Inchieste

Séguéla: 'Idee, scintille del dialogo con il consumatore'

Sensuale, disinibita, senza idee preconcette. Così è, secondo il pubblicitario francese, la pubblicità italiana, che lotta con successo contro la crisi economica, come dimostrano le vittorie al Festival di Cannes 2014 di progetti molto innovativi. Lo spot 'The Sculptor' di Euro Rscg del 2003, resta uno dei più efficaci e premiati nella storia della pubblicità. Pubblichiamo l'intervista tratta dall'inchiesta Creatività Italiana vs Creatività Internazionale disponibile sull'ultimo numero di NC - Nuova Comunicazione.
 
clicca per ingrandire
Un guru, un pezzo di storia della pubblicità, un grande creativo, nonché travolgente scrittore e comunicatore politico. Insomma, un ‘fils de pub’, come si definisce lui stesso con un elegante gioco di parole nel suo omonimo best seller del 1984. Ma potremmo continuare ancora molto: perché i modi di descrivere Jacques Séguéla sono davvero innumerevoli, così come i suoi successi nel mondo pubblicitario. Sul mercato da quasi sessant’anni, in cui è arrivato alla vice-presidenza del gruppo Havas, nonché presenza costante ai Festival di Cannes, non potevamo non interpellare proprio lui in questa inchiesta sulla creatività pubblicitaria italiana.

Nuovi mezzi, tecnologie digitali sempre più avanzate, campagne integrate, non più mono-media, e che rispondano alla richiesta di una visione strategica (e non piùsolo di una singola campagna). Alla luce di questa profonda evoluzione che senso ha parlare oggi di ‘creatività’?
Il mondo cambia. E la comunicazione sta conoscendo la sua più importante rivoluzione da quando è stata creata da Charles Havas, 180 anni fa. È il passaggio dalla dittatura della pubblicità senza diritto di replica del consumatore, durata due secoli, alla democrazia partecipativa che grazie alla Rete mette il consumatore al centro del gioco. L’Italia non si sottrae a questo profondo cambiamento, ne è anzi uno dei motori. Non è forse, infatti, il Paese che nella sua pubblicità da del ‘tu’ al suo consumatore, dimostrando così di avere capito già da tempo l’importanza di creare un rapporto umano, emotivo e interattivo fra le marche e il consumatore? Per quanto riguarda la creatività, mentre nel passato questa parola si riferiva all’abilità del brand di raccontare se stesso al target, oggi essa si lega alla capacità di coinvolgerlo in una conversazione: un cambiamento, questo, nell’interazione con gli utenti, che è strettamente legato all’evoluzione dei media. Sempre di più si hanno campagne che iniziano dal racconto di una storia, ma che poi evolvono in share, like e commenti degli utenti. E non è tutto. Il confine fra advertising e news diventa sempre più sottile: molti sono i brand che scelgono di ingaggiare il proprio pubblico crendo contenuti specifici, eventi che diventano notizie da condividere e commentare e che si alimentano grazie all’interazione dei fan. In poche parole, penso che la creatività più efficace oggi sia la scintilla che accende un dialogo con gli utenti, che si autoalimenta e che è capace di procurarsi spazio sia sui mezzi online sia su quelli più tradizionali.

Nella sua lunga carriera di pubblicitario, che idea si è fatto della creatività italiana in comunicazione? Quali sono a suo avviso le sue principali qualità e mancanze?
La crisi europea non ha risparmiato l’Italia. Nella sua brutalità e impatto sugli stili di vita, essa ne accelera la mutazione. Ma l’advertising è sempre stato e sempre sarà l’idea: i soldi non hanno idea, mentre solo le idee permettono di guadagnare soldi. La creatività italiana ha, con successo, lottato contro il collasso dell’economia, creando un valore creativo, che è il migliore antidoto alla caduta delle vendite. Negli anni recenti, il mercato italiano dell’advertising è stato pesantemente colpito dalla crisi finanziaria, che ha causato un ritardo nel passaggio dalla comunicazione tradizionale a quella digitale. Si è creato così un gap con altri paesi europei, che si sta però rapidamente colmando grazie a due aspetti: da un lato, i bisogni dei clienti, che chiedono ormai una comunicazione sempre più interattiva e integrata a ogni livello, e, dall’altro, la capacità delle agenzie italiane di adattarsi ai modelli internazionali. Segnali tangibili di que sta evoluzione sono l’aumento delle categorie nei vostri premi, allineati con i festival internazionali, e la presenza di molti leoni italiani nelle categorie più innovative delle ultime edizioni del Festival di Cannes come, ad esempio, le campagne Heineken, Durex, Coordown-Dear Future Mom, Samsung e Dacia. Le agenzie italiane, in questa logica di evoluzione della comunicazione, possono contare su un grande vantaggio: gli italiani amano comunicare e sono fra i più grandi utilizzatori di smartphone (1,5 pro capite, ndr) e tablet nel mondo. Per questa ragione, sono un target particolarmente predisposto a essere coinvolto nei meccanismi di conversazione con i brand. Allo stesso tempo, però, proprio per il ritardo nel processo digitale che menzionavo prima, ci sono ancora margini di miglioramento su questo fronte.

Qual è a suo avviso la migliore pubblicità italiana mai realizzata?
Nonostante abbiamo parlato lungamente di digitale, interazione e comunicazione integrata, penso che la pubblicità italiana migliore sia uno spot di più di dieci anni fa:’The sculptor’, realizzato nel 2003 da Euro Rscg (oggi Havas WW Milan) per Peugeot 206. Si tratta di un commercial con un altissimo livello di esecuzione, che ha raccontato un brand e un prodotto attraverso una storia creativa, semplice e universale: caratteristiche, queste, che l’hanno reso uno degli spot più premiati nella storia con ori e GrandPrix nei vari festival internazionali della pubblicità. È per l’eredità del talento di Michelangelo e di molti altri artisti italiani che io amo molto il vostro Paese e la sua pubblicità, che è sensuale, disinibita, senza idee preconcette. Anche perché non si può essere i discendenti dell’artista della ‘Creazione di Adamo’ senza essere creatori appassionati di comunicazione pubblicitaria… 


Ilaria Myr