Inchieste

NC. Nell'ebook 'L’influencer marketing spiegato semplice' di Arianna Chieli i consigli su come creare relazioni di valore e strategie vincenti per la promozione di aziende, prodotti e servizi sul web

L'intervista pubblicata su NC - Nuova Comunicazione ha l'obiettivo di approfondire insieme all'imprenditrice digitale questo nuovo trend che si sta espandendo sui social. In particolare il manuale spiega come distinguere i veri influencer dai fake, come ingaggiarli nel modo giusto e come valutare le loro performance, per aiutare le aziende a scegliere il proprio ambassador con metodo.

Prosegue a la pubblicazione su ADVexpress dell'Inchiesta di NC - Nuova Comunicazione dedicata all'Influencer Marketing, che si conferma uno dei trend nel quale aziende e agenzie investono sempre di più, con ritorni spesso importanti. 

Di influencer marketing si parla tanto, se ne discute, se ne cerca di capire l’efficacia ma, in fondo, quelli che servono alle aziende e alle agenzie sono strumenti pratici per orientarsi in una giungla tanto affascinante quanto intricata. Qui cerchiamo di semplificarla al massimo - e di dare delle risposte concrete - cambiando prospettiva e punto di vista con l’aiuto di Arianna Chieli (nella foto), imprenditrice digitale che a oggi si divide tra due ruoli: quello dell’esperta di comunicazione e, contemporaneamente, quello di influencer con un folto seguito sui social. Insieme a Raffaella Amoroso, con cui ha fondato l’agenzia I Live You, ha scritto l’ebook ‘Influencer Marketing spiegato semplice’. Come creare relazioni di valore e strategie vincenti per la promozione di aziende, prodotti e servizi sul web’ (ed. Zandegù), un manuale che spiega passo per passo e in modo molto diretto come distinguere i veri influencer dai fake, come ingaggiarli nel modo giusto e come valutare le loro performance.

Facciamo un passo indietro. Ci racconti il percorso che ti ha portato a essere quella che sei, oggi?

Sono una giornalista con un’anima nerd. Ho fondato la mia prima web agency nel 1999 e mi occupavo già di contenuti, gestendo una redazione online. Nel 2005 il mio primo blog, nel 2010 ho aperto FashionBlabla, uno dei primi fashion collaborative magazine italiani, e sempre nel 2010, assieme a Raffaella Amoroso, abbiamo organizzato il primo FashionCamp, un evento dedicato a digital e moda in cui i blogger erano i protagonisti. Credo che i primi progetti di influencer marketing siano partiti proprio da lì. Mi piace pensare di essere un’imprenditrice digitale, più che un’influencer, anche se credo che vivere il processo da un doppio punto di vista - strategist e influencer - mi garantisca una visione d’insieme più chiara e performante.

Facciamo un po’ di chiarezza identificando gli influencer… Molte aziende non ne sanno poi così tanto…

L’influencer quattro stagioni, che va bene con tutto e che tutto sa fare, fortunatamente non esiste. Nel mondo dell’influencer marketing ogni persona che vi partecipa attivamente ha, con il tempo, trovato un posto grazie alla propria competenza in termini tematici, ma anche ‘operativi’: c’è chi trova pane per i suoi denti scrivendo un blog post e chi dà il meglio di sé scattando una foto da pubblicare su Instagram; chi adora raccontare la propria quotidianità con le Instagram Stories attirando l’attenzione di migliaia di follower e chi, invece, riesce a costruire uno storytelling a prova di bomba con un video su YouTube. Bisogna trovare gli influencer giusti per competenze tematiche e operative per far loro gestire il progetto.

Quando, a tuo parere, l’utilizzo dell’influencer marketing è efficace?

Quando l’influencer è in target con il prodotto o servizio e parla a una fanbase reale e interessata all’argomento. Quando è capace di comunicare con chiarezza un messaggio e lo fa in maniera creativa, apportando un valore aggiunto alla strategia di comunicazione.

