Inchieste
London calling
La stampa anglo-sassone ha scoperto la querelle e non vuole mollarla per nessun motivo, troppo ghiotta e tinta delle più diverse tonalità per lasciarsela scappare, dal giallo al rosa manca solo il 'noir'. Ogni giorno registra e riporta ogni batter d'ali anche a costo, a volte, di ripetersi. Quanto a noi, poveri italiani che viviamo nella provincia dell'impero, dobbiamo accontentarci di tradurre dall'inglese per sapere quello che sta accadendo nel nostro paese.
Torniamo al punto. In settimana i quotidiani di oltre Manica hanno posto Sir Martin Sorrell sotto i riflettori. A questo proposito segnaliamo l'interessante articolo apparso lunedì 13 febbraio sul Financial Times e intitolato "How a marketing mogul found himself in an imbroglio" (si potrebbe tradurre "Come un guru del marketing si è trovato in un imbroglio"), dove si alzano un tantino i toni del confronto e si affrontano in maniera seria alcuni temi importanti del sistema, dai diritti di negoziazione al ruolo delle grandi holding nel mercato; dall'esperimento italiano Wpp alle ripercussioni che la vicenda può avere sulla reputazione del gruppo inglese. Finalmente, Sir Martin Sorrell parla in prima persona o, come dicono gli inglesi, 'on the records'.
Mercoledì 15 l'ex country manager Wpp Italia, Marco Benatti, passa al contrattacco. Con una mossa a sorpresa vola a Londra, convoca a cena i giornalisti di tre testate, Financial Times, The Times e il Daily Telegraph, si dichiara disposto a rispondere a qualsiasi domanda e, aiutato da un interprete e a volte parlando in uno stentatissimo inglese, racconta il suo punto di vista sulla querelle con Wpp e Sorrell, iniziata in maniera eclatante il 9 gennaio, giorno del suo licenziamento in tronco, ma partita ben prima della fatidica data. Le tre testate, oggi (venerdì 17), ne danno un ampio resoconto. Dalla sintesi dei contenuti proposti dalle due testate si apprende che Benatti, nominato country manager nel 2002, respinge al mittente ogni accusa di frode, descrivendo le ipotesi di reato come spazzatura, criticando infine il modo con cui il ceo di Wpp, Martin Sorrell, conduce il Gruppo.
Fin qui niente di nuovo sotto
il sole. Benatti rincara la dose quando dichiara di sentirsi tradito da Sorrell,
le cui azioni hanno danneggiato la reputazione di Wpp e le relazioni con i
clienti della holding: "Molti clienti Wpp – è la dichiarazione riportata dal
Financial Times – sono scioccati da questa situazione. Esistono molti modi per
divorziare ma quello scelto da Martin Sorrell è il peggiore che un uomo di
comunicazione possa scegliere, perché non danneggia soltanto me ma anche Wpp.
Martin non ha il mio rispetto". Parole grosse, contenuti già noti, che si sono
tradotti, nei fatti, in un botta e risposta di reciproche accuse e denunce.
In realtà il motivo del licenziamento, secondo il 'Benatti pensiero' sarebbe
avvenuto perché il manager veronese reclamava per sé un maggiore coinvolgimento
nelle operazioni del Gruppo In Italia. In sostanza, l'esperimento italiano
consisteva nel proporre al mercato una Wpp non più intesa come 'holding company'
ma come vera e propria 'parent company', una casa madre che ponesse in stretta
connessione le diverse agenzie del Gruppo. Da qui, deduciamo noi, le operazioni
Wpp/Group M, l'accordo societario con Fiat Media
Center, ecc.. Di Fiat Media Center e del contratto
Telecom si è parlato all'ormai famosa cena. Sulla base di
alcune dichiarazioni da parte di un portavoce Wpp, secondo le quali Benatti
avrebbe tergiversato nella chiusura dei due accordi in questione in realtà per
portare il business nella sua nuova iniziativa imprenditoriale, il Times propone
la risposta del manager italiano: "non stavo dirottando clienti da Wpp a
FullSix". Allo stato attuale delle cose, da quello che risulta ad ADVexpress i
due accordi non sono ancora finalizzati.
Per Benatti Sorrell ha mancato di visione strategica e ha
perso una chance per realizzare il progetto. Sul fatto che poi questo tipo di
approccio si fosse attirato le antipatie dei mezzi, che abbia fatto storcere il
naso a qualche cliente e che abbia finito per creare un senso di ingombrante
presenza sul mercato è un tema che merita un approfondimento dedicato.
