fatica a trovare un lavoro che -oltre a premiare il loro talento- insegni loro una professione.
Il pubblico (gli ascoltatori, i telespettatori, gli utenti, le persone) non distingueranno un prodotto da un altro, perché quello che resta delle buone campagne non è l'esecuzione ma il messaggio proprio e distintivo di ogni marca, che si intreccia con il giusto insight.

Il progresso non si può fermare, e io sono un tifoso del progresso. Ma a volte il progresso può essere utilizzato male, o contribuire a generare equivoci. Se un cliente crede nella comunicazione e dalla comunicazione vuole avere ritorni nel tempo, deve scegliere con cura un'agenzia con cui stabilire una relazione continuativa. E deve essere pronto a retribuirla correttamente, perché l'agenzia possa esprimere la qualità che promette. Ci sono le eccezioni, ci sono casi e situazioni in cui non si cerca una campagna ma una singola idea, o -meglio ancora- una buona esecuzione di un'idea. E allora ben vengano soluzioni smart e contemporanee.

Riprendendo il titolo dell'articolo di Sagone, io non credo che ci sia un nemico, di certo non lo è Zooppa e tantomeno lo sono Zambon o Fiera Milano. Però c'è un pericolo: l'appiattimento dei messaggi, il fraintendimento dei ruoli, la tentazione di risparmiare per vedersi crollare tutto addosso. Se devo comprare un divano posso andare on line. Al limite dopo un po' lo cambio. Se devo scegliere l'impresa per costruire (o ristrutturare) la mia casa, devo incontrare le persone che lo faranno, e sceglierle con estrema cura in base all'esperienza, l'affidabilità, la serietà che mi dimostrano. Ecco, per me anche una campagna di prodotto è una casa. O almeno uno dei suoi muri. Se lo costruisci fragile, o imperfetto, o diverso dagli altri, alla fine la casa non starà in piedi.

Bella l'idea di parlarne insieme, ascoltando tutti i punti di vista: facciamolo.
Magari l'imminente IF! Italians Festival potrebbe essere una buona sede.

A presto,
Emanuele