Nel libro si dice una grande verità: oggi nessuno vuole rimanere fuori da un mercato così ghiotto. Eppure, l’influencer marketing non è la panacea di tutti i mali, bensì uno strumento da maneggiare con cura. Ci spieghi questa affermazione e in che modo va ‘maneggiato’?

Troppo spesso chi si occupa di influencer marketing non ha una formazione specifica sull’argomento e vi si approccia in maniera approssimativa. I brand hanno costantemente bisogno di contenuti da inserire all’interno del piano editoriale per animare i canali proprietari dai quali comunicano con i propri utenti. Utilizzare un influencer come content creator ha senza dubbio il vantaggio di sfruttare, oltre alle sue competenze su uno specifico argomento la sua rete social e i suoi numeri. Ma basare la propria selezione soltanto su questi ultimi potrebbe rivelarsi un grave errore. L’influencer marketing parla di relazioni. Quelle che si sviluppano tra gli influencer, i brand, gli utenti e le agenzie che stanno nel mezzo, che hanno il delicato compito di costruire connessioni di valore costruite sulla moneta corrente, la fiducia.

Quando non è il caso di fare influencer marketing?

Una considerazione che potrà sembrare banale, ma che è invece di estrema importanza: sia che l’azienda/prodotto/servizio siano all’inizio del loro ciclo di vita, sia che si trovino in una fase più avanzata, dobbiamo sempre considerare che i progetti di influencer marketing avvengono per il 90% delle volte unicamente sui social media. Il primo suggerimento è quindi di attivare progetti di influencer marketing basati su piattaforme social solo quando anche l’azienda e il prodotto ne sono muniti con il sostegno di una strategia ad hoc per ogni canale.

Quali strumenti consigli per misurare le performance e l’efficacia degli influencer? Come non cadere nelle trappole dei fake?

Non è facile capire chi sta truffando - perché di questo si tratta -. E il problema dei like comprati, dell’utilizzo di bot, di fake follower e di gruppi di scambio commenti - che servono a fare salire l’engagement del profilo, ma non certo al brand che investe a vendere prodotti - è così ampio che Instagram ha deciso di cambiare le regole del gioco nascondendo i ‘mi piace’. In questi anni di lavoro ho visto di tutto: analytics photoshoppati, gruppi di sostegno su Telegram, like pakistani. Profili in cui l’80% dei follower erano finiti a lavorare e viaggiare con brand blasonati. Questo ha reso il web un posto un po’ meno bello. Il mio consiglio è puntare sulla qualità dei contenuti e sulla reputazione della persona. Ricordatevi che vi state legando a un ambassador che rappresenta i valori della vostra azienda. Analizzare la sua storia è un buon modo per capire con chi vogliamo rapportarci. Il web ha una memoria storica e se lo frequenti da un po’, ne conosci le dinamiche.

Come applichi le tue conoscenze alla tua figura personale nel mondo delle influencer?

Sono un’influencer anomala, sperimento moltissimo sul mio profilo e mi piace spingere la mia fanbase verso contenuti di valore. Da quasi un anno sto producendo video interviste su Igtv in cui racconto storie di donne e parlo di argomenti, soprattutto femminili: dalla chirurgia estetica al sexting, dal cyberbullsimo ai benefici dello yoga, dai viaggi al femminile in solitaria al Welfare per freelance. E sono in arrivo un bel po’ di novità.

Come gestisci il rapporto con le aziende?

Se parliamo di branded content la mia attitudine è quella di proporre dei format che si sposino con il mio profilo. Credo che un progetto custom made, tagliato sulla persona e sui suoi interessi, performi meglio dell’esecuzione di un brief.

Ultima domanda: come vedi il futuro di questo settore?

Difficile prevedere che cosa succederà. Tutto cambia a una velocità impressionante e l’unica certezza è che occorre essere flessibili e assecondare, se non anticipare, le tendenze. Per come la vedo io in questo momento siamo in una bolla e non penso possa durare ancora molto così com’è. Credo e spero che resteranno quei profili che hanno saputo trasformare una passione in una professione, dove le competenze esistono ed essere influencer è una conseguenza.