Per tornare alla cena con i giornalisi, Benatti ha affrontato anche il punto
più delicato, quello che secondo la versione di Sorrell avrebbe determinato la
drastica risoluzione del rapporto: il caso della proprietà di Media
Club, il cui controllo da parte di Benatti sarebbe avvenuto attraverso
un network di fondi offshore di cui, secondo Wpp, avrebbe dovuto dichiarare
l'esistenza. Benatti nega di essersi comportato in maniera illecita ribadendo
quanto già dichiarato il primo febbraio (vedi correlata 1/2/06), ossia che
l'unico legame che aveva con Media Club era attraverso un fondo di investimenti
da lui non controllato. Il Daily Telegraph tira in ballo
Callia, il fondo con sede a Madeira che controlla il 90% di
Media Club. L'esistenza del fondo venne annunciata per primo dal Sole24Ore del
venerdì 27 gennaio, mentre nell'articolo de L'Espresso del 16
febbraio, intitolato "Benatti sugli scogli", vengono descritti i diversi
passaggi di proprietà della stessa Callia, a sua volta partecipata da Sfera 1 e
da un'altra finanziaria panamense, la Kintale Finance. Callia è
poi passata di mano a un'altra società panamense e a un fondo con base in
Scozia, l'European Development Capital partnership, gestito
dalla banca svizzera Arner e dove Benatti compare tra gli
investitori. Nella banca lavora il fratello di Marco, Vittorio. Nella cena londinese Benatti
ribadisce, quindi, di avere avuto "soltanto un interesse indiretto nel centro
media" attraverso un fondo di cui, riporta il Times, non ricorda il nome ma che
partecipa nella stessa Callia. Dall'altro, ammette che suo fratello lo aveva
consigliato a investire nel fondo in questione: "Io sono un uomo d'affari, mio
fratello un banchiere – riporta ancora il Telegraph - . Alle volte seguo i suoi
consigli, ma l'ipotesi che noi due abbiamo un network di fondi offshore è
spazzatura". Ma il bello viene quando dice: "Media Club era davvero un buon
affare per Wpp – commenta Benatti – . Ho chiesto a Martin: anche se tu sapessi
che avevo un interesse in Media Club l'avresti comunque voluta? La sua risposta
è stata sì. Wpp condusse una approfondita due diligence su media Club".
Per
tirare le somme sul caso Media Club, inizialmente Benatti negava ogni
coinvolgimento. Alla fine (o siamo soltanto all'inizio?) ne ha ammesso uno, sia
pure indiretto attraverso un fondo che, secondo alcune fonti vicine
all'imprenditore riportate dalla stampa inglese lo scorso 12 febbraio, non
controllerebbe comunque più del 10% del centro media (anche se in ambienti
vicini a Wpp si parla di un controllo ben più cospicuo, se non addirittura di
una sostanziale maggioranza).
Altro aspetto affrontato nella conferenza stampa il ruolo del chief operating
officer di Wpp Italia, Daniela Weber. Benatti ha negato di
avere avuto una relazione con la manager (di Sorrell è stato riportato che
avesse un legame sentimentale con la stessa Weber anche se il numero uno di Wpp
dichiara che la storia si sia conclusa ed è comunque irrilevante nella
vicenda in corso).
Lo scontro con la manager ex sua assistente personale
sarebbe invece avvenuto per la già dichiarata divergenza di visione e di
strategia, con una Wpp concentrata più sulle acquisizioni che sul
consolidamento. Anche dalla Weber Benatti si sente tradito: "Ha una influenza
fortissima su Sorrell – riporta il Times -, è simile a Martin nello stile
manageriale. Mi sento tradito da Martin e da Daniela (con cui. È noto, ha
lavorato per quasi 20 anni, ndr)".
Nella vicenda salta ancora un altro aspetto che in Italia ha fatto molto discutere la primavera scorsa, il cambio della guardia in casa Ogilvy. Secondo il Financial Times, Marco Benatti avrebbe dichiarato di avere aiutato la holding a rimpiazzare 10 chief executive in altrettante società Wpp, ma di non avere avuto carta bianca sulla scelta del nuovo leader dell'agenzia italiana di Ogilvy. A questo proposito Benatti avrebbe mostrato una mail inviata a Sorrell in cui avrebbe paventato la possibilità, addirittura di andarsene. Come noto, al centro della questione c'era il non proprio esaltante rapporto tra il manager e l'allora presidente e ad di Ogilvy, Giorgio Brenna, al contrario molto considerato soprattutto nei piani alti di Ogilvy & Mather Worldwide, in modo particolare da Shelly Lazarus, attualmente Chairman e Ceo di Ogilvy & Mather Worldwide. Il braccio di ferro tra Benatti, Sorrell e la stessa Lazarus si concluse con il 'sacrificio' di Brenna e la scelta di Guerino Delfino, già amministratore delegato di Ogilvy One e Ogilvy Interactive, ma non uno dei 'Benatti boys'.
Fonti vicine a Wpp liquidano le dichiarazioni rilasciate alla cena di Londra come una cortina fumogena creata per distrarre l'attenzione dal vero punto della vicenda, ossia sulla modalità con cui Benatti ha condotto gli affari: "Non è una questione di filosofia manageriale. Si tratta di capire quello che è giusto e quello che è sbagliato". A favore di Sorrell scende in campo un suo fedele paladino Philip Lader, presidente di Wpp, che fa notare come Sorrell lo tenga costantemente aggiornato sulla evoluzione della vicenda, che l'indagine degli studi legali e dell'agenzia di investigazione Kroll sta andando avanti, e come sia del tutto normale che si parli della successione di Martin, ma che il ruolo di Sorrell come ceo non è minimamente messo in discussione dalle vicende italiane né dalla sua vita privata. "Il board di ogni azienda quotata – conclude Ladder – ha la responsabilità di rivedere annualmente la performance del ceo e deve prepararsi a una transizione qualora incidenti o le circostanze lo richiedano. Ma non è questo il caso grazie all'enorme successo, energia, visione strategica e al rispettoso comportamento manageriale dimostrato da Martin".
Come non citare, infine, un particolare decisamente umoristico della vicenda? Sempre a proposito del suo improvviso allontanamento Benatti ha fatto notare che non ha potuto neanche riprendersi i suoi effetti personali lasciati negli uffici di Via Carducci. Tra questi apparirebbero dipinti, sculture, e una moto Harley-Davidson del valore di 22 mila euro.
Concludiamo con una considerazione/provocazione. Benatti è volato a Londra, Sorrell concederà un incontro ai giornalisti italiani, magari qui a Milano?